Il conformismo provocatore di Milo inciampa sulla pedofilia, cosa seria da non lasciare ai pedofili
Yiannopoulos e il politicamente corretto da abolire sulla pedofilia. Ma grossolani mai
Di Milo Yiannopoulos vale la pena parlare perché questa giovane bellezza americana, uno che stare nel cono d’ombra della vita manco a parlarne, uno che per il suo quarto d’ora e più di celebrità darebbe via la mamma, è caso tipico della “trasvalutazione di tutti i valori” (Umwertung aller Werte, la formula è del Nietzsche anticristiano, odiatore dell’umiltà e dell’emendazione dal peccato, e con l’argomento in questione c’entra poco, forse un poco). Fatto sta che l’infrazione del politicamente corretto, generosa battaglia libertaria e di buon senso conservatore, si trasvaluta in conformismo provocatorio nelle parole e azioni di questo semidandy che abita il demi monde della alt-right americana, gli amichetti di Steve Bannon, del gruppo Breitbart, quelli che gli piacerebbe essere allievi di Julius Evola e invece sono i maestri di Trump. Milo è sempre un caso, altrimenti non esisterebbe nemmeno. L’altro ieri era un caso perché a Berkeley, che è stata la capitale del free speech negli anni Sessanta, hanno fatto barricate non metaforiche, fuoco e fiamme in senso proprio, per impedirgli la libertà di parlare all’Università.
Ieri è ridiventato un caso perché Simon & Schuster, noto editore, ha preferito perdere 250 mila dollari di anticipo all’autore e 50 mila copie di un suo libro già prevendute su Amazon piuttosto di sputtanarsi pubblicandoglielo. Non basta, una associazione di conservatori lo ha pregato rudemente di astenersi dal prendere la parola, come era previsto, in un suo convegno, e perfino quei marpioni di Breitbart News, la Pravda dell’impostore, il suo Fattaccio quotidiano zeppo di fakes, sono incerti se togliergli il titolo sonoro di senior writer, signor editorialista autorevole. Milo si è lasciato scappare in un video, un selfie immoralista, che con i bambini di tredici anni si può tranquillamente andare a letto, sono in zona pubertà e quindi nessun problema, quella non è pedofilia. E siccome il conformismo provocatorio, conf. prov. come opposto simmetrico del pol. corr., non perdona, Yiannopoulos ha aggiunto che la questione del consenso è “arbitraria e repressiva” verso la libertà gay.
Ma non bastava ancora, e all’obiezione per lui bigotta sui preti infoiati di bambini ha risposto strafottente che è stato proprio un prete ad aiutarlo nello sviluppo della sua tecnica sessuale. Wow! Con tutte quelle catenine d’oro e le mèches, Milo si piace e intende disperatamente piacere, anche dispiacendo. Non è l’unico. Il mondo pullula di conformisti della provocazione che si compiacciono, e vogliono che gli altri si compiacciano, della loro apparente ribalderia. E’ gente che ha intuito quanto stiano sulle palle a un pubblico ormai vario e popolare ideologi e bacchettoni di varia tendenza: quelli che le donne sono tutte vittime (invece, come diceva Herzog, molte di loro “mangiano insalata e bevono sangue”), i froci sono tutti fidanzatini di Peynet, i maschi tutti molestatori o stupratori e i grandi della storia e della letteratura, da Shakespeare a Churchill per fare un esempio nell’anglosfera, tutti razzisti, “orientalisti” nel senso esecrato da Edward Saïd, colonialisti e naturalmente islamofobi e omofobi. Si sono accorti che c’è un mercato potenziale delle idee, e al posto delle idee critiche mettono le sparate offensive, al posto dell’ironia corrosiva il sarcasmo spaccatutto, al posto della libertà una licenza frettolosa, al posto del reale e del tradizionale il virtuale più o meno televisivo e più o meno sgangherato, insomma deturpano un mercato di cose belle, il politicamente scorretto, e lo riducono a un immondezzaio. Uno di loro lo hanno fatto presidente degli Stati Uniti.
La pedofilia è una cosa troppo seria per lasciarla in mano ai pedofili. Se la definisci in base all’anagrafe, ce n’è nella Bibbia e nel Corano, ce n’è nella cultura greca e latina, ce n’è nella vita monastica medievale, nella Firenze del Rinascimento, nella modernità e contemporaneità: Lolita aveva tredici anni fictional, e Nabokov è un grande scrittore del Novecento che ha incantato un pubblico perfino troppo vasto, e come abbiamo già scritto qui è triste censurare Balthus per le sue modelle sensuali e bambine o dannare la memoria di Salinger e Charlot per l’amore assai precoce e quanto duraturo dedicato a Oona O’Neill a partire dai sedici e dai diciassette anni. Sessuologi e psichiatri regolarmente falliscono i loro stessi scopi scientifici. La mistica del padre e quella del bambino fanno della chiesa, tribuna di vangelo, il luogo di un dramma infinito che un sociologo francese non stupido (ossimoro) ha definito il “sacro incestuoso”. Insomma, sono cazzi, per così dire. Si vorrebbe qui cancellare il politicamente corretto, rispettare leggi che stabiliscono limiti chiari (magari senza dare trent’anni di galera alla maestra dell’Utah mormone che ha amato un paio di allievi minorenni, e quarant’anni di proscrizione aggressiva e persecuzione in giudizio a Roman Polanski), e intanto variamente pensare l’avventura invariabilmente perversa dell’amore, ma con qualche nuance, qualche sfumatura intellettuale non eufemistica ma mai grossolana.