Com'è che molti fan finta di non vedere il lepenismo quando parlano di Marine?
Riposizionamenti tattici per il secondo turno francese
Milano. Nel 2002, quando Jean-Marie Le Pen si qualificò a sorpresa – sempre per colpa del crollo della sinistra – al ballottaggio, si rifiutò di lasciare la guida del Front national. Qualcuno glielo propose, perché l’unica chance per battere Jacques Chirac era quella di uscire dal mondo frontista e provare a sondare altri elettorati, ma Le Pen padre non accolse la richiesta, anzi protestò contro chi insinuava che la via per la vittoria passasse attraverso la negazione della propria identità – e comunque le piazze erano già piene, il paese era in emergenza, i giornali titolavano unanimi “tutto tranne il Front”, i margini di successo erano fin da subito quasi azzerati. Marine Le Pen invece non ha perso tempo, e la guida del Front l’ha lasciata in fretta, ché ci sono pochi giorni per provare a dare una forma definitiva al suo progetto di normalizzazione e intercettare lo scontro globale tra popolo ed establishment, coronando il sogno della Trump di Francia. Ma rivendersi in pochi giorni come la candidata della novità populista è un’impresa difficile anche per l’abile Marine: non c’è molto dell’outsider in una donna che fa politica da sempre e che porta il cognome del fondatore del partito che nasce contro i valori repubblicani francesi. Il fardello del Front national c’è, e si vede.
Basta guardare il successore pro tempore della Le Pen alla guida del partito. Jean-François Jalkh, eurodeputato cinquantanovenne, è nel Front dal 1974, molto vicino al padre, è riuscito anche a rimanere vicino alla figlia, acrobazia che non è riuscita a tutti, gestendo lo scontro tra i due, compreso il processo interno che ha portato all’esclusione di Jean-Marie dal partito. Uomo-ponte della famiglia Le Pen, Jalkh è stato privato dell’immunità parlamentare europea per accuse di odio razziale e stanno emergendo – lui smentisce, ma Buzzfeed ha trovato un ricercatore che avrebbe il nastro registrato – frasi che avrebbe detto nel 2000 sui “problemi con le camere a gas” contro gli ebrei, con dettagli sull’utilizzo del gas Zyklon B, “impossibile da un punto di vista tecnico negli stermini di massa”.
Lo staff di Marine si è subito mosso per difendere il neoleader, sono tutte falsità, dice, costruzioni dei media per deturpare l’immagine della Le Pen. La realtà è l’esatto contrario: il mondo di Marine è sempre andato fiero del proprio negazionismo, persino lei così furba è recentemente tornata sul tema, forse in modo accidentale ma tant’è. Da tempo molti commentatori francesi ripetono di stare attenti, di andare a vedere chi sono i consiglieri della Le Pen, non soltanto i “vecchi” che arrivano dalla scuola paterna, ma anche e soprattutto i nuovi. Il Monde, solerte, ieri ha fatto un elenco dei membri dello staff, quelli che compaiono nell’organigramma e quelli che “gravitano” attorno alla candidata presidente, con tutte le loro biografie. Il make-up non viene utilizzato dai media e dall’élite rivali per creare una caricatura nera di Marine, ma dai lepenisti stessi per inscenare un riposizionamento elettorale tattico, e si spera tardivo.
l'editoriale dell'elefantino
C'è speranza in America se anche i conservatori vanno contro Trump
tra debito e crescita