Donald Trump (foto LaPresse)

Le contorsioni di Trump per spacciare una débâcle per un'astuzia

L'abolizione dell'Obamacare è saltata per inettitudine, la Casa Bianca la vende come una manovra per fiaccare Ryan & Co.

New York. Peggio di uno spettacolare fallimento c’è soltanto un fallimento confezionato e rivenduto al pubblico come un gran successo. Donald Trump è uomo di affari e pubblicità, di negoziati e marketing, e poiché la sua prima grande trattativa legislativa, l’abolizione dell’Obamacare, è finita venerdì in modo disastroso, ora usa l’arte del branding per spacciare la sconfitta per una raffinatissima manovra politica. Gli spin doctor della Casa Bianca, a partire dal consigliere supremo, Steve Bannon, fanno sapere che forzare un voto sull’American Health Care Act senza avere i numeri per approvarlo è stato un modo per far ricadere le colpe innanzitutto sullo speaker della Camera, Paul Ryan, e in seconda battuta sul Freedom Caucus, il gruppo degli intransigenti che si è messo di traverso al disegno di legge. Entrambe le fazioni sono considerate parte dello stesso establishment, e ora la voce messa in giro dalla West Wing è che Bannon stesse segretamente sabotando la controriforma sanitaria mentre a parole la magnificava come un grande passo per l’avanzamento dell’agenda di Trump. Voleva danneggiare Ryan, “incarnazione dell’élite corporativo-globalista” che l’autoproclamato decostruttore dello stato amministrativo considera il nemico supremo, e secondo questo contorto spin della Casa Bianca il ritiro del disegno di legge dopo che il presidente aveva fatto personalmente decine di telefonate per fissare un voto è in realtà una grande vittoria interna. Trump avrebbe usato la guerra all’Obamacare per lanciare una bomba nel campo repubblicano, con lo scopo di frammentare le correnti e spezzare i personalismi, facendo capire così che la lealtà incondizionata al presidente è l’unico atteggiamento ammesso.

 

Per sottolineare il messaggio ha mandato il capo di gabinetto, Reince Priebus, in televisione a tendere una mano ai democratici, spiegano che Trump “non è un presidente partisan”, e sarebbe ben lieto di lavorare con il leader dei senatori, Chuck Schumer, che chiama il “capo dei clown”, per fare accordi laddove i repubblicani rifiutano di collaborare. “Penso sia il momento di convincere anche alcuni democratici moderati a stare con noi”, ha detto Priebus. Il disegno di legge sulle infrastrutture, di spirito keynesiano, potrebbe essere il primo banco di prova della politica della mano tesa a cui lo stesso Trump ha fatto indirettamente riferimento quando, via Twitter, se l’è presa con la Heritage Foundation e il Club for Growth, associazioni della galassia conservatrice ostile alla riforma troppo moderata dell’Obamacare. Un altro indizio proverrebbe dall’invito, sempre cinguettato da Trump, a seguire la trasmissione di Jeanine Pirro su Fox News dove questa ha difeso il presidente e ha chiesto le dimissioni di Ryan. “Una coincidenza”, ha detto la Casa Bianca.

 

Secondo questa versione dei fatti, che presenta una debacle grottesca come un’astuzia di palazzo, anche la posizione di Priebus, storico sodale di Ryan, vacilla. Tara Palmeri del quotidiano Politico ha riportato fonti della Casa Bianca secondo cui Trump sarebbe già alla ricerca di un nuovo chief of staff. Risposta della Casa Bianca: la giornalista è “un’idiota senza vere fonti”, ha detto il portavoce, Sean Spicer, e qualcuno ha notato che ci mette più vigore nel difendere il suo ex capo quand’era portavoce del Partito repubblicano che nel proteggere quello attuale. Per afferrare la debolezza di Priebus basta notare che Trump tiene aperto un canale di comunicazione informale gestito da una sua vecchia assistente personale, e le conoscenze più strette possono così aggirare l’autorità del capo di gabinetto. Non era necessario un controintuitivo sabotaggio di una legge su cui Trump ha investito capitali politici enormi soltanto per fiaccare l’opposizione interna e regolare qualche conto con i repubblicani infedeli.

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