Lo sconcerto dei vescovi siriani per il raid americano su Idlib: “Perché?”
Le gerarchie cristiane siriane contestano la legittimità del bombardamento americano. La prudenza vaticana e il ruolo della Russia
Roma. I più attivi nel condannare il raid americano sulla Siria sono i vescovi locali, preoccupati che l’eventuale caduta di Bashar el Assad comporti l’automatica cessazione della protezione di cui le comunità cristiane hanno goduto fino a ora, esponendole all’avanzata del fronte sunnita e a tutto quel che potrebbe conseguirne. “Due giorni fa, il presidente Donald Trump aveva detto che Assad fa parte della soluzione del problema siriano. Adesso fa dichiarazioni per dire il contrario. Ci sono interessi delle forze regionali implicate nella guerra. Conviene sempre tenere conto di questo, soprattutto quando certe cose si ripetono con dinamiche molto simili, e innescano le stesse reazioni e gli stessi effetti già sperimentati in passato”, ha detto ad esempio mons. Antoine Audo, vescovo caldeo di Aleppo e presidente di Caritas Siria, all’agenzia Fides. Sempre alla stessa agenzia, il vescovo francescano Georges Abou Khazen, vicario di Aleppo, ha detto che a sconcertare, “davanti all’attacco militare americano è la rapidità con cui è stato deciso e realizzato, senza che prima fossero state condotte indagini adeguate sulla tragica vicenda della strage con le armi chimiche avvenuta nella provincia di Idlib”. Gli fa eco mons. Clement Jeanbart, che della medesima città è arcivescovo greco-melkita: “Perché agire così velocemente? Senza consultare nessuno? Forse Trump non voleva che la Russia ponesse un veto alla sua azione? Così facendo ha aggiunto morti ad altri morti, sei soldati siriani e nove civili del villaggio vicino la base militare colpita dagli Stati Uniti hanno perso la vita”. “Se prima era buio, ora il futuro è ancora peggio. Non sappiamo cosa altro potrà accadere”.
L’elemento russo gioca un ruolo non indifferente in questa partita, dal momento che l’arrivo in territorio siriano delle truppe del Cremlino è stato considerato dalle gerarchie cristiane (non solo ortodosse) come la garanzia che il loro status sarebbe stato preservato e il regime alawita avrebbe goduto della protezione diretta di Mosca. Il raid di giovedì cambia le carte in tavola, benché solo mercoledì nell’udienza generale il Papa si fosse detto “inorridito per l’attacco chimico in Siria” e avesse esortato gli attori internazionali a non chiudere gli occhi dinanzi alla guerra civile che da anni sta martoriando il paese del vicino oriente. In Vaticano c’è preoccupazione per l’evoluzione militare. Il primo a parlare è stato il cardinale Angelo Comastri, secondo cui “oggi purtroppo l’Onu non esiste più, è sconfitto il dialogo e non siamo più capaci di parlare. Le guerre si decidono a tavolino e chi decide di compierle non le soffre. Le guerre le soffrono i poveri, i piccoli, gli indifesi. Ecco perché la guerra non possiamo mai accettarla”.
Il biasimo della Santa Sede si concentra soprattutto sul mancato interessamento della comunità internazionale e degli organismi preposti a deliberare attacchi aerei contro uno stato sovrano. E’ quella, infatti, l’unica cornice che può decidere anche dolorosi interventi che si rendessero necessari a far scattare quella “responsabilità di proteggere” popoli minacciati o perseguitati, da molti anni principio che ispira la posizione vaticana riguardo i conflitti in corso sul pianeta.
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