Arriva uno sceneggiato su Chávez. O è su Trump?
Il modello è “Narcos”, serie tv che Netflix ha dedicato al boss del Cartello Pablo Escobar. Il soggetto è di Moisés Naím, critico duro e documentato del caudillo
“El Comandante”, sottotitolo “La vida secreta de Hugo Chávez”: il 30 gennaio sarà trasmessa dalla colombiana Rcn Televisión la prima delle 60 puntate da un'ora l'una della serie prodotta da Sony e dedicata al defunto presidente venezuelano, mentre la programmazione per il resto dell'America Latina inizia dal 31 gennaio su Tnt, e negli Stati Uniti andrà su Telemundo.
Non solo il modello è chiaramente quello del successo di quel serial “Narcos” che Netflix ha dedicato a Pablo Escobar. Anche Andrés Parra, l'attore colombiano che fa il caudillo, ha prestato in passato il suo volto al leader del Cartello di Medellín, anche se in un serial televisivo differente: “Escobar, el Patrón del Mal” che andò in onda sulla colombiana Caracol Tv nel 2012. “Non credo che sua un caso”, ha commentato Diosdato Cabello: ex-compagno di cospirazione di Chávez, ex-ministro, ex-vicepresidente, ex-presidente dell'Assemblea Nazionale, e vicepresidente del chavista Partito Socialista Unito del Venezuela.
Il soggetto è di Moisés Naím: politologo di fama internazionale che nel natio venezuela fu ministro del periodo pre-chavista, e che di Chávez è sempre stato un critico duro e documentato. E tra gli autori c'è Alberto Barrera Tsyzka, autore di una famosa biografia critica del personaggio. Al colonnello divenuto presidente sono poi attribuite parole che magari gli somigliano, ma non c'è documentazione che le abbia mai effettivamente pronunciate. Ad esempio, “il potere e il denaro sono come le droghe, uno sempre ne vuole di più”. Così come inventate ma molto verosimili appaiono le scene di golpe, agitazione rivoluzionaria e anche di sesso al Palazio di Miraflores che sono state anticipate dai trailer su YouTube.
“Se avessi soldi farei causa a Sony, ma forse gliela farò lo stesso”, ha commentato via Twitter Marisabel Rodríguez, la seconda moglie di Chávez. Appariscente giornalista radiofonica dai capelli platinati, Marisabel sedusse il caudillo emergente in campagna elettorale, si fece sposare incinta, e il marito utilizzò anche la sua immagine rassicurante per tranquillizzare l'elettorato più moderato. Dopo che lei era stata perfino eletta in Assemblea Costituente le cose si guastarono, e si disse che lui la picchiasse. Comunque si arrivò a una separazione, dopo la quale Marisabel arrivò al punto di candidarsi con l’ opposizione e di partecipare a marce di protesta con in collo la figlia che reggeva un cartello “dimettiti”. Ma adesso non si sente per nulla soddisfatta del modo in cui è stata rappresentata, e dice che “a Sony dovrebbero sapere cosa rischiano con questa serie poco seria”. Anche Maduro è furibondo: nel Discorso alla Nazione del 15 gennaio ha attaccato il governo colombiano e l'”imperialismo statunitense”, per questa “spazzatura” cui ha proposto di rispondere con una contro-serie. Che in effetti è stata messa in cantiere: soggetto di Luis García Brito, regia di Román Chalbaud. Ma con i chiari di luna del Venezuela di Maduro, è dubbio che veda mai effettivamente la luce.
Il bello, però, è che probabilmente in questo momento la serie non verrà utilizzata tanto contro il regime chavista, quanto in chiave anti-Trump. Lo stesso Naím a Davos ha fatto al nuovo presidente degli Stati Uniti un duro attacco in cui ha ripreso concetti già espressi in altri interventi. Dopo alcuni articoli in cui si era dibattuto sui punti di somiglianza tra il caudillo e il tycoon, il Washington Post torna sul tema dopo le prime decisioni prese da The Donald alla Casa Bianca per affermare con una certa convinzione che “Trump è il primo presidente latino-americano degli Stati Uniti”. Concetto illustrato con un montaggio in cui si vede lo stesso Trump vestito da caudillo.