La Malaysia è di nuovo al centro di un gran caos internazionale
Per Seul l’assassinio di Kim Jong-nam è ufficialmente un “atto di terrorismo”. Schermaglie tra Kuala Lumpur e Pyongyang
Roma. “Un atto di terrorismo”. Così in una dichiarazione ufficiale diffusa ieri il presidente sudcoreano facente funzioni, Hwang Kyo-ahn, ha definito l’omicidio di Kim Jong-nam, avvenuto all’aeroporto di Kuala Lumpur il 13 febbraio scorso. Per l’intelligence di Seul e secondo le prime indagini delle autorità malaysiane, dietro la morte del fratellastro del leader nordcoreano ci sarebbe proprio Kim Jong-un. Ma è la prima volta che la Corea del sud parla esplicitamente di un atto di terrorismo, aggiungendo che Pyongyang “pagherà un caro prezzo” per questo. Intanto in Malaysia le indagini continuano.
I quattro nordcoreani che secondo le autorità malaysiane sarebbero coinvolti nell’omicidio – Rhi Ji Hyon, Hong Song Hac, O Jong Gil e Ri Jae Nam – subito dopo l’attacco a Kim Jong-nam sarebbero saliti su un volo per Giacarta. Dall’aeroporto della capitale indonesiana avrebbero viaggiato via Dubai fino a Vladivostok, una delle città russe al confine con la Corea del nord. Qui, due volte a settimana, partono i voli della Kyoro Airlines – la compagnia di bandiera nordcoreana che è sotto sanzioni da parte del dipartimento di stato americano – perché la città di confine è una roccaforte di nordcoreani che lavorano come braccianti e operai in Russia. Da Vladivostok i quattro sarebbero arrivati a Pyongyang. “Stiamo raccogliendo tutte le prove sul loro coinvolgimento e poi li prendiamo. Godiamo della cooperazione internazionale, in particolare dell’Interpol, e useremo tutte le nostre fonti per rintracciare queste persone”, ha detto ieri il viceispettore generale della polizia malaysiana, Tan Sri Noor Rashid Ibrahim, nella prima vera conferenza stampa da quando la Malaysia è tornata a essere al centro dell’interesse internazionale.
L’8 marzo del 2014 il volo Malaysia Airlines 370 che collegava Kuala Lumpur con Pechino sparì nel nulla, insieme con i suoi 239 passeggeri: le sue ricerche sono state sospese definitivamente poche settimane fa, senza che le autorità siano riuscite a spiegare la sorte dell’aereo. Quello dell’MH370 fu un enorme problema mediatico per la Malaysia – accusata di aver condotto le indagini male – ma anche diplomatico, visto che la maggior parte dei passeggeri era di nazionalità cinese. Il 17 luglio 2014, quattro mesi dopo il disastro dell’MH370, un altro volo di linea della Malaysia Airlines, l’MH17, che viaggiava da Amsterdam a Kuala Lumpur con 298 persone, venne abbattuto mentre sorvolava la zona orientale dell’Ucraina, occupata dai separatisti filo russi. Un anno dopo l’abbattimento, la Malaysia propose al Consiglio di sicurezza dell’Onu di creare un tribunale speciale per stabilire le responsabilità della tragedia, ma la Russia usò il suo veto per bloccare la richiesta. Adesso il nuovo nemico della Malaysia è la Corea del nord, con la quale fino a qualche settimana fa i rapporti erano piuttosto amichevoli.
Kim Jong-nam è morto durante il trasporto dall’aeroporto all’ospedale di Putrajaya, il più vicino all’enorme scalo di Kuala Lumpur. Qualche ora dopo la sua morte, l’ambasciatore nordcoreano in Malaysia, Kang Chol, si sarebbe presentato in ospedale reclamando la salma. Al rifiuto delle autorità malay l’ambasciatore aveva diffuso un comunicato: “Le analisti post-mortem non sono state autorizzate dalla Corea del nord e quindi non riconosceremo i risultati”. Per queste dichiarazioni, ieri Kuala Lumpur ha richiamato il suo ambasciatore a Pyongyang e il ministro degli Esteri ha convocato il delegato nordcoreano: “Il nostro governo prende molto seriamente ogni tentativo infondato di infangare la sua reputazione”, ha comunicato il ministro, spiegando che la procedura prevede che il corpo sia consegnato a un familiare, nella fattispecie al figlio di Kim Jong-nam, il ventiduenne Kim Han-sol. I medici legali malaysiani dovrebbero pubblicare i risultati dell’autopsia già domani. Il primo ministro della Malaysia, Najib Razak, ha rassicurato ieri la Corea del nord: “Saremo obiettivi”. Ma Najib gode dell’amicizia personale del presidente americano Donald Trump, e questo potrebbe essere un guaio per Kim Jong-un.