Ong contro Israele
Vuole far processare i soldati con la stella di Davide. E’ finanziata per due terzi dall’Europa
Roma. Una delle peggiori crisi diplomatiche fra Israele e Germania si sta consumando attorno a una ong. Il premier israeliano Benjamin Netanyahu si è rifiutato di incontrare il ministro degli Esteri tedesco, Sigmar Gabriel, in visita in Israele, dopo che il vicecancelliere aveva deciso di far visita alle ong B’Tselem e Breaking the Silence, nonostante la richiesta di Netanyahu di non farlo. Lo scorso febbraio, anche il premier belga Charles Michel aveva incontrato Breaking the Silence, dopo averla lautamente finanziata. “La mia politica è chiara: non incontrare diplomatici che visitano Israele e visitano organizzazioni che cercano di perseguire i nostri soldati come criminali di guerra”, ha detto Netanyahu. “I nostri soldati sono la base della nostra esistenza”. Nel 2012 lo stesso Gabriel disse di Israele: “Questo è un regime da apartheid”, e la cancelliera Angela Merkel definì il commento “vergognoso”. “Sono orgoglioso da israeliano che il mio paese possa sostenere le critiche di queste ong e sono contrario a Netanyahu”, dice al Foglio Dror Ben Yemini, giornalista di punta di Yedioth Ahronoth. “Ma non penso che un ministro italiano andrebbe a Londra a incontrare ong che considerano i soldati inglesi ‘criminali di guerra’. Queste ong sono parte della campagna di demonizzazione. C’è un doppio standard. Perché i governi europei finanziano ong contrarie alla stessa esistenza dello stato ebraico?”. Già, perché? “Lo chieda a Gabriel. E’ uno scandalo. Non c’entra niente l’occupazione, parliamo di organizzazioni che lottano per distruggere Israele. Queste ong sono finanziate dai governi europei, vanno nei parlamenti, nelle università, nei media, e influenzano profondamente la vostra opinione pubblica in Europa. Negli anni Trenta la demonizzazione era contro gli ebrei. Oggi è contro lo stato ebraico”.
Sul quotidiano Frankfurter Allgemeine Zeitung, uno dei più influenti in Germania, il giornalista Majid Sattar ha scritto: “I rappresentanti del governo tedesco durante le loro visite in Russia, in Cina e in Arabia Saudita attribuiscono sempre molta importanza agli incontri con i rappresentanti della società civile”. La Faz mette dunque Israele sullo stesso piano di regimi autocratici e totalitari i cui governi reprimono la propria popolazione. Non risulta che i ministri tedeschi incontrino ong nelle visite di stato in paesi democratici come Svezia o Paesi Bassi.
Non è un caso che il ministro degli Esteri tedesco, Sigmar Gabriel, incontri la ong Breaking the Silence (Shovrim Shtika, in ebraico). Il governo tedesco, infatti, la finanzia lautamente. Secondo Ngo Monitor, i governi europei coprono il 65 per cento dei fondi di questa ong che sostiene il boicottaggio di Israele. L’Unione europea, in aggiunta, per il biennio 2015-2017 ha dato altri 236 mila euro alla ong. Breaking the Silence gode dell’appoggio della bella gente. Richard Gere ha appena visitato Hebron accompagnato da attivisti di questa ong e il divo del cinema ha detto che “è esattamente come il vecchio Sud in America, quando i neri sapevano bene dove non potevano andare se non volevano avere la testa rotta o essere linciati”. E’ sempre Breaking the Silence ad aver organizzato il tour nei Territori del premio Pulitzer Michael Chabon, del premio Nobel Mario Vargas Llosa e di Dave Eggers, che firmeranno un libro contro Israele per i cinquant’anni della guerra dei Sei giorni, a giugno. In Svizzera, paese che finanzia molto la ong, Breaking the Silence ha organizzato una mostra fotografica contro l’esercito israeliano, facendolo apparire come una banda di assassini. Breaking the Silence ha avallato innumerevoli bugie contro Israele. Tanto da spingere il giornale di sinistra Haaretz a scrivere: “Breaking the Silence ha un programma politico chiaro e non può più essere classificata come ‘organizzazione per i diritti umani’”.
La più famosa bugia è quella di Yehuda Shaul, il capo della ong, che parlando di un villaggio della Cisgiordania ha affermato: “E’ interessante il fatto che i residenti vi siano tornati, perché qualche anno fa i coloni avvelenarono tutto il sistema di approvvigionamento d’acqua del villaggio”. Come è una bugia quella di Avner Gavriyahu, l’altro leader della ong, il quale sostiene che le Forze di Difesa israeliane sparano a palestinesi innocenti come se stessero giocando a un videogioco. Ma le menzogne di Breaking the silence hanno fatto il giro del mondo. Abu Mazen, leader dell’Autorità palestinese, ha raccolto una standing ovation al Parlamento europeo dopo aver detto che Israele avvelena i pozzi. La stessa storia antisemita è finita su Anadolu, l’agenzia di stampa turca.
Il rapporto dell’Onu sulla guerra di Gaza del 2014 fa ampio uso di quelli di Breaking the silence. Il leader di B’Tselem, Hagai El-Ad, ha di recente testimoniato contro Israele alle Nazioni Unite durante la risoluzione che per la prima volta ha condannato Israele. Breaking the Silence dopo la guerra di Gaza del 2009 ha sostenuto gli sforzi per perseguire i funzionari e i soldati israeliani. E’ emerso anche che diversi finanziatori della ong hanno condizionato le loro donazioni a un certo numero di “testimonianze” contro l’esercito israeliano. Ad esempio, un documento ottenuto da Ngo Monitor mostra richieste simili dall’ambasciata britannica a Tel Aviv, dall’organizzazione olandese Icco (finanziata dall’Aia) e da Oxfam (finanziata dal governo britannico).
A Basilea, in Svizzera, e a Strasburgo, in Francia, durante il Medioevo si bruciavano vivi gli ebrei accusati di avvelenare i pozzi. Oggi la stessa menzogna rimpalla in quelle stesse città grazie ad alcune ong. E’ questo il vero e unico “silenzio” da rompere.
Dalle piazze ai palazzi