Tra prevenzione e “passaggi”, il ruolo pericoloso dell'Italia
Nessuno si è ancora chiesto come mai per alcuni mesi nel nostro paese non sia successo (ancora) niente. Un’ipotesi fondata riguarda il ritorno in Europa dei foreign fighters
Milano. Ora che, dopo una breve tregua durata pochi mesi, è tornato l’allarme terrorismo in tutta Europa, bisogna chiedersi cosa sia successo, nel nostro paese, nell’intervallo di tempo in cui ci eravamo illusi di poter vivere senza l’incubo della guerra islamista. Ieri in Italia il Viminale ha diramato una circolare ai prefetti, i quali potranno vietare concerti, mercatini e manifestazioni se non ci saranno condizioni necessarie per la sicurezza. E cioè la possibilità di controllare gli ingressi. A Milano il prefetto Alessandro Marangoni ha annunciato un sistema di protezioni passive con barriere mobili contro l’uso di camion lanciati sulla folla nei luogh, dove si concentrano maggiormente cittadini e turisti. Nessuno però si è ancora chiesto come mai per alcuni mesi, sebbene dallo stato islamico continuassero ad arrivare esortazioni con istruzioni specifiche per fare attentati in Europa – persino con un video e sottotitoli in italiano – in Italia non sia successo (ancora )niente. Un’ipotesi fondata, per chi non ha mai smesso di monitorare la galassia islamista, riguarda il ritorno in Europa dei foreign fighters.
Secondo le intelligence europee la cifra dei combattenti stranieri che sono rientrati è rilevante: 1.750. Come il Foglio ha dimostrato in inchieste nei mesi scorsi, molti di loro hanno usato come terra di transito il nostro paese. Quindi pare non solo possibile, ma anche probabile, che il silenzio temporaneo dei lupi solitari o di cellule guidate dal Califfato fosse dovuto alla decisione di tenere un basso profilo e non creare allarme, per permettere ai returnees di rientrare in altri paesi d’Europa. E siccome l’Italia – paese a rischio ma mai colpito anche per una costante opera di contrasto e prevenzione nei confronti degli islamisti residenti – continua a essere terra di passaggio, non si può escludere che la tregua fosse dovuta al rientro dei combattenti stranieri per rilanciare poi un’offensiva nelle capitali europee. Infatti, secondo le nostre fonti, in Lombardia sono passati diversi foreign fighters che non potevano essere arrestati perché non c’erano ordinanze di custodia cautelare nei loro confronti, ma sono stati espulsi verso i loro paesi d’origine in Europa. Ora nessuno si chiede come mai dopo ripetuti attacchi in Francia, in Svizzera, in Germania, fosse calato il silenzio. E invece, secondo la nostra ricostruzione, in Italia sono presenti solo 6 combattenti stranieri rientrati, mentre molti altri, non è noto il numero preciso, hanno attraversato il Mediterraneo. Oppure hanno seguito, quando e dove è stato possibile, la rotta balcanica. E’ sicuro però un dato: 1.750 sono tornati in Europa.
In attesa di chiarire cosa sia successo a Berlino, in Italia sono continuate le espulsioni e gli arresti degli integralisti. Il lavoro di contrasto e di prevenzione del terrorismo continua a essere efficace per tutelare il nostro paese, che pure è un target, a giudicare dalla propaganda islamista, ma non è sufficiente a spiegare la tregua che abbiamo avuto in Europa. Si aspettavano le feste natalizie per colpire e intimidire gli infedeli-crociati che da mesi bombardano le roccaforti dello stato islamico? Oppure la risposta è più articolata e drammatica? Dalla formazione della “terra promessa” per chi smaniava per fare la guerra santa, dall’Europa sono partiti circa 5.000 volontari. Il 12 ottobre scorso Marco Minniti, allora sottosegretario alla presidenza del Consiglio con delega all’intelligence, aveva dichiarato durante un’audizione davanti alla commissione Affari costituzionali della Camera dei deputati: “Sono più di un migliaio i foreign fighters tornati in Europa, e identificati dai vari governi, alcuni con le famiglie”. Il fenomeno dei “returnees” pone adesso il problema di come conciliare i controlli di sicurezza, che restano la nostra priorità, con la possibilità che chi è entrato in un processo di radicalizzazione ne esca”. Due mesi e mezzo dopo, sono quasi raddoppiati. Quindi non basta discutere su come regolare e vigilare l’accoglienza degli immigrati. Bisogna essere consapevoli che la guerra all’Europa può tornare anche dal fronte dei combattenti europei.