Esportare Donald
Sull’asse Trump-Brexit nasce nel Regno Unito un nuovo sito di notizie legato agli indipendentisti
Roma. “Il modo in cui guardiamo la Brexit e Donald Trump è fuori dalla politica dei partiti tradizionali, è un focus sui movimenti. Se si riesce a creare un sito di news che incanala questo movimento in un unico posto, può diventare una cosa potente”. Questo sito oggi c’è, si chiama “Westmonster” – mostri e Westminster, sintesi perfetta dell’antisistema – ed è finanziato, creato, voluto da Arron Banks, il finanziatore più generoso della campagna Leave.eu, il movimento a favore della Brexit legato agli indipendentisti dell’Ukip. Michael Heaver, direttore e cofondatore del sito, ex portavoce dell’ex leader dell’Ukip Nigel Farage, ha spiegato il legame tra Brexit e trumpismo, alla vigilia dell’Inauguration Day del neopresidente americano, dando una forma unita a tutte quelle foto che arrivano da Washington, Farage e compagni con sorrisi enormi e pollici alzati, che festeggiano l’insediamento di Trump.
Con l’obiettivo di entrare nella top ten dei siti di informazione britannici, Westmonster nasce come una fusione tra le esperienze di Breitbart (che esiste nella versione anglosassone e che si sta allargando anche sul continente europeo: sono iniziati i colloqui di assunzione di giornalisti, ha scritto qualche tempo fa la Reuters, ma i progetti restano ancora avvolti nel mistero, per quanto l’obiettivo sia chiaro, dal momento che in Francia e in Germania quest’anno si vota) e Drudge Report, il sito che divenne famoso negli anni clintoniani con lo scandalo di Bill Clinton e Monica Lewinsky. Un po’ di aggregazione di contenuti esterni e un po’ di contenuti creati ad hoc, “scritti in modo non politicamente corretto, non le stesse notizie che si trovano altrove”, ha spiegato Heaver al Guardian.
Westmonster si definisce “pro Brexit, pro Farage, pro Trump. Anti establishment, anti confini aperti, anti corporativismo”, rispecchiando quel che l’attuale leader dell’Ukip, Paul Nuttall, ripete a ogni occasione. Nuttall ha commentato il discorso sulla “clean Brexit” pronunciato dal premier britannico, Theresa May, dando un voto, 7 su 10: “Parte del discorso suona come un discorso della conferenza dell’Ukip”. Ma mentre il Regno Unito si interroga sulla fattibilità del progetto May – rilevando che per la questione dell’immigrazione, cara in particolar modo all’Ukip, il premier ha scelto di abbandonare il mercato unico – ora il mondo della Brexit s’è trasferito a Washington per festeggiare il sostenitore americano più caloroso, il presidente Trump. Banks, che alla campagna del leave donò 7 milioni di sterline, ha organizzato un party a Washington in onore del presidente eletto, e la delegazione-Brexit, in cui naturalmente il governo di Londra non c’entra nulla, si fa fotografare ovunque, gongolante.
E’ così che anche la questione britannica entra a fare parte di quella strategia “del caos deliberato”, come l’ha definita con esattezza il Wall Street Journal, che è la prima etichetta trovata alla presidenza Trump: a farne le spese per prima è l’Europa. Ma al momento ogni sforzo è concentrato sulla definizione della nuova “special relationship” tra Londra e Washington. Ieri Trump ha infine scelto l’ambasciatore americano nel Regno Unito: si tratta di Woody Johnson, erede della famiglia che ha la proprietà della Johnson&Johnson, e magnate dei New York Jets dal 2000. Johnson è un businessman miliardario (del valore stimato di 6 miliardi di dollari) che abita in New Jersey, a due passi da un golf club di proprietà di Trump, ma non è un trumpiano della prima ora, anzi: è un finanziatore del Partito repubblicano, vicino a John McCain e Mitt Romney e nel 2016 inizialmente sostenitore di Jeb Bush. Non è un antiestablishment, Johnson, e questo rincuora molto la May.
Cose dai nostri schermi