Che cosa s'aspetta Parigi dalla conferenza che preoccupa Israele
“Il 3 gennaio 2016 la Francia ha riunito 28 stati per affermare che la comunità internazionale non aveva dimenticato la soluzione dei due stati, e la conferenza del 15 gennaio si iscriverà sulla stessa scia"
Parigi. Mancano quattro giorni alla Conferenza internazionale sulla questione israelo-palestinese promossa dal governo francese. Una conferenza che Parigi spera di trasformare in una svolta diplomatica per il rilancio dei negoziati di pace tra israeliani e palestinesi, ma che inquieta Gerusalemme e in particolare il primo ministro di Israele, Benjamin Netanyahu, che ha deciso di non partecipare, il prossimo 15 gennaio, al nuovo “processo Dreyfus” – così lo ha definito il suo ministro della Difesa, Avigdor Lieberman. “La conferenza di Parigi è futile, ma ci sono segnali che lasciano pensare che le decisioni prese saranno trasformate in un’altra risoluzione del Consiglio di sicurezza dell’Onu”, ha detto la scorsa settimana Netanyahu, che teme un secondo capitolo della risoluzione onusiana 2334, che a dicembre ha condannato la politica degli insediamenti di Israele – con l’astensione americana. “Per questo – ha aggiunto Netanyahu – il primo sforzo che dobbiamo compiere ora è di impedire nuove risoluzioni al Consiglio di sicurezza e anche impedire risoluzioni del Quartetto (America, Ue, Russia e Onu, ndr). Nelle prossime due settimane saremo molto occupati”.
Ieri il quotidiano israeliano Haaretz ha pubblicato in esclusiva una bozza dei temi della conferenza di domenica, dalla quale emerge che i paesi partecipanti potrebbero sollecitare il premier israeliano e il presidente dell’Autorità nazionale palestinese (Anp) Abu Mazen a rinnovare pubblicamente il loro impegno per una soluzione a due stati. Nella bozza si legge che i delegati dei 70 paesi coinvolti nell’organizzazione della conferenza non riconosceranno nessun cambiamento successivo ai confini stabiliti il 4 giugno 1967, incluso lo status di Gerusalemme, esorteranno israeliani e palestinesi a dimostrare pubblicamente un reale impegno per la creazione dei due stati, con azioni e scelte politiche concrete, ricusando l’attuazione di misure unilaterali che pregiudicherebbero l’esito dei negoziati. Secondo le informazioni trapelate da un faccia a faccia tenutosi lo scorso 6 gennaio tra il delegato francese della conferenza di Parigi, Pierre Vimont, e alcuni leader dei paesi che parteciperanno al summit, la diplomazia francese auspica di produrre una dichiarazione unanime che sottolinei l’importanza della soluzione dei due stati per la comunità internazionale.
Informazioni confermate al Foglio da una fonte del ministero degli Esteri francese che ha chiesto di mantenere l’anonimato. “Dal fallimento della mediazione americana del segretario di stato John Kerry, tentata tra l’aprile del 2014 e la metà del 2016, non è stato fatto nulla a livello internazionale per tentare di risolvere la questione israelo-palestinese”, dice al Foglio la fonte del Quai d’Orsay. “Sul campo abbiamo assistito a una degradazione della situazione securitaria, con quella che è stata chiamata ‘l’Intifada dei coltelli’. La visione della Francia poggia sulla constatazione che questa degradazione e il conseguente inasprimento della crisi sono legati al fatto che non c’è più nessuna prospettiva per giungere a una soluzione di pace, ossia a una soluzione di due stati che vivono uno accanto all’altro in condizione di pace e di sicurezza. Per questo la Francia ha voluto rimettere al centro dell’agenzia internazionale la questione israelo-palestinese, che è finita nel dimenticatoio a causa del conflitto siriano e del fallimento della mediazione di John Kerry”, dice la fonte ministeriale. “Il 3 gennaio 2016 la Francia ha riunito 28 stati per affermare che la comunità internazionale non aveva dimenticato la soluzione dei due stati, e la conferenza del 15 gennaio si iscriverà sulla stessa scia, con un appello affinché tutti gli stati si lancino in iniziative che spingano le parti a negoziare”. Sui timori di Gerusalemme circa una possibile seconda risoluzione Onu, la fonte del Quai d’Orsay risponde che “l’obiettivo della conferenza di Parigi non è di arrivare a un’altra risoluzione come quella di dicembre. L’obiettivo del summit di domenica è di mostrare che c’è un consenso della comunità internazionale attorno alla soluzione dei due stati per risolvere la questione israelo-palestinese”.
L'editoriale dell'elefantino