Contro il piagnisteo declinista di Francia c'è il nuovo saggio di Bavarez
L'economista liberale ed editorialista principe del Point, ha appena pubblicato un libro in controtendenza rispetto al discorso dominante, secondo cui la Francia sarebbe un paese di irredimibili statalisti, aggrappati alla mammella statale
Parigi. E’ vero, è innegabile, la Francia è in crisi, politica, economica, culturale, identitaria, e le elezioni presidenziali di aprile e maggio potrebbero essere l’ultima possibilità per risollevare un paese bloccato da cinque anni di hollandismo, da un “quinquennio per nulla”, per dirla con Eric Zemmour. Ma è vero anche che all’orizzonte si sta facendo largo una nuova generazione di politici, che nell’aria c’è gran voglia di rupture, che c’è un’infinita dose di energia, giovanile e imprenditoriale, che aspetta soltanto di essere liberata, favorita, e questo non succedeva da molto, molto tempo. Nicolas Bavarez, economista liberale ed editorialista principe del Point, ha appena pubblicato un libro in controtendenza rispetto al discorso dominante, secondo cui la Francia sarebbe un paese di irredimibili statalisti, aggrappati alla mammella statale, che li coccola con sovvenzioni di ogni genere, li vizia lungo tutta la loro vita, e consente loro di lavorare 35 ore, non un minuto di più. Si intitola “Chroniques d’un déni français” (Albin Michel), ed è una raccolta dei suoi editoriali sul Point, dove racconta i catastrofici anni di François Hollande e della gauche all’Eliseo, ma offre anche le chiavi per ritrovare la strada verso un sussulto nazionale, perché i francesi, per il loro “talento”, la loro “cultura”, il loro “passato”, non sono certo condannati al declino e hanno solo bisogno di ritrovare l’essenziale: la volontà (per risollevarsi) e il cammino (per riformarsi).
I valori cardine della République, liberté, egalité et fraternité, accanto alla conoscenza, allo spirito critico e al lavoro, sono gli antidoti necessari, secondo Bavarez, per contrastare l’avanzata populista in Francia, con il Front national di Marine Le Pen, e più in generale in Europa. In Francia, in particolare, c’è una gioventù liberale, dinamica, intraprendente, spiega Bavarez, che condivide il progetto di Emmanuel Macron, leader di En Marche!, e come lui desidera modernizzare il paese. Una gioventù “che crede profondamente nel lavoro, nell’impresa, nella solidarietà e nell’impegno”, che fa scrivere all’autore pagine cariche di ottimismo per gli anni a venire. “Da un lato abbiamo un’evoluzione delle mentalità dei francesi, e dall’altro abbiamo un sistema politico che comincia a rinnovarsi”, dice l’economista liberale, da sempre critico severo dell’eccessivo dirigismo dello stato. Non ci sarà nessun match di ritorno tra Sarkozy-Hollande, i vecchi leoni degli anni Novanta e Duemila stanno uscendo di scena uno dopo l’altro, e i prossimi 27 aprile e 7 maggio, date del primo e del secondo turno delle presidenziali, si scontreranno candidati nuovi.
Basta, dunque, con i piagnistei e i pessimismi quotidiani di chi dice che la Quinta Repubblica è stremata, sull’orlo di del precipizio, che la Francia è in ritardo rispetto agli altri paesi del mondo, è irriformabile e refrattaria alla modernità. I sondaggi mostrano un progressivo interessamento delle nuove generazioni verso le idee liberali e una preferenza per i valori dell’autonomia, del merito e dello sforzo – l’ultimo sondaggio in questo senso è stato realizzato dal think tank Génération Libre di Gaspard Koenig, giovane intellettuale liberale residente a Londra. La French Tech è tra le più vivaci del mondo (secondo la classifica Technology Fast 500, che misura ogni anno la performance delle migliori start-up in Europa, la Francia nel 2016 si attesta al primo posto con 94 società, davanti alla Gran Bretagna con 70, e alla Germania con 23) grazie al gran lavoro dell’ingiustamente maltrattata Fleur Pellerin, quando aveva il portafoglio dell’Economia digitale, e dell’ex ministro dell’Economia, oggi candidato per En Marche! alla presidenza della Repubblica, Macron. “La Francia dispone di un vantaggio straordinario: possiede un’economia molto diversificata, dove bisogna innovare, innovare, innovare, perché è lì il futuro della produzione francese”, spiega Bavarez. E non è certo per caso che Macron, sabato scorso a Lione, abbia deciso di lanciare un appello solenne ai ricercatori e accademici anti Trump negli Stati Uniti, dando loro il benvenuto in Francia, “patria della nuove tecnologie”. Tira una nuova aria in Francia, fresca e liberale, soprattuto tra i giovani, insiste Bavarez. I cantori del declinismo sono fuori tempo.
L'editoriale dell'elefantino