Theresa May (foto LaPresse)

Fuori dal mercato unico. May (brutale) trasforma Brexit in “Global Britain”

Paola Peduzzi

Il premier britannico rinnega tutti i pilastri su cui si basa l'Ue. E “clean” è la parola trovata all’ultimo minuto per sintetizzare il dibattito logoro su “hard” e “soft” Brexit 

Milano. Questo è un divorzio, ma cerchiamo di rimanere amici, ha detto ieri il premier inglese, Theresa May, rivolgendosi agli europei, che aspettavano il suo discorso sulla Brexit con una certa apprensione. La collaborazione resterà, sulla sicurezza e anche su alcune regole dei cittadini europei, abbiamo molto in comune, non siamo e non saremo nemici, ma il Regno Unito uscirà dal mercato unico europeo, vuole volare da solo, senza lacci, senza regolamentazioni eccessive, senza corti di giustizia non sovrane: è la premessa necessaria per una “Global Britain”. La May ha parlato a un pubblico di diplomatici, in una delle sale più celebri della storia britannica diventata di recente famosa con la serie tv di Netflix “The Crown” (questa Lancaster House era Buckingham Palace nella fiction), e ha confermato quel che si diceva negli ultimi giorni: il mercato unico non è un’opportunità per un paese che vuole diventare globale, e che soprattutto vuole “controllare il numero di immigrati che entrano” nel Regno. Gli europei l’avevano ripetuto fino allo sfinimento: l’Unione europea è fatta di quattro pilastri, libera circolazione di beni, servizi, capitali e persone e non si può scegliere una libertà soltanto – o tutte o nessuna.

 

 

La May ha scelto nessuna – dice che tentare di accordarsi su un compromesso è impossibile: vedi il fallimento del suo predecessore David Cameron – e ai parlamentari che si lamentavano rumorosamente del fatto che il premier non avesse voluto parlare in aula ha concesso invece una grande occasione: la Camera dei Comuni e dei Lord avrà la possibilità di votare l’accordo raggiunto sulla Brexit.

 

Che cosa accadrà se il Parlamento dovesse bocciare l’accordo? Non si sa, tutti i ministri intervistati successivamente al discorso hanno schivato la domanda con un categorico: non accadrà. Scandendo la sua visione con parecchi colpi di tosse, su uno sfondo bianco e rarefatto – solitudine pura: non poteva che essere così – la May si è ispirata al paper pubblicato dal think tank Policy Exchange “Clean Brexit”, firmato da Lord Lawson, il cancelliere dello Scacchiere della Thatcher, gran sostenitore dell’uscita del Regno Unito dall’Ue, nella versione più liberale – contraria, per intenderci, rispetto a quella sognata dagli indipendentisti dell’Ukip e di Nigel Farage. “Clean” è la parola trovata all’ultimo minuto per sintetizzare il dibattito logoro su “hard” e “soft” Brexit e rilanciare invece una proposta che vuole il paese proiettato verso l’esterno nel modo più flessibile – e sfrontato – possibile. La concessione più grande fatta agli elettori della Brexit – che hanno votato “con gli occhi aperti”, ha sottolineato May, come per dire: non è vero che gli inglesi si sono pentiti, volevano il divorzio dall’Ue, e lo avranno – è stata fatta sull’immigrazione: per essere davvero libero, il Regno Unito deve poter controllare il flusso degli immigrati, il numero e le qualità dell’immigrazione, in modo da continuare a essere una calamita per il resto del mondo, ma alle proprie condizioni.

 

Nell’eterno rincorrersi di alternative per la Brexit, la versione “clean” assomiglia a quella definita da Boris Johnson e Michael Gove, i “traditori” di Cameron e del suo azzardo europeista. Dopo giorni di incertezze, con la sterlina nervosissima nella sua altalena e i dati sull’inflazione all’1,6 per cento, il discorso della May è stato vissuto dai mercati come una rassicurazione: almeno ora si sa che cosa vuole il governo di Londra. Restano i dubbi su che genere di accordi commerciali la May intende siglare sia con l’Europa sia con gli altri paesi. Il premier s’è fatto forte della promessa di Donald Trump – che rischio – su un accordo fruttuoso con l’America, “siamo davanti nella fila”, mentre con gli europei il tono è stato quasi minaccioso: non siate punitivi con gli inglesi che vogliono uscire dall’Ue, ha detto la May, perché rischiate di farvi male soltanto voi. Il Regno Unito non farà passi indietro rispetto alla sua aspirazione globale, se volete un divorzio dignitoso, giocate alle nostre regole.

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  • Paola Peduzzi
  • Scrive di politica estera, in particolare di politica europea, inglese e americana. Tiene sul Foglio una rubrica, “Cosmopolitics”, che è un esperimento: raccontare la geopolitica come se fosse una storia d'amore - corteggiamenti e separazioni, confessioni e segreti, guerra e pace. Di recente la storia d'amore di cui si è occupata con cadenza settimanale è quella con l'Europa, con la newsletter e la rubrica “EuPorn – Il lato sexy dell'Europa”. Sposata, ha due figli, Anita e Ferrante. @paolapeduzzi