Giudici, decreti, orazioni. La ricompensa di Trump alla destra religiosa
Il presidente stravotato dai cristiani (anche a naso turato) diventa il gran difensore della libertà di religione
New York. I più improbabili fra i sostenitori che avevano preso Donald Trump sul serio ma non alla lettera sembravano gli esponenti della cosiddetta “destra religiosa”, composito arco che abbraccia i cattolici a trazione pro life del midwest e gli evangelici, le chiese nere conservatrici sui temi sociali e i battisti del sud. Molti si sono accodati a Trump per puro calcolo d’opposizione a Hillary Clinton, sapendo che il presidente, al di là delle dichiarazioni pubbliche, non si cura minimamente di questioni a sfondo religioso ed etico, ma sa come fare affari. E l’affare è stato fatto, anche se a molti altri sembrava l’inaccettabile patto con un diavolo in fatto di muri, migranti, pluralismo, dignità delle donne. Questo diavolo, però, ha prontamente iniziato a distribuire dividendi.
La ricompensa più succulenta per l’elettorato religioso non è la nomina di Neil Gorsuch come giudice della Corte suprema: al di là delle semplificazioni di chi lo definisce un ultraconservatore, il suo profilo era il più moderato della shortlist di Trump, e alcune associazioni pro life non si fidano di lui quanto si fidavano di Antonin Scalia, considerandolo un amico della causa, non un campione. Il bottino vero riguarda la libertà religiosa, che è la questione davvero infiammata di questi anni in cui tribunali e parlamenti hanno formalizzato aperture su vita e matrimonio già presenti nel sentire della società. È nello scenario post matrimonio gay e post gender che la libertà religiosa diventa cruciale, perché si tratta di stabilire fino a che punto la fede può essere manifestata e vissuta all’interno dello spazio pubblico.
La casistica va dal pasticciere che si rifiuta di fare una torta per una festa nuziale gay all’obbligo per le istituzioni di ispirazione religiosa di includere contraccettivi e farmaci abortivi nella copertura assicurativa per i dipendenti. L’Amministrazione Obama ha fatto moltissimo per ridurre la libertà religiosa alla libertà di culto, Trump promette che il suo governo “farà tutto ciò che è in nostro potere per difendere la libertà religiosa”. Da qualche giorno gira la bozza di un ordine esecutivo sulla libertà religiosa che fa illuminare gli occhi di questo popolo devoto che s’è affidato al più improbabile dei condottieri. La Casa Bianca dice che non c’è nulla di ufficiale e non ci saranno decreti subito, ma tutti i documenti finora filtrati alla stampa sono poi ricomparsi pressoché identici sulla scrivania dello Studio ovale.
Cosa dice questa bozza? Innanzitutto, dà mandato a tutti gli apparati di governo di rispettare quanto stabilito dalla Corte suprema, cioè che l’esercizio della libertà religiosa “si applica a tutte le persone di tutte le fedi in tutti i luoghi e in qualunque momento”, non soltanto nel silenzio di una sagrestia. Chiarisce, poi, che per “organizzazioni religiose” s’intendono tutte le opere ispirate da una fede, non soltanto gli esercizi strettamente legati al culto e alle pratiche liturgiche e impone di interpretare “nel modo più ampio permesso dalla legge” la norma sulla libertà religiosa del 1964. Il decreto assicura che tutti i cittadini abbiano il diritto di avere un’assicurazione sanitaria che non copre contraccettivi e farmaci abortivi, come previsto invece dal più discusso dei dispositivi dell’Obamacare, e che le agenzie federali non possano prendere provvedimenti contro i dipendenti pubblici che rifiutano di firmare atti che violano il loro credo.
Il caso di scuola è quello di Kim Davis, inserviente di una contea del Kentucky che non voleva vidimare un atto di matrimonio fra persone dello stesso sesso. Trump ha promesso anche che abolirà il “Johnson Amendment”, che impedisce alle chiese e congregazioni di fare attività politica, pena la perdita del regime fiscale agevolato. Si parla da tempo della nomina a consigliere per l’educazione di Jerry Falwell Jr., presidente della Liberty University, la più grande università cristiana d’America. E’ stato lui il primo fra i leader evangelici a dare l’endorsement a Trump, offrendogli la platea perfetta per fare, nel gennaio dello scorso anno, il primo passo verso un mondo a lui estraneo, se non ostile. Alla fine l’80 per cento degli evangelici e il 52 per cento dei cattolici lo hanno votato (meno di quelli che avevano votato Mitt Romney nel 2012) e lui sta ricompensando la fiducia. Non è poco per un presidente che ritiene la Bibbia il libro più importante di sempre, superiore soltanto di pochissimo al secondo classificato, “The Art of the Deal”.