Podemos ha un piano di delegittimazione della stampa come Trump e Grillo
Le denunce dei giornalisti di Madrid e le minacce dei dirigenti del partito: “Se scrivi ti distruggo”.
Roma. Tutti i populismi sono uguali, anche quelli che fingono di essere differenti. Pablo Iglesias, leader di Podemos, il partito populista dell’ultrasinistra in Spagna, suole distanziare se stesso e i suoi dall’ondata populista tendenzialmente di destra che ha travolto l’Europa: noi siamo europeisti e sinceramente democratici, non abbiamo niente da spartire con i Trump e i Wilders, dice Iglesias. Ma se i programmi cambiano, le pratiche e le tendenze illiberali rimangono le stesse. Questa settimana un gruppo di dieci giornalisti spagnoli, sostenuto dall’Associazione della stampa di Madrid, ha denunciato pubblicamente le “intimidazioni e le minacce” di Podemos nei confronti della stampa. I giornalisti hanno accusato Podemos di portare avanti una campagna di “molestia personale” nei loro confronti, e quando il País, che si è occupato in particolar modo della vicenda, ha intervistato questi e altri giornalisti che hanno a che vedere tutti i giorni con il sistema di comunicazione di Podemos, il quadro che ne è risultato è stato famigliare in modo inquietante. “Tutte le professioni hanno le loro difficoltà, ma per scrivere di Podemos devi essere un eroe tutti i giorni”, ha detto un giornalista.
Il primo livello dei rapporti tra la stampa e Podemos è la minaccia. “Se scrivi questo ti distruggo”, dicono i dirigenti di Podemos ai giornalisti. Il grado di intimidazione e bullismo è continuo, ed è diametralmente opposto al volto aperto che la formazione populista ha offerto di sé in questi anni. Il secondo livello è l’insulto. “Sei stupido”, “non si può spremere sangue da una rapa”, scrivono i dirigenti del partito ai giornalisti. Il terzo livello, ovviamente, sono i troll via internet. Basta un tweet negativo e i troll pro Podemos si avventano sulla preda come un branco di squali, lanciando insulti, minacce, emoticon che raffigurano una pistola – un fenomeno che chiunque in Italia abbia avuto a che fare con la violenza grillina in rete conosce bene.
Il rapporto tra Podemos e la stampa è sempre stato turbolento. Negli anni, Pablo Iglesias e i suoi hanno criticato la stampa anche duramente. L’anno scorso, in una famosa conferenza stampa, accusò i giornalisti di scrivere menzogne, e i canali social di Podemos segnalano i giornalisti non allineati con l’hashtag #lamaquinadelfango. Ma l’attacco sistematico ai media, iniziato in maniera organizzata centralmente a partire dal 2016, ha l’obiettivo più ampio di togliere legittimità alla stampa. Chi scrive contro Podemos non è un professionista che esprime la sua libertà di dissentire, è un pennivendolo, per usare una terminologia conosciuta in Italia. Podemos ha risposto alle critiche condannando le azioni dei troll via internet e dicendo che il partito “difende la libertà di espressione, non la libertà di diffamazione”, e il distinguo è eloquente. Ma il playbook a cui si attiene Iglesias è a metà tra quello della Casaleggio associati e quello di Donald Trump. Tutti i populismi, nelle loro espressioni illiberali, si somigliano.
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