Putin e il ministro Lavrov danno la linea: non ne possono più di Obama
Per il presidente russo chi ha preparato e messo in circolazione il dossier contro Trump “è peggio delle prostitute”
Roma. Ieri a Mosca in due conferenze stampa separate il presidente russo Vladimir Putin e il suo ministro degli Esteri, Sergei Lavrov, hanno spiegato la posizione ufficiale del governo russo sui fatti di queste settimane. In particolare hanno parlato a proposito della crisi fra l’intelligence americana e il presidente eletto Donald Trump e dei negoziati siriani che cominceranno la settimana prossima – e sono più importanti di quelli tentati finora perché questa volta, grazie all’impegno turco, ci saranno i delegati dei gruppi armati e non più alcuni generici rappresentanti politici dell’opposizione che però è poco ascoltata dai combattenti. Tra il presidente e il suo ministro, si è trattato di una ricapitolazione a muso duro della linea del Cremlino – che si considera in rotta di collisione con l’occidente e non vede l’ora che l’Amministrazione Obama lasci la Casa Bianca e sia rimpiazzata dall’Amministrazione Trump.
Putin nega che i servizi segreti russi abbiano raccolto kompromat contro Donald Trump – kompromat è la parola russa che vuol dire materiale compromettente per ricattare, diventata famosa una settimana fa – perché “quando venne a Mosca non era ancora un politico, i nostri servizi speciali non inseguono ogni miliardario americano che arriva, non avevamo alcuna idea che avesse ambizioni politiche”. Il presidente russo contesta anche l’idea che Trump abbia assoldato prostitute perché “per il suo lavoro organizza concorsi di bellezza e ha tutte le occasioni che vuole per incontrare belle donne, non aveva bisogno di chiamare ragazze russe dai facili costumi – e ha aggiunto – anche se le nostre ragazze dai facili costumi sono le migliori del mondo”.
Secondo Putin chi ha preparato e messo in circolazione il dossier contro Trump “è peggio delle prostitute”: “La prostituzione è un brutto fenomeno sociale… ma quelli che ordinano questi falsi che ora sono usati contro il presidente eletto degli Stati Uniti sono peggio delle prostitute, non hanno limiti morali”. La campagna contro Trump ha almeno due obiettivi “secondo me. Uno è delegittimare il presidente eletto degli Stati Uniti – e qui è arrivata una frecciata – perché gli stessi che hanno già fatto allenamento a Kiev adesso vogliono fare una Maidan a Washington” (Putin allude all’appoggio dell’Amministrazione Obama a favore della rivolta di piazza che nel 2014 ha portato l’Ucraina fuori dall’orbita russa e ha aperto la crisi permanente nel sud-est del paese). Il secondo obiettivo è “impedire a Trump di rispettare le promesse fatte in campagna elettorale agli americani e alla comunità internazionale”, quindi un avvicinamento sostanziale a Putin. E poi un altro attacco contro l’Amministrazione Obama: “Ci sono due categorie di persone, quelle che vanno via senza salutare per riguardo alla situazione e quelle che invece salutano tutto il tempo senza andare via. L’Amministrazione che sta finendo appartiene alla seconda categoria”.
La conferenza stampa annuale di Lavrov è stata ugualmente dura. Il ministro degli Esteri russo ha detto che i valori occidentali di adesso, basati sul permissivismo e sul culto del libero approccio alla vita, sono di fatto post-cristiani e contraddicono in modo radicale le tradizioni russe (però il suo superiore nello stesso momento ironizzava che ne farebbero parte anche “le migliori prostitute del mondo”).
Lavrov ha annunciato che il primo contatto ufficiale della Russia con l’Amministrazione Trump sarà ai negoziati sulla guerra siriana che cominceranno lunedì 23 gennaio ad Astana, in Kazakistan, “ci aspettiamo che accetti l’invito e che sia rappresentata al massimo livello possibile”. La speranza di Lavrov è che Trump non faccia la morale alla Russia e che l’occidente “smetta di tentare di imporci i suoi valori”.
A proposito della Siria, il ministro degli Esteri russo ha detto che se la Russia non fosse intervenuta Damasco sarebbe caduta nel giro di due o tre settimane (è una esagerazione retorica).