Ungheria, una sezione del muro contro i migranti (foto LaPresse)

Sulle quote dei migranti e la solidarietà europea lo spirito di Roma è già finito

Enrico Cicchetti

Dal mini-vertice di Varsavia i quattro paesi del Gruppo Visegraad attaccano: "No al ricatto dell'Ue" sulla ricollocazione dei profughi. E mentre in Ungheria entra in vigore la controversa legge che ne prevede la detenzione, continua il braccio di ferro tra Vienna e Unione

Il banchetto tra gli déi dell’Europa è appena terminato e già sulla tavola viene lanciato il pomo della discordia. La novella Eris ha le sembianze dei paesi del quartetto di Visegraad – Polonia, Ungheria, Repubblica Ceca e Slovacchia – che a pochi giorni dal vertice straordinario dell'Unione europea a Roma ribadiscono di volere rinunciare all’impegno preso da tutti gli stati membri e di non volere accogliere nuovi migranti secondo il sistema delle quote. Da Varsavia, dove partecipano al Congresso degli innovatori, i rappresentanti dei "V4" denunciano il "ricatto e il diktat" dell'Ue sui migranti e accusano Bruxelles di legare la politica migratoria a quella finanziaria, riducendo gli aiuti a chi non accoglie i profughi. I capi dei governi presenti al mini-vertice, che rifiutano da sempre le quote di ripartizione dei migranti tra stati membri, hanno chiesto poi "che la Brexit avvenga in modo ordinato e senza mettere a rischio gli interessi degli altri paesi”, e che la loro voce abbia più peso nell'Ue.

  

"Come gruppo Visegraad, non possiamo lasciarci intimidire", ha detto il premier ungherese Viktor Orbán in una conferenza stampa con i colleghi Bohuslav Sobotka (Repubblica Ceca), Robert Fico (Slovacchia) e Beata Szydło (Polonia), proprio nel giorno in cui in Ungheria è entrata in vigore la legge che prevede la detenzione sistematica di tutti i migranti e i rifugiati in attesa che sia valutata la loro posizione. Secondo le nuove norme, tutti i profughi che entrano nel paese, insieme a quelli già presenti, saranno trasferiti in due centri di detenzione allestiti nelle "zone di transito" alle frontiere con Serbia e Croazia, dove saranno trattenuti in attesa dell'esame della domanda di asilo.

La legge, approvata agli inizi di marzo e fortemente voluta da Orbán, si applica a tutti i rifugiati e i migranti, compresi i minori di 14 anni. Preoccupato l'Alto commissariato Onu per i rifugiati (Unhcr), secondo il quale le nuove misure violano le convenzioni internazionali sui rifugiati. "Lo scopo – ha spiegato invece György Bakondi, consigliere del premier ungherese – è quello di impedire spostamenti attraverso il paese o verso altri paesi Ue prima che la posizione di ciascuno sia chiarita, al fine di ridurre i rischi per la sicurezza". Il primo ministro di Budapest ha puntualizzato inoltre che i migranti non saranno "rinchiusi" nei container ai confini: potranno lasciarli in qualunque momento e transitare attraverso un ingresso aperto verso il territorio serbo. L’Ungheria è stato il primo paese, nell'estate 2015, a costruire un “muro anti-immigrati”, una doppia barriera difensiva lungo tutta la frontiera serba con sensori elettronici, filo spinato e guardie armate.

Ungheria, il raddoppio del muro anti-migranti al confine con la Serbia (LaPresse)


Oggi, il commissario europeo per le migrazioni, Dimitris Avramopoulos, in visita nella capitale ungherese, ha rivolto un appello al rispetto dei principi europei, che prevedono di "fornire a quanti ne abbiano bisogno aiuti che siano umani, degni e rispettosi". Anche da Vienna continuano le polemiche, dopo che ieri il ministro dell'Interno aveva annunciato la marcia indietro per rispettare le regole sulla ridistribuzione dei rifugiati. Il cancelliere austriaco Christian Kern, a margine di una seduta del consiglio dei ministri, ha annunciato l’intenzione di interpellare Bruxelles: l'Austria chiede "comprensione" sulla sua volontà di disapplicare il piano di ricollocamento dei migranti. Kern ha dichiarato che a breve sarà scritta una lettera alle autorità europee. L’Austria sostiene che il piano di redistribuzione di 160 mila richiedenti asilo giunti in Italia e in Grecia dal settembre 2015 – quasi duemila dovrebbero andare in Austria – sarà disatteso perché Vienna ha già accolto quasi lo stesso numero di migranti, giunti illegalmente nel paese. Per la Commissione europea invece nessuno dei quasi 27 mila migranti finora ricollocati è stato accolto in Austria. "Nessun paese" dell'Unione europea, "può decidere di ritirarsi unilateralmente dalle decisioni del Consiglio; può decidere di agire al di fuori della legge, cosa che troveremmo profondamente spiacevole e non priva di conseguenze”, ha ribadito la portavoce della Commissione europea per le politiche migratorie Natasha Bertaud.



"È vero - prosegue la portavoce - che l'Austria aveva già accolto un numero molto grande di rifugiati negli anni precedenti e che in ragione di questo aveva beneficiato di un'esenzione temporanea dalle decisioni sui ricollocamenti. Ma l'esenzione è scaduta, ora ci aspettiamo che l'Austria rispetti il suo obbligo, a norma delle decisioni del Consiglio, di iniziare con i ricollocamenti".