Brexit, Italia, islam e protezionismo. Parla il premier maltese Muscat
Il presidente di turno del Consiglio Ue non ha dubbi: "La Brexit non sarà soft. I populisti si battono con il realismo"
Joseph Muscat è il primo ministro di Malta, è il più giovane capo di governo dell’Unione europea (classe 1974), dal primo gennaio del 2017 occupa la presidenza di turno del Consiglio dell’Ue, guida uno dei paesi più in salute d’Europa (nel 2017 il prodotto interno lordo di Malta crescerà più del doppio della Zona Euro, 3,7, contro 1,6, e la sua disoccupazione è arrivata a essere la metà sempre della zona euro, 4,9 contro 9,6) e ha una caratteristica ormai rara all’interno dell’Unione Europea: vincente di sinistra, vocazione ottimista, istinto non protezionista e contemporaneamente capo sia del partito di maggioranza del governo sia del governo (eresia!).
Da presidente di turno del Consiglio dell’Ue, Muscat, insieme con il presidente del Consiglio europeo Donald Tusk e al capo negoziatore Michel Barnier, sta seguendo l’iter di separazione della Gran Bretagna dall’Unione europea: nelle ultime ore ha più volte ribadito che “anche se non sarà una guerra, il negoziato sarà molto duro”, ma a colloquio con il Foglio il premier maltese aggiunge qualche dettaglio in più. Si parte dalla Brexit, si passa dall’Italia e si arriva poi al succo della grande battaglia politica e culturale in corso in questi anni: la sfida tra apertura e chiusura. “Nonostante quello che si dice in giro – dice Muscat – tra i 27 dell’Unione europea c’è grande unità e tutti noi cercheremo di dimostrare che mai come oggi gli interessi nazionali coincidono con gli interessi europei. Vedo che in Europa diversi opinionisti sostengono che alla fine la Brexit sarà più morbida di quello che si crede e che ciò che oggi viene descritto come ‘hard’ diventerà ‘soft’. Non credo che andrà così e posso dire quello che vedo oggi: ci sarà sicuramente un negoziato e in questo negoziato non ci sarà nulla che concederà molti vantaggi a chi ha scelto di lasciare l’Unione europea. Non è una questione ideologica, è una questione di realismo politico”.
Brexit a parte, il 2017 sarà un anno importante per l’Unione e attraverso il risultato delle elezioni francesi e tedesche riusciremo a capire se in Europa il protezionismo e il sovranismo riusciranno davvero a far breccia. Chiediamo a Muscat una previsione sui prossimi mesi. “Non ci sono molti dubbi: gli elettori sono stufi del vecchio sistema politico e chiedono sempre un cambiamento ma allo stesso tempo i risultati di Austria e Olanda ci dicono che c’è sempre una maggiore consapevolezza sui limiti che hanno i partiti che non propongono alternative vere e che si fanno riconoscere solo per essere sempre contro. La vittoria di Rutte in Olanda e la sconfitta del presidente di estrema destra in Austria sono emblematici ma non sono sufficienti per cantare vittoria. Così come non sarebbero sufficienti per cantare vittoria neppure le possibili sconfitte dei movimenti antisistema in Francia e in Germania: non si tratterebbe di un pericolo scampato ma si tratterebbe solo di maggiore tempo concesso ai partiti mainstream per rinnovarsi davvero. Io mi trovo distante anni luce dai partiti populisti ma devo riconoscere che in alcuni casi i leader antisistema riescono a intercettare meglio dei politici mainstream le domande che arrivano dai nostri elettori. I politici populisti danno poi risposte sbagliate e il compito dei moderati e dei progressisti è questo, oggi: non sottovalutare le paure degli elettori, rispondendo però a queste paure con progetti non demagogici. Deve essere la protezione dei nostri cittadini, e non il protezionismo, la priorità dei governi europei. E per proteggere i nostri cittadini occorre non chiudere i mercati ma aprirli sempre di più”. Il modello Malta, continua Muscat, non è certo esportabile in giro per l’Europa ma può offrire qualche spunto di riflessione utile per chi sogna di rispondere ai populismi senza rifugiarsi nel sovranismo.
