Foto The Preiser Project via Flickr

Lo scontro Usa-Russia sulle elezioni, nuovi venti di Guerra Fredda che soffiano online

Enrico Cicchetti

Tre funzionari americani hanno dichiarato che l’intelligence russa avrebbe hackerato sia i server del partito democratico che quelli dei repubblicani. Coalizione bipartisan al Senato per promuovere un'inchiesta

Prima di lasciare la Casa Bianca, Barack Obama si è detto deciso a occuparsi delle presunte interferenze degli hacker russi sulle elezioni presidenziali statunitensi. “È chiaro che se un governo straniero, qualunque esso sia, cerca di intaccare l'integrità delle nostre elezioni, allora noi dobbiamo agire", ha dichiarato il presidente uscente alla radio nazionale Npr. Ma se la settimana scorsa il Washington Post scriveva, citando fonti informate sulla vicenda, che la Cia aveva concluso una valutazione segreta secondo la quale Mosca sarebbe intervenuta in favore di Donald Trump, oggi tre funzionari americani hanno dichiarato che l’intelligence russa avrebbe hackerato sia i server del partito democratico che quelli dei repubblicani.

 

Gli 007 statunitensi sostengono di aver individuato attori legati al governo russo che avrebbero fornito a Wikileaks migliaia di email sottratte al partito democratico, compreso il presidente della campagna di Clinton, John Podesta. Secondo i funzionari americani, le agenzie di intelligence del presidente russo Vladimir Putin avrebbero trasformato il tentativo generico di screditare la democrazia americana in un appoggio concreto a Donald Trump, che "Putin riteneva – sostiene uno dei funzionari Usa – essere più amichevole verso la Russia, soprattutto in materia di sanzioni economiche" rispetto alla rivale democratica. Conclusioni che Mosca respinge e alle quali il presidente eletto Trump "non crede". "Penso che sia ridicolo", ha dichiarato nel corso di un'intervista a Fox. “Non sanno se sia stata la Russia o la Cina o qualcun altro. Potrebbe essere stato qualcuno da qualche parte nel suo letto. Non ne hanno idea".

  

Intanto al Senato prende corpo una coalizione bipartisan per promuovere un'inchiesta autonoma sul caso. Giovedì Dianne Feinstein, rappresentante della California e membro della commissione d’intelligence del Senato, ha affermato che esisterebbero anche le prove del fatto che il presidente Putin non solo fosse stato informato, ma che avrebbe anche approvato di persona l'intera operazione. Ben Rhodes, vice consigliere per la sicurezza nazionale della Casa Bianca, ha dichiarato all’emittente televisiva Msnbc che “quando si parla di una significativo intrusione informatica come questa, sono coinvolti i più alti livelli di governo". E il New York Times rincara: prima del 20 gennaio prossimo, la data dell'insediamento di Trump, la Casa Bianca potrebbe pubblicare rivelazioni imbarazzanti su Mosca e sui rapporti del suo presidente con gli oligarchi russi.

  

 

La spy story si evolve nei giorni in cui Yahoo! ammette il furto di informazioni da oltre 1 miliardo di suoi account nel 2013. Secondo quanto rivelato da Bloomberg, sarebbero circa 150 mila i profili hackerati che appartenevano a dipendenti ed ex dipendenti dell'amministrazione americana. Se le ipotesi fossero confermate significherebbe che gli hacker non avrebbero solo fatto breccia nella sicurezza informatica statunitense, ma anche che avrebbero sfruttato Wikileaks e il sistema di informazione americano per far filtrare solo i messaggi utili alla propria causa. "Siamo stati usati", ammette il Nyt. E dopo gli Stati uniti, il nuovo obiettivo delle cyberspie potrebbe essere la Germania, in procinto di andare a elezioni nel 2017. A sostenerlo è l’intelligence tedesca che ha diffuso una settimana fa un comunicato stampa al riguardo.