Il Belgio si è fatto sfuggire un altro terrorista dell'Isis
Khaled Khattab era stato condannato da un tribunale ma è rimasto inspiegabilmente in libertà. Lo ha arrestato la polizia turca prima che entrasse in Siria. L'allarme del proselitismo saudita a Bruxelles
Roma. Senza che la polizia di Bruxelles se ne accorgesse, un terrorista già condannato da un tribunale belga ha potuto lasciare il paese per tornare a combattere in Siria per lo Stato islamico. Gli agenti federali hanno saputo della fuga di Khaled Khattab soltanto poche settimane fa, quando sono stati avvertiti dai colleghi turchi dell'arresto del 26enne belga-siriano prima che riuscisse a sconfinare in Siria. Il caso non è l'unico nella poco gloriosa lotta al terrorismo condotta finora dalla polizia belga (basti pensare alle falle dell'intelligence nel caso dei fratelli Bakraoui) e dimostra tutta l'impreparazione del paese alle prese con l'estremismo islamico. La storia paradossale di Khattab l'ha pubblicata il sito di informazione belga Derniere Heure che è venuto in possesso del dossier che lo riguarda. Secondo il portavoce della polizia federale del Belgio, Eric Van der Sijpt, nonostante il giovane fosse stato giudicato colpevole di terrorismo nel maggio 2016 e condannato a sette anni di reclusione, "il tribunale non ha decretato l'arresto immediato" come invece aveva chiesto l'accusa. Così Khattab ha fatto appello ed è stato libero di scappare mentre attendeva il nuovo processo. "Abbiamo già inoltrato alla Turchia una richiesta di estradizione", ha detto Van der Sijpt, ma è un'ipotesi molto remota al momento. Nei confronti dei terroristi islamici Ankara ha metodi molto più spiccioli rispetto al Belgio e Khattab è già stato imputato di terrorismo in un processo in Turchia.
La leggerezza con cui la polizia belga ha trattato il caso di Khattab è preoccupante perché si tratta dell'imputato che l'anno scorso ha ricevuto la sentenza più pesante al processo Zerkani bis in cui sono state condannate trenta persone accusate di terrorismo. In quell'occasione Khaled è stato definito un personaggio dalla "mentalità inquietante", "perentorio e arrogante" dagli stessi giudici che non hanno però ravvisato la necessità di metterlo in carcere immediatamente. Eppure Khaled aveva già combattuto in Siria con lo Stato islamico tra il 2013 e il 2014 e gli inquirenti avevano anche scoperto che era grande amico di Najim Laachraoui, artificiere dell'attentato di Parigi e kamikaze in quello di Bruxelles. I due hanno combattuto nella stessa katiba in Siria (sono i battaglioni dello Stato islamico, il loro si chiamava Majlis-Shura Mujahidin), quando Khaled si faceva chiamare con il nome di battaglia Abou Salaheddine. Nella rubrica del cellulare di Khattab la polizia ha trovato anche il numero di Abdelhamid Abaaoud, membro della cellula terroristica belga di Verviers e tra i pianificatori dell'attentato di Parigi.
Soltanto ieri l'Osservatorio belga per la valutazione delle minacce (Ocam) ha diffuso un report molto allarmante sui casi di radicalizzazione nelle moschee del Belgio che sono in aumento. Gli esperti dell'antiterrorismo avvertono che gli imam non autorizzati dal governo che predicano il wahabismo (la versione dell'islam sunnita più radicale, originaria dell'Arabia Saudita) sono a Bruxelles, ad Anversa e a Mechelen. Soprattutto, il report mette in guardia il governo sull'impotenza degli imam più moderati, che "nulla possono di fronte agli strumenti mediatici" a disposizione dei predicatori wahabiti, che vanno dalla propaganda online a quella televisiva, fino al finanziamento di borse di studio saudite di cui possono beneficiare i musulmani che si trovano all'estero. Il Belgio è anche il paese dell'Unione europea che fornisce allo Stato islamico il più alto numero di combattenti – si stima che siano 465 – e ora deve vedersela con la gestione del loro rientro in patria. Stanotte la polizia ha arrestato 11 persone in vari quartieri di Bruxelles, tutte accusate di terrorismo e sospettate di essere tornate da poco dalla Siria. Nonostante l'aumento delle misure di sicurezza in Belgio, il rapporto dell'Ocam e la vicenda di Khattab suonano entrambi come degli avvertimenti.
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