“Quel prete a Mosul mi disse: state attenti, arriveranno anche da voi in occidente”
“Neppure nella morte c’è pace per i cristiani dell’Iraq. Gli islamisti si sono accaniti anche sui loro cadaveri nei cimiteri” scrive la National Review
“Spetta ai leader cristiani in tutto il mondo lavorare e sostenere i loro correligionari in medio oriente. Arrancando intorno alla chiesa in rovina di San Addai, nella città cristiana di Karemlash, ho visto chiaramente dove porta l’estremismo islamico”. Così Benedict Kiely, il prete cattolico che ha fondato Nasarean.org, l’organizzazione che aiuta i cristiani perseguitati in medio oriente.
“Questo è stato solo pochi giorni prima dell’attacco a Westminster a Londra il 22 marzo. Forse il simbolo più potente in cui mi sono imbattuto a Karemlash era la croce deturpata. Ovunque, in tutte le chiese e monasteri che ho visitato, la croce è stata deturpata, rotta o trafitta con fori di proiettile. L’Isis aveva scritto con lo spray il messaggio ‘la Croce sarà rotta’ sui muri della canonica, e l’ufficio del pastore era una trappola, per ucciderlo quando fosse tornato”. Una statua di Maria con la testa mozzata, un dipinto di Cristo gettato a terra e pestato, immagini sacre usate per il tiro al bersaglio. E poi cimiteri profanati, tombe e lapidi divelte, santuari, monasteri, chiese, case e negozi messi a ferro e fuoco. È un campionario di nefandezze e di orrori quello che si sono lasciati dietro i terroristi dello Stato islamico subito dopo la loro cacciata dalla Piana di Ninive, cuore pulsante della cristianità irachena, rappresentato dai villaggi di Bartella, Batnaya, Qaramles, Qaraqosh, Telleskoff. Batnaya, fra le città cristiane della piana di Ninive, è quella che ha subito le maggiori distruzioni: il 95 per cento delle case è raso al suolo o gravemente danneggiato. Come dichiarato da monsignor Bashar Matti Warda, arcivescovo caldeo di Erbil, “il 90 per cento dei luoghi culto della Piana di Ninive è stato distrutto e saccheggiato dallo Stato islamico”.
Quindici anni fa i cristiani in Iraq erano un milione e mezzo. Oggi sono 300 mila. “Mentre camminavo intorno al cimitero cristiano, era chiaro per me che i seguaci del Profeta avevano scavato le tombe cristiane” continua Kiely nel suo racconto. “In un caso, mi è stato detto, avevano decapitato uno dei cadaveri. Anche nella morte, i cristiani perseguitati dell’Iraq non sono al sicuro. Esaminando l’orrore e la città stranamente silenziosa, un silenzio scandito soltanto dal tonfo distante di esplosioni a Mosul, a nove miglia di distanza, ho chiesto a Padre Thabet, il sacerdote cattolico caldeo che serve come parroco di San Addai, se tutta questa distruzione rappresentasse il vero islam. ‘Sì’, ha risposto con forza, senza un attimo di esitazione. ‘Non le sarebbe stato permesso di dirlo in occidente’, dissi io sorridendo. Egli non ricambiò il sorriso.
Karemlash, una città di quasi diecimila persone, era stata quasi al cento per cento cristiana per secoli. La chiesa cristiana irachena, sia cattolica sia ortodossa, affonda le sue radici fino ai discepoli di Gesù. I mal istruiti occidentali immaginano che i missionari abbiano portato la fede cristiana in medio oriente solo qualche secolo fa. Durante i giorni terribili dell’agosto 2014, quando lo Stato islamico è salito su tutta la Piana di Ninive, l’antico cuore cristiano in Iraq, i cittadini di Karemlash sono fuggiti, con solo i vestiti che avevano addosso. Ora, quasi tre anni dopo, le città sono ‘liberate’, ma le case che non sono state fatte saltare vengono bruciate e sono piene di trappole esplosive.
Alla tv britannica, commentando gli eventi terribili a Westminster Bridge e al Parlamento, un esperto ha descritto l’impossibilità di capire ‘ciò che spinge un criminale britannico a commettere questi atti’. L’assassino, Khalid Masood, naturalmente non era un quacchero ma un convertito all’islam. La conversione religiosa non potrà mai essere compresa dai laicisti. La fede religiosa è per loro incomprensibile. Non è, come ci viene detto senza sosta dagli esperti, una ‘ideologia’ che deve essere ‘combattuta’. È impegno per la fede islamica, anche se una particolare forma di fede. Khalid Masood era un convertito all’islam. E’ stato introdotto a una radicale, ma autentica, versione dell’islam nell’atmosfera pericolosamente incontrollata della prigione.
Anche se i governi lo negano sempre, essi negoziano con i gruppi terroristici. E non è una novità per nessuno. Ma non vi è alcun negoziato con il fuoco di una fede che ha come principio fondamentale la necessità di convertire il mondo, con la spada se necessario. I leader musulmani moderati devono avere il coraggio di parlare contro questa singolare espressione della fede islamica.
Come ho lasciato l’Iraq, un anziano sacerdote, egli stesso un rifugiato, mi ha afferrato la mano e mi ha detto in arabo: ‘State attenti, state molto attenti. Quello che è successo qui verrà anche da voi’”.