Invasione in Gambia
Le truppe dell’Unione dell’Africa occidentale entrano nel paese dove due presidenti preparano il conflitto
Roma. Gli eserciti di Senegal, Nigeria e Ghana giovedì sono entrati nel vicino Gambia su mandato dell’Onu e dell’Unione dell’Africa occidentale (Ecowas) per far rispettare il risultato contestato delle elezioni dello scorso 1° dicembre e prevenire lo scoppio imminente di una guerra civile. Giovedì Adama Barrow ha giurato come nuovo presidente della Repubblica islamica del Gambia, dopo una vittoria alle elezioni elogiata da tutta la comunità internazionale. Per ragioni di sicurezza, la cerimonia di insediamento del nuovo presidente si è svolta nell’ambasciata di Dakar, in Senegal, il paese che circonda quasi completamente il piccolo stato del Gambia e che, più di tutti, si batte perché Barrow assuma regolarmente il potere. “Inizia una nuova èra per il Gambia”, ha detto il nuovo presidente Barrow, riconosciuto dalla comunità internazionale.
Il fatto è che nel frattempo, in Gambia, il dittatore sconfitto Yahya Jammeh non ha intenzione di riconoscere il risultato del voto e di cedere il posto, e dallo scontro tra i due presidenti rischia di iniziare una guerra civile. Mentre Barrow prestava giuramento in Senegal, a Banjul, la capitale del Gambia, il Parlamento controllato da Jammeh votava un prolungamento di 90 giorni del suo mandato. Jammeh, secondo alcuni esperti, potrebbe ancora rivendicare con qualche legittimità la carica di presidente. Poco dopo il giuramento di Barrow, aerei da combattimento nigeriani hanno fatto voli di ricognizione su Banjul per mettere pressione su Jammeh. Ma alla notizia del voto del Parlamento a favore dell’ex dittatore, le truppe senegalesi, nigeriane e ghanesi, dispiegate da mesi al confine col Gambia e pronte a intervenire militarmente, sono infine entrate nel paese per far rispettare il risultato del voto.
Jammeh, che ha guidato il Gambia ininterrottamente dal 1994 a oggi, dopo avere accettato in un primo momento la sconfitta elettorale, a pochi giorni dai risultati del voto aveva cambiato idea e presentato una mozione alla Corte Suprema per contestare irregolarità nelle procedure di voto e violenze. Secondo alcune ong, Jammeh teme in realtà di essere incriminato per le sue tante violazioni dei diritti umani. Così, l’Unione dell’Africa occidentale ha dato mandato al Senegal di risolvere la crisi politica in Gambia, che dalla sua indipendenza del 1965 è sempre stato molto permeabile all’influenza politica del suo più grande vicino. Per legittimare un possibile intervento armato e per certificare il sostegno internazionale nei confronti di Barrow, l’Ecowas ha chiesto l’intervento del Consiglio di sicurezza dell’Onu, che giovedì sera ha votato all’unanimità a sostegno di una missione militare in Gambia.
Jammeh ha proclamato lo stato di emergenza, spingendo migliaia di turisti, soprattutto inglesi, ad abbandonare il paese. Giovedì il corrispondente della Bbc ha parlato di un clima “pietrificato” a Banjul. L’inizio di un intervento militare in Gambia apre molte incognite. Giovedì Barrow ha invitato le forze armate del paese a giurargli fedeltà: “Chiunque sarà trovato armato illegalmente sarà considerato un ribelle”, ha detto dopo aver giurato. Ma la posizione dell’esercito non è netta. I ranghi più elevati delle forze armate del Gambia, considerate ben armate e leali al presidente, appartengono allo stesso gruppo etnico di Jammeh. Ousman Badjie, generale dell’esercito considerato molto vicino all’ex presidente, ha detto però che non intende rischiare la vita dei suoi uomini in “stupide dispute politiche”.
L’incertezza resta, anche perché il generale Badjie non ha molta influenza sulla Guardia nazionale, un’unità di élite che potrebbe decidere di combattere a difesa di Jammeh, benché l’esercito senegalese sia molto più numeroso. L’ex ministro degli Esteri gambiano, Sidi Sanneh, ha detto ad al Jazeera che nel caso in cui le truppe senegalesi sconfinassero nel paese “non ci aspettiamo molta resistenza dall’esercito del Gambia”. Ma l’ex ministro non ha fatto previsioni sulla durata di un’eventuale campagna militare. “Quanto tempo ci vorrà? Questo è tutto da vedere”, ha detto Sanneh.