Le Pen dell'inferno
Fillon è ferito. La sinistra non sussiste. Macron piace ma in un paese che se ne fotte del merito avrà vita dura. Che ne sarebbe del mondo e dell’Europa che abbiamo conosciuto finora se vincesse lei, la Jeanne d’Arc della destra
La crisi della destra francese è un problema molto serio per l’Europa e non solo. Se François Fillon, ferito da uno scandalo personale importante, non ce la dovesse fare a entrare in ballottaggio (ipotetico, ma da non escludere affatto) la faccenda porterebbe a un culo di sacco. Escludiamo ora che Benoît Hamon, candidato socialista del revenu de base, salario generalizzato di cittadinanza, riesca a piazzarsi (ipotetico, abbastanza probabile). Ammettiamo (ipotetico, dato suffragato da alcuni sondaggi e varie circostanze) che Emmanuel Macron, candidato indipendente su base europeista e riformista nel senso della globalizzazione, arrivi invece, lui sì, al ballottaggio. Ammettiamo che ci arrivi, come è possibile, con i voti di una parte della sinistra, di una parte della destra moderata e di uno slancio personale al centro politico ed elettorale della scena. Bene, a questo punto il ballottaggio decisivo sarebbe con Marine Le Pen. E quali immagini o sostanze politiche si scontrerebbero allora per l’Eliseo, con quali chance di vittoria, come calcolabili oggi?
Ora, Macron è stato scoperto dal fallimentare François Hollande e lanciato come suo prossimo collaboratore nel quinquennato presidenziale, un neo ben nascosto o abbastanza ben nascosto sebbene sia stato suo ministro-chiave fino a poco fa; fu autore di politiche uberizzanti e sociali non precisamente popolari, e non corrisponde al tipo ideale di un elettorato esausto e impaurito e intemperante nella sua tendenza generalizzata all’ordalia contro gli establishment. E’ un banchiere di formazione Rothschild e, per quanto umile di origine e con la faccia del bravo ragazzo, ha un’aura tecnocratica di pupillo delle burocrazie e dei poteri pensati come onnipotenti dalla Francia d’en bas, il paese profondo che tende a fottersene del merito, dei meritocrati. Macron è il contrario del mito storico francese, l’opposto di Giovanna d’Arco, di Luigi IX il Santo, ma anche di De Gaulle, per stare più sul ravvicinato. E’ estraneo allo spirito identitario di crociata, alla protesta fervorosa, all’idea stessa gaullista di una monarchia costituzionale repubblicana, il grande ossimoro che ha fondato la Quinta Repubblica, trasmettendone in modi via via sempre meno efficaci i valori e i criteri fino a François Mitterrand, e solo in parte minore a Jacques Chirac (Hollande e prima di lui Sarkozy, rinviato a giudizio per finanziamento illegale, sono stati le caricature del modello). Macron è nuovo e inesperto di politica, mai eletto a cariche pubbliche: “nuovo” sarebbe anche un atout, date le circostanze, ma lo spirito conservatore francese pretende in genere un duro tirocinio dai suoi beniamini. Insomma, il tipo ha sfruttato bene i tempi dell’allontanamento dal presidente che va a casa, ha goduto della crisi del Partito socialista facendo campagna indipendente in nome del suo movimento, En Marche!, mentre i galli del pollaio hollandiano si battevano in primarie poco frequentate da elettori e iscritti, e poco avvincenti. Va forte, abbastanza, ma ha fiato per il traguardo, specie nel caso di un confronto con la Le Pen?
Marine è appunto una Jeanne d’Arc, scommette sull’identità francese negletta dalle élite repubblicane, e su un notevole bagaglio di insoddisfazione e malessere sociale e civile che tutti conoscono, a partire dalla questione dell’ordine, della legge e dell’immigrazione. E’ ormai celebre, sedimentata, sembra aver superato il trauma del matraquage quando suo padre arrivato in ballottaggio fu bastonato all’unanimità in favore di Chirac. E’ capo di un partito nazionale diffuso, ha le sue debolezze ma ha esperienza, si è piano piano svincolata, almeno in parte, dagli interdetti importanti che la grande maggioranza dei francesi ha elevato storicamente contro la destra non gaullista, contro la destra di matrice vichista, fascista. Il terrorismo, gli scandali e la crisi tendono a favorire le sue ricette semplicistiche e brutali in materia di euro e sicurezza. Figura come l’alternativa di movimento e di rottura alla Merkel, di là dal delicato e fatale confine che divide i due paesi cardine dell’Europa continentale. E se vincesse lei?
Brexit, Trump, Le Pen: che ne sarebbe poi del mondo e dell’Europa che abbiamo conosciuto? Marine è sostenuta da Vladimir Putin, oltre tutto, che l’ha anche finanziata con le banche di riferimento e che minaccia attraverso Julian Assange di interferire nelle elezioni francesi cercando di denigrare e azzoppare Macron, l’eventuale competitore. Elettorati e mercati sono capricciosi, chissà. Non si possono fare previsioni attendibili né sul prima delle elezioni né sul dopo. Ma il secolo passato e i primi due decenni di quello presente, guerre mondiali e totalitarismi a parte, e che “a parte”, si sono fondati sull’internazionalismo americano e infine su una costruzione di origine franco-tedesca del mercato e della moneta unica, una impresa che aveva tra le sue radici decisive il gaullismo, una destra francese nazionale e a suo modo internazionalista, sovranista e sovranazionale, capace di traguardare identità e frontiere nel momento in cui le aveva salvaguardate in nome dell’istituzione repubblicana. Se tutto questo finisse nel ribollente nazionalismo e nelle ideologie connesse, va bene i capricci, ma potrebbe sortirne qualcosa di più di un fit, di una distorsione temporanea del carattere. Così sembra.