Città de-israelizzate
Dalla Spagna alla Norvegia, ecco gli “spazi liberi da Israele”. Intanto altri 5 mila ebrei via dalla Francia
Roma. Il Consiglio comunale di Trondheim, la seconda città norvegese famosa per l’aurora boreale, ha approvato una mozione che chiede ai residenti di boicottare personalmente i beni israeliani. Una città che aspira a essere “deisraelizzata”, così come c’erano i comuni denuclearizzati in Italia. Poi è stata la volta di un’altra città norvegese, Tromso, 72 mila abitanti, “deisraelizzata” dal Consiglio comunale. Anche la capitale dell’Islanda, Reykjavik, ha adottato una mozione per boicottare i prodotti israeliani. Adesso non è una città, ma una delle più grandi regioni della Spagna. Si tratta della Valencia, dove il partito di sinistra València en Comú è riuscito a far votare la seguente mozione: “Oggi il Consiglio provinciale della Valencia si dichiara spazio libero dall’apartheid israeliana”.
Il Consiglio provinciale di questa regione semi-autonoma, che governa 250 comuni e 2,5 milioni di abitanti, ha approvato la proposta del partito del deputato Roberto Jaramillo Martínez. Un tribunale spagnolo nel frattempo ha dichiarato illegale una simile mozione del comune di Santiago de Compostela. In questi ultimi anni in Spagna più di cinquanta comuni hanno approvato il boicottaggio di Israele. Come Ibiza, popolare meta turistica, dove il Consiglio comunale di Santa Eulalia, la seconda città più grande dell’isola, ha votato il boicottaggio dei beni provenienti dallo stato ebraico. Anche qui la stessa formula: “Da oggi siamo liberi dall’apartheid israeliana”. A volere molte di queste mozioni il partito Podemos, finanziato da regimi come l’Iran e il Venezuela. Simili mozioni non restano senza conseguenze. La città spagnola di Villanueva de Duero, ad esempio, non distribuisce più l’acqua israeliana Eden Springs nei suoi edifici pubblici.
Una ondata di “Zionistfrei” E’ un fenomeno importante anche in Inghilterra, dove alcuni consigli comunali sono stati assolti da un tribunale dall’accusa di antisemitismo dopo aver imposto boicottaggi su merci israeliane. Si tratta del Leicester City Council, dello Swansea City Council e di Gwynedd. Il sindaco di Leicester, Peter Soulsby, aveva detto che non c’è nulla di antisemita nell’erigere una zona “Israel free” nella città, dicendo al giornale locale Leicester Mercury che è semplicemente un modo per esprimere costernazione per “il comportamento dello stato di Israele”. In Francia, il comune di Bondy nei pressi di Parigi ha approvato una mozione che dichiara il boicottaggio delle merci israeliane. Il sindaco, Sylvine Thomassin, che appartiene al Partito socialista del presidente François Hollande, ha approvato la risoluzione con solo cinque obiezioni. In Irlanda, numerose città governate dal Sinn Féin hanno approvato il bando dei prodotti israeliani. La città irlandese di Kinvara è diventata “Israel free”, nessuno in città usa più merci dello stato ebraico. Attivisti pro palestinesi hanno fatto pressioni sui ristoranti e i caffè per cancellare dai loro locali qualsiasi cosa prodotta in Israele.
Oggi, agli occhi degli agitatori anti-israeliani, Kinvara è moralmente pura. Il sindaco di Newry, in Irlanda del Nord, ha scritto a tutti i rivenditori chiedendo loro di fornire un elenco dei prodotti israeliani in magazzino. Ha poi chiesto di rimuoverli dalla vendita, sostenuto da 21 voti favorevoli e tre contro al Consiglio comunale. Il Wall Street Journal ha scritto che si è passati “dallo Jüdenfrei allo Zionistfrei”. Le merci israeliane scompaiono da città importanti, come Leicester, la decima più grande del Regno Unito, e regioni intere come Valencia. Scompaiono le merci israeliane. E gli ebrei. Giorni fa sono usciti i dati sulla fuga degli ebrei francesi: in cinquemila sono emigrati in Israele nel 2016, portando a 40 mila il numero di ebrei di Francia usciti dal paese in dieci anni. Merci ebraiche che scompaiono, ebrei che fanno le valigie. Ricorda qualcosa?