L'intelligence americana presenta un rapporto su come la Russia ha manipolato le elezioni
Fake news, disinformazione e hacker in tandem con Wikileaks. I servizi segreti americani venerdì spiegano a Trump come funzionano le operazioni russe per condizionare voto e opinioni
Roma. Venerdì il presidente eletto Donald Trump riceve i capi delle agenzie di intelligence americane alla Trump Tower di New York per farsi spiegare perché sono così sicuri che ci sono i russi dietro i casi di hacking che hanno condizionato la campagna elettorale. Se sperava che l’argomento svanisse dalla conversazione pubblica, ora deve invece rassegnarsi al rischio che la vicenda si trasformi in un peccato originale che lo accompagnerà per tutto il mandato. Giovedì Reuters ha intervistato tre funzionari anonimi dei servizi “a conoscenza dei fatti” che sostengono che dopo le elezioni le agenzie d’intelligence americane hanno ottenuto la certezza definitiva che è stata la Russia a passare a Wikileaks – attraverso un intermediario – le informazioni rubate al Partito democratico americano (prima delle elezioni, a ottobre, sapevano che la Russia aveva orchestrato l’operazione, ma non sapevano come aveva passato ad Assange le informazioni che hanno danneggiato Hillary Clinton).
Sempre giovedì le intelligence hanno consegnato al presidente Barack Obama il rapporto con le prove che hanno raccolto – e lunedì distribuiranno una versione pubblica dello stesso rapporto però tagliata delle parti che non possono rivelare (“declassified”, quindi adattata in modo che tutti possano leggere). E di nuovo giovedì c’è stata una audizione davanti al Senato per ascoltare James Clapper, direttore dell’intelligence nazionale – “ancora soltanto per quindici giorni”, ha detto con sollievo – e l’ammiraglio Mike Rogers, direttore della Nsa, l’agenzia americana che si occupa delle intercettazioni. Il rapporto riguardante le minacce straniere presentato dai due ai senatori contiene alcuni passaggi importanti che sono capi d’accusa contro la Russia, definita “una minaccia importante”, e non potranno essere trascurati – o se lo saranno, ci sarà un prezzo politico da pagare. Eccoli: “Abbiamo stabilito che soltanto gli ufficiali russi più alti in grado possono avere autorizzato i recenti furti d’informazioni e le rivelazioni che riguardavano le elezioni… la Russia ha anche usato tecniche e tattiche informatiche per cercare di condizionare l’opinione pubblica in Europa ed Eurasia… in futuro le operazioni russe prenderanno probabilmente di mira gli Stati Uniti per condurre operazioni d’influenza per appoggiare le decisioni russe e gli obiettivi politici e militari russi”.
Alcuni senatori repubblicani hanno preso posizioni dure contro lo scetticismo di Trump. “Pensa che dovremmo concedere qualche credibilità a Julian Assange?” (il fondatore di Wikileaks, che sostiene di non avere ricevuto le informazioni dai russi), ha chiesto il senatore John McCain ai direttori dei servizi. “No”, hanno risposto entrambi. Il senatore democratico Jack Reed ha chiesto se la disseminazione di fake news faceva parte dello sforzo russo per condizionare l’esito delle elezioni. Clapper ha risposto di sì, lo era, si è trattato di un attacco che è arrivato in forme diverse: “L’hacking era soltanto una parte della campagna, che comprendeva anche propaganda classica, disinformazione, fake news”. Continua ancora oggi? “Sì”. C’è insoddisfazione per la rappresaglia diplomatica ordinata da Obama: “Abbiamo tirato un ciottolo, dovevamo tirare una roccia”, ha detto il senatore repubblicano Lindsey Graham.