Theresa May apre una strada per rispondere ai populismi
Incamminarsi verso la riforma della globalizzazione senza cedere al nazionalismo. Una proposta
Milano. Idee per battere i populismi: i liberali si stanno tormentando su questo tema, la gloriosa formula degli anni Novanta, big tent di riforme e libero mercato, è ormai logora, ma tra choc finanziari, choc migratori e choc terroristici non si è trovato il modo di modernizzarla. Intanto la strada tra il nazionalismo e la globalizzazione s’è fatta più stretta ed elettoralmente pericolosissima, soprattutto dopo la vittoria di Donald Trump in America e il “surge” permanente di partiti e movimenti antiliberali e antisistema sul continente europeo. Lo Spectator in edicola oggi dice che questa terza via tra populismo e cosiddetto uberliberalismo esiste, e che c’è anche un leader, non giovanissimo – sessant’anni – ma nuovo, che sa come sopravvivere in questa strada stretta. Si tratta, secondo il magazine conservatore, di Theresa May, premier britannico, che intercetta e interpreta la retorica dei “dimenticati”, avendola sempre utilizzata anche quando il mantra cameroniano che l’ha preceduta la ignorava, ma ribadisce che il mondo aperto, la globalizzazione, è imprescindibile per garantire prosperità e pace.
L’autore dell’articolo, James Forsyth, capo della redazione politica del magazine, spiega al Foglio che “l’idea di questo numero è nata durante una discussione in redazione sui politici che potremmo definire più nazionalisti, come Donald Trump e Marine Le Pen, e di quelli più votati al globalismo come Hillary Clinton ed Emmanuel Macron. Interessante è l’approccio di Theresa May che sta cercando di forgiare un nuovo corso, una terza via tra questi due binari. Il suo è un approccio nazionalistico nel mondo libero, affinché la Brexit sia un successo per la Gran Bretagna”. Lo slancio dello Spectator è determinato dal suo approccio liberale alla questione Brexit, che è quello sposato anche dalla May: restare aperti al mondo, senza perdere di vista le sofferenze che questa apertura porta a molti cittadini.
Per questo nella proposta di “terza via” di stampo conservatore – il riferimento culturale, anche in molti discorsi della May, è Edmund Burke – non può comparire uno come Tony Blair, che nella strada stretta ha provato a incamminarsi, ma tenendosi aperta la possibilità che la Brexit poi non avvenga sul serio: cambiare idea si può, ripete l’ex premier laburista, scatenando reazioni brutali da parte del governo. Il problema di chi cerca alternative politiche al populismo – una volta avremmo parlato di “moderati”, ma è un termine che oggi implica un non so che di debolezza – è intercettare l’insofferenza elettorale per poi convogliarla in una proposta concreta. Molti in realtà stanno rispondendo a un certo tipo di populismo nazionalista con un’alternativa altrettanto populista: molte sinistre in Europa si stanno posizionando in questo modo – nel Regno Unito c’è Jeremy Corbyn a guidare il Labour non per caso – ma non risultano particolarmente efficaci. Forsyth spiega che “diversamente dai populisti, la May cerca di agire come un politico: ascolta i problemi e prova a dare risposte affinché il paese, come ripete spesso, funzioni per tutti. Questo il populismo non lo fa: provoca ma non offre risposte ai problemi delle persone.
Theresa May sta cercando una via sostanzialmente per non buttare via il bambino con l’acqua sporca”. Ecco perché nell’elenco di chi prova a dare un’idea alternativa al populismo, non compare secondo lo Spectator nemmeno la cancelliera tedesca Angela Merkel, che in questo momento è considerata la custode dei valori liberali d’Europa. “Non penso che la Merkel stia promuovendo un approccio simile – spiega Forsyth – Lei si è posta a difesa di un ordine esistente, è sufficiente notare come ha reagito alle provocazioni di Donald Trump. Theresa May, al contrario, sta cercando un nuovo approccio che possa far coesistere globalismo e nazionalismo”. Il premier inglese ha detto in un’intervista che per i conservatori vale da molti anni una regola: “Se hai a cuore una cosa, se la vuoi preservare, arriva un momento in cui devi essere pronto a riformarla, e a cambiarla”. La globalizzazione, l’afflato liberale, devono essere riformati, adattati a questo tempo, in cui l’interesse nazionale vuole sentirsi coccolato. Come ancora non si sa. Paola Peduzzi
(ha collaborato Gabriele Carrer)
l'editoriale dell'elefantino
C'è speranza in America se anche i conservatori vanno contro Trump
tra debito e crescita