Cosa succede adesso tra Russia e Turchia. Parlano gli esperti
Dopo l'omicidio dell'ambasciatore Karlov da parte di un integralista islamico, Mosca torna a guardare con maggiore sospetto ad Ankara. Senza però un indebolimento formale delle relazioni
Secondo la stampa russa l'uccisione di Andrej Karlov, ambasciatore russo in Turchia, assassinato lunedì sera ad Ankara dal giovane poliziotto Mevlüt Mert Altintas, suggerisce un movente politico inequivocabile, confermato dal proclama in vendetta dell’intervento russo ad Aleppo urlato da Altintas subito dopo l’esecuzione. Il ministro degli Esteri turco Mevlut Cavusoglu era in viaggio verso Mosca, dove insieme ai colleghi iraniano e russo doveva lavorare ad una forma di accordo sul dossier siriano. E la tesi al momento prevalente è quella d’un tentativo di minare la “normalizzazione dei rapporti fra Russia e Turchia” e destabilizzare la mediazione diplomatica sulla crisi in Siria.
Tuttavia da parte russa si fanno sentire i malumori verso Ankara. Aleksander Koz, corrispondente militare per la “Komsomolskaya Pravda”, ha rilasciato dichiarazioni critiche verso le mancanze del sistema di sicurezza turco, con accuse neanche tanto velate di connivenza. Dopo aver ucciso l’Ambasciatore Karlov con otto colpi sparati da una semiautomatica Sarsilmaz CM9, per 53 secondi Altintas ha potuto urlare davanti alle telecamere senza l’intervento di alcun operatore della sicurezza. Ciò indica, secondo l’esperto, non solo una falla nella catena di controlli per aver consentito l’ingresso all’attentatore, ma anche che al momento in cui ha aperto il fuoco la sala stessa non fosse presidiata: una mancanza che sembrerebbe forse intenzionale per consentirgli almeno di esplicitare a voce le ragioni del gesto omicida. D’altronde, nel motivare il suo gesto subito dopo l’omicidio, l’attentatore ha di fatto espresso la medesima posizione che Erdogan ha sostenuto fino al golpe dell’estate scorsa. Fino a quel momento, infatti, la Turchia lavorava contro la Russia per scalzare Assad e chiedeva costantemente che Al-Nusra fosse riconosciuta come un legittimo gruppo della resistenza al regime. Soltanto dopo il fallito golpe, complice la crisi con l’occidente, il Sultano si è riavvicinato a Putin, trovandosi stretto fra i suoi sostenitori islamisti che vorrebbero proseguire la linea dura contro Damasco e Mosca.
Secondo Nikolay Kozhanov, affiliato al Programma Russia-Eurasia di Chatham House, le ipotesi d’una pista “gulenista” da parte di Erdogan sono un tentativo maldestro di rovesciare sempre su Gulen o sui curdi le contraddizioni del fronte islamista interno. Interpellato dal Foglio, Kozhanov si dice d’accordo con la tesi che l’obiettivo politico dell’attentato è indebolire la ripresa dei rapporti Mosca-Ankara, ma che questa non risulterà formalmente indebolita. "Il Cremlino cercherà di mostrare che non esiste una opposizione islamista 'moderata' in Siria, e di sfruttare al massimo la condanna internazionale dell’omicidio per avere carta bianca in Siria, nonché per trovare una lingua comune con l’Europa contro il terrorismo", sostiene Kozhanov. Con la Turchia, i rapporti dovrebbero non conoscere un peggioramento formale, ma nutrirsi sotterraneamente di un accresciuto grado di diffidenza da parte di Mosca.
Ciò sembra asseverato da un altro dettaglio importante: come osserva Andrei Areshev della Fondazione di Cultura Strategica di Mosca, l’omicidio è stato “preparato” da un clima di tensione che mostra quanto l’ostilità anti-russa sia radicata in Turchia proprio in quelle frange che hanno costituito lo zoccolo duro del consenso a Erdogan. Meno di una settimana prima dell’assassinio di Karlov, il 13 dicembre, i Consolati Generali di Russia e Iran a Istanbul e la stessa Ambasciata russa di Ankara sono stati quasi presi d’assalto da folle di manifestanti che issavano le bandiere dell’Esercito Libero Siriano e intonavano slogan contro Putin e Assad. Il fatto che in tale clima non si sia provveduto a un rafforzamento delle misure di sicurezza in occasione dell’uscita pubblica dell’Ambasciatore russo è eloquente della fragilità del sistema turco e della scarsa fiducia che Mosca gli riserverà. Andrei Volodin, docente presso l’Accademia Diplomatica della Federazione Russa dove Karlov si è diplomato, spiega al Foglio: "Nessun impatto diretto sulle relazioni russo-turche, anche perché attualmente non si può escludere neppure che si sia trattato del gesto isolato di un fanatico. Ma è indubbio che diminuiranno i turisti russi in Turchia e che la Russia aumenterà le misure di sicurezza del proprio personale, per una situazione di cui è Erdogan è indubbiamente responsabile".
*Dario Citati è Direttore del Programma di ricerca “Eurasia” presso l’Istituto di Alti Studi in Geopolitica e Scienze Ausiliarie (IsAG) di Roma.
L'editoriale del direttore