Aung San Suu Kyi riceve il premio Nobel per la Pace a Oslo (foto LaPresse)

La maledizione dei premi Nobel per la Pace

Maurizio Stefanini

Da Juan Manuel Santos a Aung San Suu Kyi, passando per Obama, Liu Xiaobao, Willy Brandt e altri, fino all'Ue. Tra scandali, indagini e omicidi il riconoscimento di Oslo sembra più una condanna

Così come gli egittologi temono la “maledizione di Tutankhamon” c’è da chiedersi se anche sui Nobel per la Pace penda una “maledizione di Oslo”. Juan Manuel Santos, presidente della Colombia, ha ricevuto l’ultimo Nobel per la Pace. Aung San Suu Kyi fu Premio Nobel per la Pace nel 1991, ma solo a un quarto di secolo di distanza la sua lotta per la democrazia è stata infine premiata. Certo, lei non è potuta diventare presidente, per via di una disposizione costituzionale pensata apposta contro di lei che esclude dalla carica i coniugi e genitori di cittadini stranieri. Ma comunque l’hanno indennizzata con una carica di consigliere di Stato che in pratica equivale a primo ministro, oltre che con il ministero degli Esteri e con quello dell’Ufficio del presidente. In contemporanea il prestigio di entrambi sta subendo colpi durissimi. Santos ha ora ammesso che la sua campagna elettorale del 2010 aveva ricevuto un finanziamento illegale dal colosso delle costruzione brasiliano Odebrecht. “Non lo sapevo, non l'ho autorizzato e chiedo scusa”, dice. L'ammissione peraltro riguarda una fattura per la realizzazione di due milioni di locandine, mentre l'accusa è relativa a  un milione di dollari che gli sarebbero stati girati dall’ex congressista Otto Bula su una mazzetta di 4,6 milioni ricevuti in cambio di un appalto. La Odebrecht, dopo essere stata al centro della Tangentopoli brasiliana, è ora accusata di aver versato tangenti in almeno un’altra dozzina di paesi dell’America Latina e anche dell’Africa. Quanto a Aung Sang Suu Kyi, dopo i rimproveri di Amnesty International alla ex prigioniera di opinione che aveva adottato e per cui aveva lanciato diverse campagne, dopo che l’Onu l'ha tacciata di genocida per la storia della minoranza islamica Rohingya, adesso è stata tacciata di avere coperto l'uccisione di Ko Ni. Avvocato musulmano, costituzionalista di primo piano e consulente di quella Lega nazionale per la democrazia (Nld) di cui è leader la stessa Aung San Suu Kyi, Ko Ni è stato ucciso il 27 gennaio all’aeroporto di Yangon, per motivi rimasti misteriosi.  Secondo quanto afferma ora un suo stretto collaboratore, aveva trovato una “scappatoia” per abolire la Costituzione voluta dai militari attraverso un semplice voto di maggioranza. La morte sarebbe stata un segnale dell’esercito a chi opera per una riforma e per creare un “clima di paura” all’interno della Nld.

 

  

Purtroppo, non è che la maledizione di Oslo si sia abbattuta solo su di loro e tutto sommato, il peggio non sono neanche le polemiche su Barack Obama. Il primo presidente nero degli Stati Uniti, dopo essere stato nel 2009 insignito sulla stima, ha fatto la quota minima di guerre che ogni inquilino della Casa Bianca ha quasi il dovere sindacale di fare. Nel 2012, poi, fu premiata l’Unione europea: e subito dopo si avvitò nell’incubo di cui la Brexit è stato il culmine, ma che non accenna ancora a finire. Nel 2011 furono premiate le liberiane Ellen Johnson Sirleaf e Leymah Gbowee, assieme alla yemenita Tawakkul Karman: la prima si è poi pronunciata in favore della pena di morte e contro i gay, mentre lo Yemen è sconvolto da una guerra civile con una quantità di interventi esterni. Nel 2010 il Premio andò al cinese Liu Xiaobao, che sta ancora in carcere. Nel 1989 al Dalai Lama, che sta ancora in esilio.

 

Martin Luther King, Sadat e Rabin dopo aver ricevuto il Nobel sono stati assassinati. Willy Brandt fu costretto a lasciare la carica di cancelliere per uno scandalo spionistico. Kissinger vide il suo principale travolto dal Watergate. Gorbaciov fu rimosso da un golpe. Arafat è morto in circostanze più o meno strane e la sua vedova è stata accusata di appropriazione indebita. Al Gore fu premiato nel 2007 per un documentario in cui predicava il risparmio energetico, e subito dopo saltò fuori che in casa consuma più elettricità lui in un mese che una famiglia americana media in un anno. Lech Wałęsa, Nobel per la Pace 1983, dopo essere uscito dalla scena politica polacca, è ora accusato di essere stato un informatore dei servizi segreti comunisti.

 

Anche José Ramos-Horta, Nobel del 1997, dopo essere stato primo ministro e presidente di Timor Est è uscito di scena per sconfitta elettorale. La leader maya Rigoberta Menchú, Nobel per la Pace nel 1992, presidente del Guatemala non lo è mai diventata, battuta per due volte con risultati infimi. In compenso è diventata presidente di una società farmaceutica che l’ha trascinata in uno scandalo di malasanità ed è pure  saltato fuori che il libro di memorie che l’aveva resa famosa era infarcito di bugie. Mentre Mohammed Yunus, profeta del microcredito Nobel per la Pace nel 2006, fu accusato di appropriazione indebita e allontanato dalla sua  Grameen Bank.