Le primarie dei socialisti francesi sembrano uno show di (già) perdenti
L’ostilità verso Valls, le mani tese verso Macron
Parigi. L’immagine del presidente francese François Hollande a teatro per assistere allo spettacolo del suo amico Michel Drucker, invece di seguire il dibattito televisivo dei candidati alle primarie della gauche, la dice lunga sul clima tetro e da fine regno dei socialisti francesi. Il Ps, fondato nel 1971 da François Mitterrand, è moribondo, e il dubbio che attanaglia gli osservatori parigini riguarda soltanto la data della sua sparizione definitiva. Non era mai accaduto nella storia della Quinta Repubblica che tutti i candidati alle primarie socialiste fossero tagliati fuori dai giochi in vista delle elezioni presidenziali.
Il voto di domenica 22 gennaio e del successivo ballottaggio del 29 designerà soltanto il miglior perdente della gauche, colui che nel miglior dei casi riuscirà a racimolare un dieci per cento al primo turno del 23 aprile e nel peggiore dovrà eclissarsi dietro la candidatura del rampante Emmanuel Macron, leader di En Marche!. Persino la candidatura di Manuel Valls, l’ex primo ministro, comincia a traballare. Gli ultimi sondaggi di opinione dicono che il patriottismo economico di Arnaud Montebourg piace assai ai militanti socialisti, che Benoît Hamon, con il suo discorso sul reddito universale garantito, è in rimonta e potrebbe rivelarsi il “François Fillon delle primarie di sinistra”, ma dicono anche che la candidatura di Vincent Peillon, ex ministro dell’Istruzione, potrebbe sfilare a Valls molti voti della base militante del Ps, compromettendo seriamente le sue chance di vittoria.
Secondo la stampa parigina, si sta facendo largo il “tout sauf Valls”, tutto tranne Valls, un antivallsismo che troverebbe d’accordo anche il presidente della Repubblica Hollande. Negli ultimi giorni, non a caso, si sono moltiplicati gli attacchi di Montebourg, Hamon e Peillon contro l’ex premier. I primi due, soprattutto, non hanno ancora digerito la cacciata avvenuta nell’agosto del 2014, quando il rimpasto ministeriale che mandò a ministero dell’Economia Macron per accelerare la virata social-liberale dell’esecutivo fece saltare le loro teste. Ufficialmente non c’è nessun patto scritto tra i tre rappresentanti della sinistra giacobina francese, ma dietro le quinte, secondo quanto riportato da Paris Match, i tre principali avversari di Valls avanzerebbero compatti, tacitamente. “Manuel Valls è il bersaglio numero 1”, ha scritto il settimanale. Accanto ai desideri di vendetta dei due frondisti Montebourg e Valls, e all’incursione guastafeste di Peillon, per Valls c’è l’ingombrante fardello del quinquennato Hollande che difficilmente riuscirà a far dimenticare ai suoi elettori. “Valls è il simbolo del bilancio catastrofico di Hollande”, ha attaccato Gérard Filoche, figura di rilievo dell’ala radicale del Ps. Soltanto il ministro della Difesa, Jean-Yves Le Drian, e l’attuale primo ministro, Bernard Cazeneuve, hanno manifestato la loro preferenza per Valls.
Gli altri pezzi da novanta, uno dopo l’altro, cominciano invece a occhieggiare con crescente interesse la dinamica di Macron e del suo progetto progressista per la Francia. A partire da Ségolène Royal, ministra dell’Ambiente, che potrebbe entro breve ufficializzare il suo endorsement per Macron, nel quale rivede il proprio progetto politico di “Desirs d’avenir”. Lo stesso Hollande, stando a un’indiscrezione trapelata dall’Eliseo, avrebbe intenzione di invitare tutti i socialisti al rassemblement dietro il pupillo Macron, nonostante il “tradimento”, e a prescindere da chi uscirà vincitore dalle primarie della gauche. Persa la battaglia delle idee, anche i baroni del Ps hanno capito che l’unica figura in grado di rinnovare la sinistra e portarla al secondo turno potrebbe essere l’ex ministro dell’Economia. I sondaggi dicono che Macron è la personalità politica preferita dei francesi, e per l’entourage del “favorito” Fillon è lui il principale ostacolo verso l’Eliseo. “Il Partito socialista rischia l’azzeramento”, ha titolato ieri in prima pagina il Monde. Ma con una coalizione progressista dietro Macron tutto potrebbe cambiare.