"Padroni a casa nostra". Un muro e il senso tradito di Bush e Reagan
Se sei con Trump sei con Trump. Ma chi ha scambiato qualche executive order concitato e qualche telefonata villana per una nuova politica avrà tempo per ricredersi.
Se sei con Trump sei con Trump, e basta, vuol dire che disperi di qualunque altra cosa e ti tocca bere tutta la schiuma del trumpismo, che è la sua sostanza (wait and see, a parte quel che si è già visto). Se sei contro Trump, posizione altamente raccomandabile, devi evitare la correttezza da smandrappati che alligna nelle posizioni liberal “a prescindere”, e ti tocca difendere responsabili idee del movimento conservatore e neoconservatore, che sono la sostanza del tuo #nevertrump, impresa che non è affatto difficile, che ha dalla sua l’evidenza delle cose. Gli impostori hanno dalla loro parte quel gioco da ragazzi, facile facile, che è di rappresentare attraverso fatti e propaganda quel che non sono in realtà, il loro è un ballo in maschera senza gioie verdiane: si dicono originalisti nel pensiero costituzionale, ma sono nemici del free speech; si dicono giudeo-cristiani in guerra con il radicalismo islamico e difensori della libertà religiosa contro il pensiero unico, ma fanno chiacchiere inutili, decreti rimbombanti, captationes benevolentiae a schiovere, e intanto indeboliscono l’occidente che c’è in nome della prospettiva isolazionista dell’America First, ce ne accorgeremo presto; vogliono passare per decisionisti, e sono banalmente, televisivamente, coattivamente auoritari, impulsivi, disordinati, senza scrupoli. La loro vera misura, si chiamino Steve Bannon o portino altri nomi, è il Self con le sue voglie malmostose. Per essere degni del disprezzo dei politicamente corretti, in una società mondiale liberale che non sa come e perché difendere il suo modo di vivere, bisogna amare la libertà come forma americana, forma del secolo americano, non l’America come viscere nazionali. Il senso di Bush e di Reagan prima di lui e di molti altri era: abbiamo qualcosa da dire sulla giustizia e l’umanità emancipata, tear down this wall. Il senso dei trumpettari è: non abbiamo niente da dire e questo mutismo ce lo gestiamo in casa, “padroni a casa nostra” come in un Bossi globale, build this wall. C’è il cattolico che ci casca, il sirizista che si ritrova espropriato della sua piattaforma antieuropeista e antimercato, e c’è Putin che ci marcia.
Poi c’è uno Stigliz che riscopre il mercato, vivaddio, e le élite europee che, si spera, riscopriranno qualche ragione smarrita della loro avventura inaridita negli anni. E tanta brava gente, seria, non di quelli che hanno fatto le carnevalate contro Berlusconi unfit to lead Italy, che aspetta dalla protesta, dalla stampa libera, dai giudici di contrappeso e dal Congresso, in particolare il Senato americano, qualche segno consistente del fatto che l’impostura non è un destino, al massimo una meteora nel cielo credulone dei fatti alternativi. Dicono che mantiene le promesse. Certo, se la promessa è tentare di distruggere il nucleo di un ordine mondiale costruito sulla tutela della lealtà, della cultura del sogno e dei diritti, sul rifiuto delle grettezze unamerican, sì, sta mantenendo le promesse, l’arancione, ci prova. Ma chi ha scambiato per una nuova politica qualche executive order concitato come un tuìt, qualche telefonata villana al migliore alleato degli Stati Uniti, qualche fanfaronata ideologica piazzata tra un celebrity tv e l’altro, sotto l’occhio vigile di Schwarzenegger, bè, avrà tempo per ricredersi.