Tutti i partiti anti immigrazione d'Europa uniti contro Merkel. Anche i suoi dicono: stato di guerra
La cancelliera difende i valori liberali, ma è sotto accusa dai membri dell'Unione europea per la sua politica sui rifugiati
Milano. La prima a mostrarsi in pubblico, ieri mattina, è stata Angela Merkel, tesa, stringata, scioccata, tristissima, “è un giorno molto difficile”, ha detto, perché dodici persone che erano con noi fino a poche ore fa, che compravano regali di Natale e pianificavano le feste, non ci sono più, sono state travolte, uccise, schiacciate da un camion piombato sul mercatino natalizio più luminoso di Berlino. La cancelliera tedesca ha ribadito quel che ha detto sempre, durante gli attacchi che hanno colpito la Germania e durante quelli che hanno scosso gli altri paesi europei: non rinunceremo a noi, ai nostri mercatini, “troveremo la forza di vivere nel modo in cui si vive qui in Germania: in un modo libero, unito, aperto”. Merkel è rimasta quasi l’unica, in occidente, a difendere in modo esplicito e senza distinzioni questo approccio liberale, che pure non le è né le sarà perdonato. Perché “è davvero difficile sopportare il fatto che a commettere questo, che trattiamo come un attentato, possa essere stato un richiedente asilo”, ha detto Merkel, riconoscendo che la sua politica di accoglienza, scandita nel settembre di un anno fa da un potentissimo “ce la faremo” e da una convinta volontà di integrazione, è al centro della sua eredità politica e fisserà il prezzo della sua campagna elettorale per il voto dell’autunno del prossimo anno, in cui la Merkel si candida per il quarto mandato. Mentre la cancelliera parlava, si stavano diffondendo le informazioni sul presunto attentatore, un pachistano entrato in Germania come richiedente asilo nel dicembre del 2015, ma di lì a poco la polizia avrebbe ammesso i propri dubbi.
Arrestato, il giovane ha negato tutto, e in serata è stato rilasciato, il che significa che il presunto attentatore è ancora in libertà. Il pasticcio non aiuterà Merkel, ma già prima che iniziassero i commenti ironici e nerissimi sull’errore delle autorità tedesche, la cancelliera era sotto accusa. Si sa che di questi tempi i toni non sono mai compassionevoli, e infatti la rete è stata inondata di immagini di Merkel con le mani insanguinate, sei tu la responsabile di questa strage, tu che hai voluto aprire inopinatamente la porta a gente che ci butta in casa povertà e terrorismo.
Marcus Pretzell, membro dell’Afd, il partito anti immigrazione che guadagna consensi proprio per quello che è considerato l’eccessivo aperturismo sull’immigrazione di Merkel, ha tuittato: “Quando lo stato di diritto tedesco si ribellerà? Quando questa maledetta ipocrisia finirà? Questi sono morti della Merkel”. Poco dopo la leader dell’Adf, Frauke Petry, ha rilasciato un comunicato in cui diceva che la Germania “non è più un posto sicuro: la cancelliera avrebbe la responsabilità di dirlo, ma siccome non lo fa, lo farò io”. Gli altri partiti anti immigrazione d’Europa hanno ribadito il concetto, Marine Le Pen in Francia – quanti massacri saranno necessari prima che i nostri governi la smettano di fare entrare tanti immigrati nelle nostre comunità senza frontiere, quando sappiamo che i terroristi islamisti sono tra loro? – seguita dalla nipotina Marion – Merkel è responsabile – mentre dall’altra parte della Manica l’ex leader dell’Ukip Nigel Farage accusava a sua volta la cancelliera: la strage di Berlino è la sua eredità politica. In Italia, il leader della Lega Matteo Salvini ha detto che “le preghiere non bastano più, occorre reagire con la forza”, e mentre sulla rete si alzava il coro “Merkel dimettiti, hai tradito il tuo paese e l’Europa”, anche all’interno del partito della cancelliera, la Cdu, e della Csu, che forma un’unione politica con i cristiano-democratici, prendevano forma le richieste di una revisione della politica di accoglienza voluta – “imposta”, dicono i detrattori – dalla Merkel, mentre alcuni dicevano: “Dobbiamo ammettere che siamo in stato di guerra”.
Dal 2015 a oggi, la Germania ha assistito a continui record di arrivi dei migranti e dei rifugiati, quasi due milioni di persone accolte, l’80 per cento delle pratiche di richiesta d’asilo gestite dalle autorità tedesche, più di un milione di persone da integrare. All’ultimo congresso di partito, che ha confermato la leadership della Merkel, la cancelliera ha rivisto in parte la sua politica di accoglienza, aprendo – sotto pressione della Cdu stessa – a un divieto parziale del burqa. Merkel è anche la regista dell’accordo sull’immigrazione con la Turchia, che ha rallentato il flusso migratorio ma che ha costretto l’Europa intera a una serie di compromessi ambigui e pericolosi con il regime di Ankara. Pur rimanendo custode quasi solitaria dei valori liberali del continente, Merkel pagherà un prezzo politico alto per questo attentato: l’insicurezza, economica e sociale, è il male più difficile da guarire.