La muraglia anticinese di Trump ha grosse falle e c'entrano il genero Jared e Alibaba
Lunedì sera il presidente eletto ha accolto alla Trump Tower Jack Ma – il più famoso imprenditore cinese e uno degli uomini più ricchi del paese, fondatore e ceo di un gigante dell’ecommerce
Roma. L’Amministrazione Trump, che tra pochi giorni entrerà ufficialmente in carica e i cui membri sono in queste ore al vaglio del Senato, ha eretto una muraglia anticinese per prepararsi al confronto con quello che è da sempre il principale obiettivo polemico del presidente eletto: la concorrenza sleale e la prepotenza geopolitica della Cina. Da Peter Navarro a Robert Lighthizer, Trump si è attorniato di combattenti determinati e pronti ad affrontare una prolungata guerra commerciale con Pechino, a strappare ai cinesi un posto di lavoro alla volta, un brevetto violato dopo l’altro. Ma questa grande muraglia ha una breccia, la quale, poco sorprendentemente, è Trump stesso. Lunedì sera il presidente eletto ha accolto alla Trump Tower Jack Ma – il più famoso imprenditore cinese e uno degli uomini più ricchi del paese, fondatore e ceo di Alibaba, gigante dell’ecommerce – ed è andato in scena il siparietto tra miliardari già visto con il giapponese Masayoshi Son e altri: Jack Ma promette la creazione di un milione di posti di lavoro in America, Trump incensa (non a torto) il “grande, grande imprenditore”, e le contraddizioni pratiche e simboliche si accumulano.
La prima, più immediata, è che i siti della galassia Alibaba sono tra i peggiori ladri della proprietà intellettuale americana. Come ha notato Quartz, i venditori cinesi su Taobao (l’equivalente di eBay) smerciano perfino copie fasulle dell’iconico cappellino rosso “Make America Great Again”. Alibaba di recente ha intrapreso una stretta contro i falsari, ma è stata inserita poche settimane fa nella lista nera del governo di Washington tra le società straniere che minano l’integrità del mercato americano con i loro prodotti contraffatti. Alibaba è inoltre sotto indagine della Securities and Exchange Commission per pratiche contabili poco trasparenti – ma questo preoccupa poco Jack Ma: Trump ha nominato a capo della Sec Jay Clayton, lo stesso avvocato che ha propiziato l’Ipo di Alibaba a Wall Street nel 2014. Insomma, l’account Twitter di Trump rigurgita accuse alla Cina, l’Amministrazione sembra pronta alla guerra anticinese e il presidente eletto si dice pronto ad altri sgarbi, compreso un sostegno più netto a Taiwan in contravvenzione al principio dell’Unica Cina che ha retto le relazioni diplomatiche asiatiche negli ultimi decenni (la presidente taiwanese è giusto in questi giorni in tour in America, ha incontrato Ted Cruz e i giornali nazionalisti cinesi si sono scatenati), ma al tempo stesso incontri come quello con Jack Ma contribuiscono a dare segnali contraddittori alla leadership di Pechino.
Più inusuale ancora è stato l’incontro newyorchese, rivelato nel fine settimana dal New York Times, tra il genero di Trump, Jared Kushner, appena nominato senior advisor della Casa Bianca, e Wu Xiaohui, capo del conglomerato finanziario cinese Anbang. L’incontro è avvenuto il 16 novembre dell’anno scorso, una settimana dopo le elezioni vinte dal suocero, e ha riguardato ufficialmente un accordo economico su una proprietà immobiliare della famiglia Kushner. Wu Xiaohui, ex venditore di automobili, miliardario che non ha mai rilasciato un’intervista in vita sua, self made man ma sposato con la nipote dell’ex presidente cinese Deng Xiaoping, ha più volte suscitato con la sua azienda le preoccupazioni delle autorità americane, che hanno acconsentito all’acquisto dello storico hotel Waldorf Astoria, dove è avvenuto il meeting con Kushner, ma hanno bloccato molteplici altri deal adducendo ragioni di sicurezza nazionale. L’eccezionale abilità con cui Anbang si destreggia nella burocrazia cinese, le connessioni di Wu e l’impenetrabilità della struttura societaria delle compagnia, infatti, farebbero sospettare che i collegamenti tra Anbang e la leadership di Pechino siano troppo stretti anche per gli standard cinesi. Kushner, inoltre, ancora prima della nomina ad advisor consigliava il candidato e presidente eletto sulla politica estera, e sarebbe facile parlare di abboccamenti sospetti di Trump con la Cina se non si conoscessero i precedenti anticinesi del miliardario newyorchese.