Al grido di "Europa!" Macron lancia la conquista all'Eliseo
L'evento dell'ex ministro dell'Economia e candidato alla presidenza francese a Lione approfitta del crollo di Fillon e annuncia una nuova retorica nazionale e il superamento della divisione destra-sinistra
Parigi. “Non voglio nuovi muri. E vi assicuro che non ce ne saranno nel mio programma. Abbiamo le frontiere europee ed è questa la nostra vera sicurezza”. Il solo muro al palazzetto dello sport di Lione, ieri, era quello dei “marcheur”, 16mila, assiepati per assistere al meeting della svolta di Emmanuel Macron, leader di En Marche!, al suo Bourget (François Hollande, nel 2012), alla sua Porte de Versailles (il Sarkozy dell’ouverture, nel 2007), al rassemblement che smentisce chi lo aveva liquidato come una bolla di champagne pronta a esplodere dinanzi ai primi ostacoli.
“Il a frappé fort”, scrive la stampa parigina, ha colpito forte, ha fatto il pieno anche questa volta, nella “capitale dei Galli”, oggi capitale del macronismo, con quel Gérard Collomb, sindaco di Lione, che è il suo primo sostenitore, ma anche il grande orchestratore della fronda En Marche! in seno al Ps. Sventolano bandiere francesi e bandiere europee al suo ingresso nella sala, alle 16:38, si levano i “Macron président”, il pubblico fa addiritura la ola, e c’è nell’aria un’alta dose di entusiasmo, come non si vedeva da molto, molto tempo. Poco prima di raggiungere il pulpito bleu, blanc, rouge e iniziare il suo discorso, Macron è andato a salutare i suoi sostenitori rimasti fuori, come a Parigi lo scorso dicembre, per mancanza di posti, ma che hanno però potuto seguire il meeting attraverso un maxi-schermo. “Potrete dire che eravate là!”, dice Macron. E' “La France En Marche”, che è anche lo slogan ufficiale di questa campagna che da ieri è entrata nel vivo. Al centro del palazzetto, Macron ha tenuto un discorso a braccio di più di due ore, interrotto soltanto dai moti di entusiasmo dei “marcheur”, che hanno indossato una nuova maglietta in occasione del meeting lionese: “Emmanuel Macron président”.
“Tutti ci dicevano che era un progetto pazzo e impossibile. Me lo ricordo quando lo dicevano sei mesi fa. Ci dicevano che la vita politica sarebbe continuata con le sue regole. Che la vita politica sarebbe continuata come prima. Ma siamo qui oggi, riuniti da un’unica passione: l’amore per il nostro paese”, ha iniziato Macron. “Liberté, égalité, fraternité, ridaremo un senso a queste parole! Voglio riconciliare la Francia con il mondo, riconciliare la libertà con l’uguaglianza, creare un futuro collettivo”, ha aggiunto il candidato di En Marche!, prima di affermare: “Non vi dico che sinistra e destra non significano più nulla, che non esistono più o che sono la stessa cosa, ma queste divisioni in questo momento storico non sono superabili? Non bisogna essere l’uno o l’altro, bisogna essere francesi!”. Dopo un’introduzione lirica sull’importanza dei valori cardine della Francia, Macron è passato all’enumerazione di alcune proposte del suo programma presidenziale: priorità alla lotta contro il terrorismo, con una riorganizzazione dei servizi segreti, il ripristino dell’intelligence territoriale, la creazione di una polizia di prossimità, che garantisca la sicurezza quotidiana, e l’assunzione di 10mila nuovi funzionari; aumento del budget della Difesa al 2 per cento, con una difesa “più europea” e un partnership rafforzata tra Parigi e Berlino; un alleggerimento del carico fiscale degli imprenditori, accanto a uno snellimento dell’ipertrofico codice del lavoro e a dei tagli alla spesa pubblica; un no secco all’utopia del candidato socialista Hamon sul reddito universale, perché c’è già l’Rsa, il reddito minimo sociale; un “Pass culture” di 500 euro “come in Italia”, ha specificato, per ogni giovane di 18 anni, finanziato dai giganti del digitale e della distribuzione, sulla scia dell’idea dell’ex premier italiano Matteo Renzi.
Tra i momenti più importanti del meeting, il grido “Europe! Europe!” scandito dai suoi sostenitori, simbolo di una resistenza al populismo di cui Macron vuole essere l’incarnazione, ma anche il suo appello solenne a tutti i ricercatori e accademici anti-Trump. Un appello “destinato ai ricercatori, agli accademici e alle imprese che negli Usa combattono contro l’oscurantismo e oggi sono spaventati”, ha detto Macron. “Voglio che tutti coloro che oggi incarnano l’innovazione e l’eccellenza negli Stati Uniti sentano quello che dico: d’ora in poi, dal prossimo maggio, avrete una nuova patria: la Francia”. Anche alcuni scrittori e intellettuali di rilievo erano presenti al meeting di Macron, come Erick Orsenna e Arthur Dreyfus. Gli altri, i Michel Houellebecq e i Fabrice Luchini, con i quali Macron è in continuo contatto, sono rimasti a Parigi per assistere in diretta televisiva al meeting “coup de gong” della campagna, come lo hanno definito i suoi fedelissimi. Tra questi pensatori che vedono nel leader di En Marche! una speranza per scrivere un nuovo romanzo nazionale, c’è anche il filosofo e storico Marcel Gauchet, che al settimanale Point, la scorsa settimana, ha attaccato chi giudica “ridicola” l’analogia tra Macron e il generale De Gaulle: “Ha la vocazione gollista dell’uomo che pensa di aver una missione da compiere per il paese. E' necessaria una dose di narcisismo per pensare di poter sbloccare la società, un orgoglio smisurato per immaginare di poter rappresentare il destino di una collettività, al di là della propria persona. Ma la sua ambizione non è volgare, perché ha le armi intellettuali e una visione giusta e pertinente della società. E' la prima volta in questo paese che un individuo è capace di mobilitare una folla di persone che vengono da ogni dove, dai tempi di quel misterioso sentimento che ha fatto sì che delle persone andassero a Londra nel 1940”.
Ieri, tra i richiami storici che hanno scaldato i “marcheur”, De Gaulle era il più presente. Ha rievocato l’appello del 18 giugno 1940 pronunciato dal generale dai microfoni di Radio Londra (considerato come l’inizio della resistenza francese all’occupazione tedesca), per sostenere il suo progetto di superamento del clivage destra-sinistra, poi ha citato Simone Veil e la sua battaglia per l’aborto, Emile Zola e Charles Péguy, uniti nella lotta in favore del capitano Dreyfus, ma anche Mitterrand e il suo discorso sull’Europa poche settimane di morire, e il Jacques Chirac del Vél d’Hiv, quando con un discorso fiero ricordò alla Francia la sua responsabilità in occasione del rastrellamento degli ebrei condotto a Parigi dalla polizia del regime collaborazionista di Vichy. Un colpo a sinistra, un colpo a destra, un richiamo, soprattutto, ai grandi momenti della storia di Francia, ai rassembleur della République, che sono andati oltre le divergenze politiche per solidarizzare il paese attorno a un progetto comune. Macron vuole allungare la lista di questi uomini che conoscono il significato di destino comune e che ponendosi al di sopra dei partiti, oltre i dogmatismi ideologici, hanno dato la priorità all’interesse nazionale. Ed è più che mai convinto di riuscirci. Unisci e impera. De Gaulle, c’est moi.