Il terrorismo in Turchia e i problemi del post golpe
Isis ha rivendicato il massacro dell’altro ieri a Istanbul. Cinque mesi dopo quello che non è ancora riuscito a Erdogan è il controllo del territorio e delle fazioni terroristiche
La strage di Istanbul e Erdogan. Isis ha rivendicato il massacro dell’altro ieri a Istanbul. La Turchia brucia. Dopo il golpe fallito di luglio, Erdogan e il suo clan hanno fatto scattare un contro golpe che da allora non si è fermato e ha condotto a un cambio totale della linea di politica estera di Ankara.
Tutto ha origine la notte del 15 luglio: “Stretto tra l’islamismo imperante, le divisioni crescenti dell’Esercito e la difficile convivenza della sua politica bizantina con la Nato e la collaborazione con l’Unione europea, Erdogan ha finito per essere vittima di se stesso. Mentre scriviamo, non sappiamo quali saranno gli esiti del colpo di Stato in corso in Turchia, ma una cosa è certa: Erdogan è un leader che ha fallito. E’ una terribile lezione per gli Stati Uniti e l’Unione europea quella che arriva in queste ore. Washington ha avuto con la Turchia un atteggiamento bifronte, mai chiaro fino in fondo. Ha concesso a Erdogan lo spazio per tiranneggiare con i curdi e fare il gioco dello Stato Islamico, lo ha usato contro la Russia di Putin, ma alla fine della fiera Obama si ritrova con un membro della Nato sotto colpo di Stato. Un capolavoro”.
Il ritardo con cui gli Stati Uniti condannarono il golpe, per Erdogan vale come un’impronta digitale sull’argenteria. La storia a quel punto rotola a valle e consegna a Putin un alleato che serve per vincere in Siria e ridisegnare la mappa del Medio Oriente. Sventato il golpe, Erdogan fa partire il suo contro golpe, due giorni dopo (19 luglio) il quadro è chiarissimo: “L’Europa impegnata a sanzionare Putin, scrivere a Varsavia le irrealistiche regole di una nuova Guerra Fredda, si ritrova un partner della Nato che minaccia, chiude lo spazio aereo di una base alleata, Incirlik, accusa gli Stati Uniti di aver ordito il golpe, chiede l’estradizione dalla Pennsylvania dell’uomo che considera il burattinaio politico del colpo di stato fallito, Fethullah Gulen, arresta i soldati in massa, licenzia i funzionari pubblici, blocca i loro passaporti, ammanetta e allontana i giudici. Il golpe è fallito, il contro-golpe è riuscito”.
Cinque mesi dopo, nonostante la grande purga, quello che non è ancora riuscito a Erdogan è il controllo del territorio e delle fazioni terroristiche. Foreign Affairs alla fine del 2015 fece notare come il problema della Turchia è (anche) l’inaffidabilità della sua struttura di Intelligence. La situazione si è aggravata con il giro di vite del regime e gli arresti di massa dei suoi funzionari migliori. A Erdogan serve la fedeltà assoluta, non la sicurezza del paese. Non si fida degli Stati Uniti, non crede nell’Europa, Putin gli garantisce (per ora) il potere e il controllo dei confini. Resta un paese che fa parte della Nato e qui Trump potrebbe giocare a biliardo con la Russia per favorire un nuovo clima di distensione. E’ il triplo gioco Ottomano.
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