C'entrano i russi nel colpo di stato in Montenegro? Nuove prove
Il procuratore locale dice che parti dello stato russo hanno pianificato l’assassinio del premier per fermare l’adesione alla Nato
Roma. Il piano era quello di un colpo di stato violento in stile Guerra fredda. Un piccolo esercito di circa 500 persone sarebbe dovuto entrare in Montenegro il 16 ottobre scorso, giorno delle elezioni. I miliziani, in maggioranza serbi e russi, avrebbero dovuto portare violenza e scompiglio in tutto il paese, interrompere il processo elettorale, minare la resistenza delle forze dell’ordine. Un gruppo infine sarebbe entrato nel Parlamento di Podgorica, la capitale montenegrina, avrebbe assassinato il primo ministro filo occidentale Milo Dukanovic e instaurato un nuovo governo filo russo e contrario all’ingresso del piccolo paese balcanico nella Nato. Il 16 ottobre, le forze dell’ordine montenegrine, insieme con quelle serbe, sventarono il piano nel giorno del suo compimento. Venti persone furono arrestate in Montenegro, di sedici di loro fu confermato l’arresto, quattro sono state arrestate dai serbi, molte altre ancora si sono rese irreperibili e sono scappate, forse in Russia.
Nei mesi successivi gli arresti sono continuati e il numero dei sospetti è salito a venticinque, compresi Andrija Mandic and Milan Knezevic, due parlamentari del partito filorusso Fronte democratico. La gran parte dei sospettati è di nazionalità serba o russa. Fin da subito, il movente del fallito colpo di stato è stato ricondotto alla volontà di bloccare il processo di uscita del Montenegro dalla sfera di influenza russa e la sua adesione alla Nato. Le indagini hanno mostrato come nel piano dei congiurati, dopo l’assassinio del premier filo occidentale Dukanovic, ci fosse l’instaurazione di un governo filorusso composto da una coalizione a cui avrebbe partecipato il Fronte democratico. Lo scorso novembre, il procuratore montenegrino Milivoje Katnic, che ha preso in carico le indagini, disse che “il piano era di fermare il cammino euro-atlantico del Montenegro, e in particolare evitare l’ingresso del paese nella Nato”.
Tutti hanno pensato immediatamente a un coinvolgimento della Russia, che da anni, e con un’intensificazione maggiore negli ultimi mesi, cerca di sovvertire a suo favore i processi politici e i risultati elettorali dei paesi europei (e non solo), specie di quelli della sfera d’influenza ex sovietica. Il procuratore Katnic disse allora che tra gli organizzatori del coup c’erano “due nazionalisti russi”, ma che non c’erano ancora “prove che lo stato russo sia coinvolto in qualche modo”. Domenica sera, Katnic ha rivelato che mesi di indagini hanno trovato un collegamento diretto tra i cospiratori e la Russia: “Per ora abbiamo prove che non solo c’erano strutture nazionaliste russe (dietro al tentato coup), ma anche che parti dello stato russo erano coinvolte a un certo livello”, ha detto il procuratore ai media locali. Il principale organizzatore del coup, il nazionalista serbo Aleksandar Sindjelic, avrebbe confessato agli inquirenti di essere stato invitato a Mosca da Eduard Sismakov, vero nome di Eduard Shirakov, un attaché militare russo già espulso dalla Polonia per spionaggio. Sismakov avrebbe dato ai congiurati la missione di “evitare che il Montenegro entri nella Nato”. Se confermate, le accuse sarebbero la dimostrazione di un nuovo stadio del grande programma eversivo dell’ordine europeo operato dal Cremlino: non più con la propaganda, la disinformazione e la cyberguerra, ma anche con milizie armate. La Russia ha smentito Katnic con forza. Il portavoce del presidente Putin, Dmitri Peskov, ha definito le accuse assurde e irresponsabili. In precedenza anche il ministro degli Esteri Sergei Lavrov aveva detto che le accuse su un coinvolgimento russo in Montenegro non sono sostenute “nemmeno da un fatto”.