E se per Putin fosse arrivato il momento di scaricare il siriano Assad?
Il generale McMaster smonta le versioni russe sull'attacco chimico. Il patto di non belligeranza attiva
Roma. Lunedì sera Viktor Ozerov, capo del comitato della Difesa e Sicurezza del Consiglio federale russo, ha detto che se ci sarà un nuovo bombardamento americano in Siria i militari russi non intercetteranno i missili, ma i siriani sono liberissimi di farlo. “Lo scopo della presenza russa in Siria – ha detto – è combattere il terrorismo, non difendere il paese dalle aggressioni esterne”. Sul piano pratico, vuol dire che gli americani possono compiere ancora operazioni simili a quella di venerdì scorso. La dichiarazione di Ozerov è complementare a quella di Sean Spicer, portavoce della Casa Bianca, che lunedì ha detto che ogni nuovo attacco chimico e ogni lancio di barile bomba con sostanze tossiche provocherà la reazione americana. Spicer, come spesso succede, è stato più goffo nella dichiarazione e ha detto soltanto “lancio di barile bomba”, poi gli hanno fatto notare che potrebbe voler dire – per l’America – reagire venti volte al giorno, e allora ha specificato “con sostanze tossiche” e quindi si riferisce agli attacchi chimici rudimentali compiuti con bombe infilate in bombole di cloro per creare esalazioni pericolose. Anche in questo caso è un cambio di linea rilevante, ci sono stati circa 170 attacchi di questo tipo negli ultimi tre anni.
Ieri il Consiglio di sicurezza nazionale guidato dal generale H.R. McMaster ha annunciato la pubblicazione di un dossier sull’attacco chimico che fa a pezzi – deliberatamente – la versione russa per coprire Assad (“bombardamento accidentale di deposito di armi chimiche dei ribelli”) e dice di essere in possesso anche di comunicazioni intercettate e di immagini satellitari che provano la responsabilità dell’apparato di Assad.
Il giornalista Eli Lake di Bloomberg News ha ricevuto il dossier in anteprima e scrive un dettaglio significativo: nelle telefonate tra governo russo e Amministrazione Trump nessuno ripete la versione data da Mosca, come se fosse dato per scontato che quella era per creare una cortina fumogena a uso dei gonzi. Il rapporto accusa Assad con dettagli eloquenti: per esempio nella base di al Shayrat da cui è partito il pilota che ha bombardato (nome in codice del pilota: Quds1, che vuol dire “Gerusalemme 1”) erano arrivati anche alcuni specialisti del programma militare chimico alla fine di marzo e poi erano di nuovo lì il 4 aprile, giorno della strage. Il rapporto accusa anche i russi di avere tentato di confondere le acque e di deflettere la colpa da Assad – ma non cita alcune indiscrezioni circolate ieri come “di fonte americana”, ovvero che i russi sapevano in anticipo cosa stava per fare l’aviazione di Damasco. La questione è invece trasformata in una domanda: come è possibile che i russi non sapessero?
Dal punto di vista della diplomazia questo dossier dato ai media poche ore prima di una visita ufficiale è come tirare un mattone contro una finestra dell’ospite. Il segretario alla Difesa, James Mattis, e il generale Joseph Votel, capo del Comando centrale (che è il settore del Pentagono che si occupa delle operazioni in medio oriente), hanno annunciato una conferenza stampa sulle armi chimiche siriane nel pomeriggio di martedì, quando questo giornale stava andando in stampa. Il rapporto inoltre spiega che il governo di Damasco ha usato il sarin nella logica di attacchi e controattacchi con i gruppi armati in quella zona, che avevano tentato di muovere sulla città di Hama, e che hanno tentato di supplire con l’uso delle armi chimiche alla cronica scarsità di soldati nell’esercito.
La giornalista Laura Rozen – di solito ben informata e con entrature diplomatiche – scrive sul sito al Monitor che i funzionari russi in privato sono furiosi con il presidente siriano Bashar el Assad per l’attacco chimico – che ha distrutto la tela diplomatica tessuta in questi anni e ha ridicolizzato il ruolo di broker internazionale della Russia (che è cofirmataria dell’accordo per distruggere l’arsenale chimico siriano nel 2013). Ai russi non piacciono le sorprese, dice a Rozen un esperto di Russia che lavora allo US Naval War College, Nikolas Gvosdev, “non amano l’imprevedibilità, quando accadono cose che spingono i loro piani fuori dalla traiettoria. Ora sembra che non sono capaci di far rispettare un accordo e che non hanno tanta influenza su Assad come dicevano di avere”.
In questo contesto, c’è da notare il silenzio dell’Iran, alleato sul campo di Assad e Russia, che per ora mantiene un silenzio strategico e non sfida come al solito le posizioni americane.