Trump, l'impostore suocero
L’impostura del confidence man alla Casa Bianca si vede in questioni sulle quali non si può scherzare: il troppo zelo pro Israele del genero Jared Kushner e il comunicato sulla Shoah che non nomina gli ebrei
L’impostura si vede, a Washington e nel mondo. A parte che dalle cronache del Wall Street Journal si evince che la Casa Bianca è condotta come se al timone ci fosse Maria Giovanna Maglie, una nostra cara amica e una conosciuta figura televisiva, l’impostura del Malo, del Feo, si vede a occhio nudo in questioni sulle quali non si dovrebbe scherzare. L’uomo di fiducia, il confidence man, il con man che ha vinto la lotteria l’8 novembre, si era procurato un genero, Jared Kushner, ebreo, un ortodosso, e anche se il tipo è di quelli che di shabbat vanno al ballo con l’autorizzazione del rabbino, ortodossia molto particolare, lo ha messo nel team di testa degli Stati Uniti per confermare Israele e Benjamin Netanyahu delle sue buone intenzioni. Alla prima uscita della policy in fatto di Israele, la nomina di un bravo ambasciatore pro insediamenti, contrario alla soluzione dei due stati, favorevole all’annessione israeliana della Cisgiordania, troppa grazia tutta insieme, le cose vacillano e il governo di Gerusalemme è costretto a chiedere prudenza applicativa quando si tratti di stabilire proprio lì, a Gerusalemme, l’ambasciata americana. Probabilmente non desiderano che gli effetti di decisioni maestose e fatali siano simili a quelli che ha incontrato l’inutile, disumano e contraddittorio bando ad alcuni musulmani in entrata nel paese della legalità e delle libertà civili interamente costruito da immigrati spesso illegali. E va bene, qui l’impostura si mostra nel suo diabolico lato del troppo zelo.
Poi viene il giorno della memoria della Shoah e di una dichiarazione solenne, ufficiale, del nuovo potere trumpesco. Attraverso i portavoce ufficiali, la Casa Bianca diretta dal duo Steve Bannon e Maria Giovanna comunica che vanno ricordati i fantasmi di Auschwitz-Birkenau ma senza menzionare gli ebrei. Alle obiezioni attonite della stampa “disonesta” questa è la replica di vari altissimi funzionari, non escluso il principale collaboratore dell’uomo di fiducia: “Non citiamo nessuno perché siamo inclusivi (sic), ma sappiamo che anche gli ebrei hanno sofferto nel corso della Shoah (sic)”. E qui l’impostura si segnala come irrisione della storia, duplicità morale malata, beffa revisionista in disguise, mascherata. Non è proprio un dettaglio. Lasciamo stare i pregiudizi, le cose eccessive dette dalla squadra dell’uomo di fiducia e dell’uomo stesso, capace o incapace di tutto un po’. Resta l’osso. Nel discorso sullo sterminio degli ebrei d’Europa, compresa ovviamente la buona retorica della memoria, ha sempre cercato di infiltrarsi, essendo non compatibile con la documentazione e la razionalità, una forma blanda di revisionismo, quella grigia di tono del ridimensionamento. Forse gli ebrei sterminati sono cinque milioni invece che sei, eppoi ci sono anche i Rom, gli omosessuali e i dissidenti del Reich, eppoi bisogna essere inclusivi e sorvolare sul fatto che l’annientamento dell’ebreo in quanto ebreo era il solo e vero scopo ideologico del regime hitleriano.
Certe cose che non si possono negare per decenza, bisogna surrogarne la testimonianza con la via sghemba della circonlocuzione, dell’omissione, della relativizzazione. C’è materia per riflettere, anche da parte del partito del realismo in Israele, partito al quale qui apparteniamo da tempo malgrado ogni impostura. I nonni di Kushner non poterono per anni approdare negli Stati Uniti dopo la fine della guerra, e dovettero passare tre anni e mezzo di emigrazione coatta e drammaticamente disagiata in Italia, per via di quelle storie di visti che nemmeno l’illuminato Roosevelt e successori ebbero modo di risolvere altrimenti che con il respingimento, sempre in nome della “sicurezza”. La questione fu risolta infine, nel 1949, e ora è di nuovo molto complicata dall’impostura di colui che alla fine divenne suo suocero.