“Noi non ci sentiamo di dare lezioni a nessuno ma cerchiamo solo nel nostro piccolo di favorire quello che serve oggi alle democrazie moderne: una politica economica che non teme l’innovazione. I nostri risultati parlano da soli: il più alto tasso di occupazione in Europa, tra le crescite più alte, e un attivo in bilancio per la prima volta in una generazione. La nostra cultura ci insegna che dobbiamo lavorare sodo per campare, e in modo sempre più produttivo, ed è questo che stiamo facendo”. In tutta Europa, facciamo notare a Muscat, c’è un dato sorprendente che non può essere sottovalutato: è vero che i partiti antisistema non decollano ma è anche vero che quasi ovunque le sinistre stanno perdendo.
Perché in Europa è tornato a essere il centrodestra la vera alternativa al populismo antisistema? “Per me – dice Muscat – il punto vero è la competenza economica ed è evidente che se i partiti di sinistra lasciano alla destra il tema dell’apertura dei mercati, della lotta al protezionismo, della difesa della globalizzazione, del taglio delle tasse, dell’internazionalizzazione dei mercati, c’è un problema, ed è comprensibile che gli elettori puniscano chi non capisce l’abc della politica economica di oggi. Io credo che ci possa essere una ripresa del progressismo, in Europa, solo nella misura in cui i leader di sinistra capiranno che la globalizzazione va governata, non combattuta. Personalmente ho molta fiducia rispetto a quello che Macron potrebbe fare in Francia. Dovesse vincere lui, per la sinistra europea potrebbe essere una straordinaria opportunità di crescita e di rilancio”.
Renzi a parte, di cui Muscat è estimatore e amico personale, ci sono leader di sinistra da osservare con attenzione? “Sto seguendo con attenzione quello che António Costa sta facendo in Portogallo. La sua è una coalizione di sinistra che si sta dimostrando molto pragmatica. Sull’altra sponda invece credo che un esempio di riformismo sia Enda Kenny, capo del governo dell’Irlanda, che in modo esemplare è riuscito a portare l’Irlanda fuori da una grave crisi in tempi molto brevi: aprendo i mercati e non chiudendoli”. Molti giornali internazionali – Les Echos, l’Economist – considerano l’Italia il vero malato d’Europa.
Che cosa manca secondo lei all’Italia per essere un paese maggiormente competitivo? “Penso che la storia anche recente dimostri che l’Italia è molto più forte e infinitamente più piena di risorse rispetto a quanto molti pensano. Chi crede altrimenti non conosce l’Italia. A dire la verità ciò che mi preoccupa del vostro paese non sono tanto le performance economiche, che stanno migliorando, ma piuttosto gli italiani che cercano sempre una buona scusa per demolire il proprio paese. I problemi ci sono, e chi non ne ha, ma il modo peggiore per risolverli è trasformare i piccoli problemi in problemi giganti: i populismi si alimentano anche così…”. L’anno che è passato, ricordiamo al premier maltese, è stato anche l’anno dell’Europa attaccata dall’islam fondamentalista. A Malta, subito dopo l’attentato di Londra a Westminster, la piccola comunità musulmana ha condannato l’attacco ricordando – “Ogni aggressione contro l’Europa è anche un’aggressione contro i musulmani che vivono pacificamente in Europa” – ma nonostante questo il premier laburista riconosce che c’è un problema irrisolto nella nostra cultura quando si parla di islam. E oltre che condannare l’islam fondamentalista, dice Muscat, sarebbe giusto discutere le azioni di regimi fondamentalisti che limitano le libertà di alcuni popoli ispirandosi a una precisa dottrina religiosa: “I diritti umani sono inderogabili e deve essere così sempre, a prescindere dalla religione che uno osserva o che viene osservata da una maggioranza”.