Dietro le quinte della surreale visita dei parlamentari grillini a Caracas
“Vi hanno rapito un famigliare? Ma noi in Italia abbiamo Renzi!”
Caracas. Sono certi di vincere alle prossime elezioni e per questo vogliono farsi conoscere anche fra gli italiani all’estero. Così una delegazione di parlamentari grillini è sbarcata pochi giorni fa a Caracas, in arrivo dall’Argentina. I fantastici tre della delegazione sono Manlio Di Stefano, capogruppo alla commissione Affari esteri della Camera, Ornella Bertorotta, capogruppo alla commissione Affari esteri del Senato, e Vito Petrocelli, vicepresidente del Comitato italiani all’estero. L’incontro, domenica scorsa, era previsto al Centro italiano venezuelano di Caracas, ma all’ultimo momento è stata preferita l’intimità della residenza dell’ambasciatore Silvio Mignano.
Le presentazioni non sono facili. I grillini sono riottosi alla presenza di giornalisti, la stampa non è la benvenuta. Di Stefano sgrana la consueta giaculatoria dei temi a cinque stelle: onestà, piattaforma Rousseau, democrazia dal basso, decurtazione degli stipendi. Di tutto questo ai nostri connazionali in loco interessa poco. Loro vogliono risposte. I grillini a gennaio hanno votato contro la mozione di Pier Ferdinando Casini che inchiodava alle proprie responsabilità il regime venezuelano e i chavisti. Questi ultimi, alla disperata ricerca di una sponda italiana, hanno quindi invitato una delegazione dei partiti considerati “amici”.
Nella residenza dell’ambasciatore, gli interventi degli italo-venezuelani spezzano il ritmo dell’arringa grillina. Uno di loro critica il voto dei Cinque stelle in Parlamento e poi dice: “Spero che non andiate a raccontare fuori quello che diciamo qui dentro, perché altrimenti la pagheremo tutti. Credo sia abbastanza ingenuo pensare di poter discutere con un regime fascista come quello venezuelano”. Apriti cielo. In coro i grillini s’inalberano. “Siamo deputati e senatori della Repubblica, ma quale ingenuità? Noi con i venezuelani vogliamo discutere e abbiamo votato contro il documento Casini perché prevedeva l’ingerenza di un paese straniero nei fatti del Venezuela”. La platea inizia a rumoreggiare.
Un altro italo-venezuelano incalza: “Noi abbiamo paura, voi forse non sapete come si vive qui. Per favore – dice rivolgendosi alla platea – alzi la mano chi è stato sequestrato o ha avuto l’esperienza di un famigliare rapito”. Una selva di mani si solleva, quasi tutti i presenti.
Dopo il giro di domande prende la parola Ornella Bertorotta. Come se non avesse ascoltato le suppliche dei concittadini che l’hanno preceduta esclama: “Insomma, pensate che anche in Italia si sta male, ci sono tanti giovani senza lavoro a causa delle scriteriate politiche del governo Renzi, abbiate un po’ di empatia. E diciamo che ci sono anche cose buone in Venezuela come il programma di musica nelle scuole”. Chi scrive nota attorno a sé le mascelle del pubblico che cadono. Tacciono anche gli uccelli del giardino antistante. Alla richiesta su cosa fare per soccorrere i tanti detentori di passaporto italiano, soprattutto anziani, che non hanno i mezzi per rientrare in Italia ed essere aiutati (senza avere la qualifica di profugo), l’ottima Bertorotta esclama che “sono in atto discussioni con il ministero venezuelano dedicato”. Viene da sorridere pensando che la moneta locale non vale più niente e che Caracas non è in grado di pagare le pensioni perché le casse dello stato sono vuote, l’inflazione divora i risparmi e se siete pagati in bolivares (la moneta locale) vuol dire che avete la casa piena di carta straccia. Se avete bisogno di medicine è meglio che investiate il poco denaro che avete per comprarvi una bara.
Quella con la comunità è stata una delle prime attività dei Cinque stelle che sono giunti in Venezuela anche per partecipare alle manifestazioni ufficiali per la commemorazione della morte del presidente Chávez, ma la gravità di questo gesto, alla delegazione grillina, sfugge.
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