Lo staff di Putin voleva vendetta, lui sceglie di ignorare Obama
Elegante e sprezzante, il presidente russo non fa rappresaglie, dismette i toni bellicosi e sorride a Trump
Milano. La nota regola che si vince rompendo i modelli di comportamento abituali ha ricevuto una brillante dimostrazione dal presidente russo, Vladimir Putin, che è andato contro gli stereotipi del suo personaggio politico. La suspense per l’attesa della terribile vendetta di Mosca per l’espulsione di 35 suoi diplomatici sotto copertura si è risolta nella maniera più sorprendente: Vladimir Putin è apparso in formato Babbo Natale, annunciando che non ci sarebbe stata alcuna rappresaglia, e che tutti i figli dei diplomatici americani accreditati a Mosca venivano invitati alla festa per bambini di fine anno al Cremlino. Poi ha mandato a prendere gli espulsi – che, a quanto pare, faticavano a trovare i biglietti aerei per adempiere all’ordine del governo di Washington di lasciare l’America in 72 ore – con un aereo della presidenza russa. Un gesto elegante e sprezzante, che nella Guerra fredda 2.0 fa vincere a Putin un match d’immagine importante.
Nessuna giustificazione per le accuse di hackeraggio, “ci riserviamo il diritto di replicare, ma non ci abbasseremo all’irresponsabilità di una diplomazia da cucina”, ha promesso il capo del Cremlino, tranquillizzando Washington: “Non creeremo problemi ai diplomatici americani. Non espelleremo nessuno. Non proibiremo alle loro famiglie e ai loro bambini di passare le vacanze nei luoghi cui sono abituati”. Un tono da chi perdona invece di chiedere scusa, e Putin si rammarica che “l’Amministrazione Obama abbia deciso di concludere il suo lavoro in questa maniera, ma nonostante questo faccio al presidente e alla sua famiglia gli auguri per il nuovo anno, come li faccio al presidente eletto Donald Trump e a tutto il popolo americano”.
Quella che la Casa Bianca aveva preparato come la cannonata finale contro il Cremlino viene liquidata come un incidente spiacevole, tanto “i prossimi passi per ricostruire le relazioni verranno intrapresi in base alla politica del presidente Trump”. In altre parole, Putin “perdona” Obama e di fatto lo liquida venti giorni prima della sua uscita di scena. Chi si aspettava la solita escalation asimmetrica, come da tradizione russa, è rimasto spiazzato. Poche ore prima il portavoce del Cremlino, Dmitry Peskov, aveva parlato di una soluzione “senza alternative”, prevista da tutti i protocolli della Guerra fredda, con l’inevitabile espulsione dello stesso numero di diplomatici americani, e nel fortino dell’ambasciata americana si attendeva di sapere chi avrebbe dovuto fare le valigie. La Cnn aveva annunciato l’imminente chiusura della scuola americana e della residenza di campagna dei diplomatici a Mosca, e il ministro degli Esteri Sergei Lavrov aveva già preparato una lista di 35 funzionari americani che dovevano festeggiare il Capodanno in patria: “La reciprocità è una legge della diplomazia”, ha commentato.
Invece la Russia ha deciso di mostrarsi buona, e soprattutto più forte dell’avversario. Al quale comunque a livello verbale non è stato risparmiato nulla. Il premier Dmitri Medvedev ha fatto un tweet in cui ha parlato di “agonia antirussa dell’Amministrazione Obama”, aggiungendo un lapidario “Rip”. La portavoce del ministero degli Esteri ha definito la Casa Bianca “un gruppo di falliti della politica, incattiviti e poco lungimiranti”, salvando soltanto John Kerry, “un professionista che ha cercato di impedire il collasso internazionale del suo paese”. Esponenti della Duma hanno accusato gli americani di paranoia, il politologo vicino al Cremlino Sergei Markov ha definito Obama “stupido e fallito” e un deputato del comune di Mosca ha proposto di dare il nome del presidente americano alle toilette pubbliche della capitale. Queste dichiarazioni vanno ben oltre il contegno diplomatico, e l’ambasciata russa a Londra ha diffuso un tweet con un anatroccolo (zoppo) e il commento “tutti, popolo americano incluso, sono felici della fine di questa sciagurata Amministrazione”. Ma dopo lo sfogo, Putin ha regalato all’opinione pubblica russa un senso di superiorità. E ha aperto una linea di credito politica a Trump, mentre diversi giornali europei parlano di una mediazione che il vecchio Henry Kissinger sta cercando per il presidente eletto, e che dovrebbe includere il riconoscimento dell’annessione della Crimea e l’abolizione delle sanzioni.