Il sultano alla guerra dei tulipani
Giornalisti olandesi arrestati, giornalisti turchi minacciati, consoli-spie, boicottaggio di aziende, 250 moschee sotto controllo, attacchi ai dissidenti. Così Erdogan ha esportato il suo autoritarismo islamico in Olanda
Roma. Il comune di Amsterdam innescò un braccio di ferro con i turchi della Milli Görüs sull’altezza di un minareto. I turchi lo volevano alto 42 metri, gli olandesi non erano disposti a salire oltre 34. Il compromesso fu trovato a 40. Milli Görüs è stata fondata dall’ex premier turco Necmettin Erbakan, revanscista e islamista, e costituisce uno dei bastioni del potere del presidente Recep Tayyip Erdogan. È una delle “lunghe braccia”, come le definisce un rapporto del Center for Freedom di Stoccolma, con cui la Turchia agisce in Olanda. Le autorità di Ankara controllano la metà delle 500 moschee dei Paesi Bassi.
Nelle ultime ore, la “guerra” fra la Turchia e l’Olanda è precipitata attorno ai ministri di Ankara cui è stato impedito di tenere i comizi elettorali. È il culmine di un anno di tensioni. “La stragrande maggioranza della comunità turca nei Paesi Bassi è composta da simpatizzanti di Erdogan pronti a ricorrere a qualsiasi metodo, compresa la violenza”, si legge nel rapporto svedese. “Pestaggi nei cortili delle moschee, liste di persone ‘proibite’ sulle porte delle moschee, boicottaggio di attività, attacchi a scuole e centri di formazione con pietre e bottiglie molotov”.
Erdogan ha cercato di intimidire la libertà di espressione dei giornalisti olandesi. Ha ordinato l’arresto di Ebru Umar, giornalista turco-olandese che lo ha irriso su Twitter. Poi ha cercato di intentare causa al De Telegraaf, che ha pubblicato una vignetta che ritraeva Erdogan come una scimmia che schiaccia la libertà di parola. E i legali di Erdogan hanno cercato di far processare il comico Hans Teeuwen, amico del regista Theo van Gogh, che in radio ha deriso “il sultano”. Janny Groen del quotidiano olandese De Volkskrant riferisce che gli avversari turchi di Erdogan nei Paesi Bassi sono intimiditi: “Aleviti, curdi, turchi, laici e seguaci di Fethullah Gülen”. Il movimento gulenista Hizmet, accusato da Erdogan di essere dietro al fallito golpe, è finito sotto attacco in Olanda. A Eindhoven, un centro educativo è stato preso a sassate. Bottiglie molotov sono state lanciate contro una fondazione turca ad Apeldoorn. L’imam Necmi Kaya, da trent’anni nella città olandese di Haarlem, è stato quasi linciato durante una visita alla moschea olandese Selimiye, sotto il controllo del ministero turco degli Affari religiosi. Giornalisti del gruppo Zaman Vandaag, avversi a Erdogan, sono chiamati “agenti della Cia” e minacciati. A cominciare dal direttore, Mehmet Cerit, che ha chiesto protezione alla polizia olandese. Un noto imam turco, Halil Celik, su Cerit ha dichiarato di essere pronto a “morire” per l’islam, ma anche a “uccidere”. E poi appelli a boicottare le aziende turche in Olanda dei critici di Erdogan.
Il dipartimento di polizia di Rotterdam ha dovuto creare una unità ad hoc per seguire i casi seguiti al fallito golpe. Mustafa Ayranci, a capo del sindacato dei lavoratori turchi in Olanda, ha detto: “La gente ha paura, come in una tirannia. ‘Chi mi denuncerà?’, si chiede”. C’è stato lo scandalo del console turco a Rotterdam, Sadin Ayyildiz, che invitava i turchi olandesi a fare i nomi dei critici di Erdogan. Due giorni dopo, un turco proprietario di una azienda, Ali Ekrem Kaynak, è stato pestato ad Amsterdam, perché in odore di simpatie guleniste. A dicembre si è scoperto che il capo degli affari religiosi dell’ambasciata turca all’Aia, Yusuf Acar, spiava per conto di Erdogan. 145 moschee turche nei Paesi Bassi erano state interdette a numerosi cittadini turchi. L’ufficiale turco aveva anche stilato liste di politici olandesi: il Partito cristiano-democratico, ad esempio, era tacciato di essere un “bastione gulenista”.