La Turchia sembra il Venezuela: ecco la democrazia 4.0
Il modello cui guarda Erdogan è quello di Putin, ma aumentano i punti di contatto con il regime di Maduro
Secondo il Tribunale Europeo dei Diritti Umani di Strasburgo il numero di denunce che nel 2016 sono arrivate da cittadini turchi ha stabilito un nuovo record: oltre 8.300, con un incremento di oltre il 200 per cento rispetto all’anno precedente. Di queste 6.500 sono collegate alle purghe che Erdoğan ha scatenato dopo il fallito golpe del 15 luglio, con 40.000 detenzioni e il licenziamento di 125.000 funzionari. Secondo il Servizio di Cittadinanza e Immigrazione degli Stati Uniti è pure da record il numero di richieste di asilo politico che nel 2016 sono arrivate da cittadini venezuelani: 18.155, il 150 per cento in più rispetto al 2015 e il 600 per cento in più rispetto al 2014. Un exploit con cui il Venezuela è balzato al primo posto tra i Paesi da cui arrivano richieste di asilo dagli Usa, davanti alle 17.745 domande di cinesi.
Mentre la Cina mantiene ancora un sistema politico imperniato sul predominio del Partito comunista Turchia e Venezuela sono invece almeno formalmente due democrazie. In entrambi i Paesi si è votato a fine 2015, e in Venezuela l’opposizione riunita nella Tavola dell’Unità Democratica (Mud) ha ottenuto 109 seggi all’Assemblea Nazionale, contro i 55 del chavista Partito Socialista Unito del Venezuela (Psuv). Ma in entrambi i casi si sta assistendo alla costruzione di quella che potremmo definire una Dittatura 4.0 del XXI secolo, senza più bisogno di partiti unici o giunte militari in stile XX secolo, ma in due versioni lievemente differenti.
In Venezuela almeno due manovre di svuotamento del pluralismo sembrano essere fallite: ma altre se ne annunciano, mentre la situazione economica continua a precipitare. Ben 71 venezuelani su 100 non riescono a fare tre pasti al giorno e le riserve valutarie si stanno prosciugando a ritmo sempre più vorticoso: 30 miliardi di dollari nel 2011; 20 nel 2015; 10,5 adesso, con 7,2 miliardi di scadenze di debito da pagare entro l'anno. Contro l’opposizione in piazza il potere reagisce con brutalità: già sette persone sono state uccise nell’ultima ondata di manifestazioni, e a Caracas un gruppo di chavisti ha perfino fatto irruzione durante una messa, tentando di aggredire il cardinale Jorge Urosa.
In Turchia, una tappa decisiva potrebbe essere il referendum costituzionale che c'è stato domenica.
Come ha ricordato un neologismo di “Le Monde” sulla “Turchia di Erdoğan in via di putinizzazione”, il modello cui guarda l’uomo forte di Ankara è quello dell’uomo forte di Mosca, con cui infatti dopo forti incomprensioni aveva a un certo punto raggiunto un imprevedibile feeling. Poi con l’ulteriore evoluzione della crisi siriana le posizioni hanno tornato ad allontanarsi, ma per lo meno dal punto di vista istituzionale Putin continua a rappresentare per il presidente turco un esempio. Il referendum costituzionale approvato di misura, e con accuse di brogli, non si limita infatti a razionalizzare il sistema in chiave presidenziale, ma mira a trasformare la Grande Assemblea Nazionale in una camera di mera registrazione stile Duma. Il presidente ha infatti ora non solo il potere di nominare vicepresidenti, ministri, alti funzionari e metà dei membri della Corte Costituzionale, oltre ad avere il comando di forze armate e servizi segreti: può anche governare a colpi di decreti, decidere sul bilancio e decretare lo stato d’urgenza. Inoltre viene meno l’obbligo del presidente di lasciare il suo partito di origine, dandogli il diritto anche formale di designarne i candidati.
Il tutto è forse pleonastico, quando un presidente è appoggiato da un partito che ha in parlamento una maggioranza tipo Russia Unita alla Duma di Mosca o l’Akp alla Grande Assemblea Nazionale di Ankara. Ma il Psuv all’Assemblea Nazionale di Caracas è stato invece ridotto a un terzo dei deputati, eppure Maduro ha continuato a governare a colpi di decreti, appoggiandosi su un Tribunale Supremo di Giustizia (Tsj) e su un Consiglio Nazionale Elettorale (Cne) i cui membri sono stati nominati da lui. La Dittatura 4.0 di Caracas ha poi provato a fare un passo ulteriore, copiando un modello che è stato invece inventato da Daniel Ortega in Nicaragua. La manovra è partita dalla circostanza che i partiti dell’opposizione non si sono presentati come tali alle ultime elezioni, ma hanno partecipato al cartello della Mud. Tsj e Cne hanno iniziato dunque a chiedere a quei partiti di “convalidare la loro militanza” con condizioni che secondo l’unico rettore non chavista del Cne sembravano “quasi impossibili da compiere”. Nel frattempo venivano rinviate le elezioni regionali, che avrebbero dovuto tenersi già a dicembre, e che secondo i sondaggi sarebbero state per i chavisti un altro disastro. Se i partiti di opposizione non fossero riusciti a “convalidarsi”, sarebbe restata la Mud. Ma il Tsj minacciava di mettere anch’essa fuori legge, in base a supposte frodi nella raccolta di firme per un referendum revocatorio su Maduro che anch’esso è stato arbitrariamente rinviato. Non partito unico: ma impossibilità pratica di farne altri.
Imprevedibilmente, però, i partiti le “convalide” apparentemente impossibili da ottenere sono invece riusciti ad ottenerle. Una riprova in più di quale è ormai il livello di rabbia della gente. A quel punto, il Tsj ha tentato un nuovo doppio arrocco: sentenza numero 155, con cui ai deputati dell’opposizione è stata tolta l’immunità parlamentare, mentre al Presidente erano concesse ulteriori attribuzioni speciali in materia penale, militare, economica, sociale, politica e civile; sentenza numero 156, con cui il Tsj ha ordinato che la propria Sala Costituzionale assumesse i poteri legislativi, Lo stesso regime si è spaccato, e il clamoroso dissenso del Procuratore Luisa Ortega di fronte alla “rottura dell’ordine istituzionale” ha costretto Maduro a fare marcia indietro, restituendo formalmente i poteri a un’Assemblea Nazionale cui però viene negata ogni risorsa: non solo gli stipendi di deputati e personale non sono pagati, ma manca perfino la carta igienica nei bagni. Bersagliato da uova durante una parata militare, come ultima mossa Maduro ha fatto inabilitare a esercitare cariche politiche per 15 anni Henrique Capriles, candidato dell’Opposizione venezuelana alle ultime presidenziali e governatore dello Stato di Miranda. Erogato in via amministrativa dalla Contraloría General sulla base di accuse di malversazione che Capriles giudica pretestuose, il provvedimento mantiene Capriles governatore fino alle prossime elezioni regionali. Come già ricordato, rinviate sine die: ma ora il presidente si è detto “ansioso” di far tenere il prima possibile.