Macron parte dalla Merkel per costruire la presidenza che riforma e che cura
Dopo la festa, i giornali insistono: forza, ora facci vedere chi sei davvero. La piazza contro e la visita a Berlino. Sorrisi a denti stretti a Londra
Milano. Forza, Emmanuel Macron, ora facci vedere chi sei, scrivono i giornali francesi celebrando la vittoria del leader di En Marche!, l’ottavo presidente della Quinta Repubblica francese. Macron si insedierà all’Eliseo domenica prossima, non darà indicazioni sul suo governo prima di allora, pare, ma nessuno vuole dargli il tempo per festeggiare e godersi che effetto fa partire dal nulla e arrivare fin lassù, con le stelle allineate dalla parte giusta certo, ma anche con un azzardo politico senza troppi fraintendimenti (tutti ci consideravano pazzi, ha detto Macron alla festa al Louvre domenica sera, ma non conoscevano la Francia). Il paese è diviso, ci sono state molte astensioni e un record di schede bianche, vuol dire che il disagio c’è e i partiti falcidiati alle presidenziali pretendono di avere un ruolo, giocandoselo alle delicate legislative di giugno – il più attivo è “l’insoumis” Jean-Luc Mélenchon, che vuole approfittare del suo momento d’oro prima che la politica tradizionale si ristabilizzi facendo i conti soltanto con il suo alter ego Macron.
La sfida per Macron, si sa, è dura, però non è solo: nella geometria di alleanze che il neopresidente di Francia dovrà costruire, c’è già una socia soddisfatta: la prima visita ufficiale di Macron sarà a Berlino, da Angela Merkel. La quale domenica, oltre ad aver festeggiato la vittoria del suo pupillo francese, ha anche ottenuto un risultato inaspettato nel Land più a nord, quella punta tedesca che è già mezza danese (un partito dei danesi era in coalizione di governo fino a ieri), lo Schleswig-Holstein. Il candidato di Merkel, Daniel Günther, ha battuto il governatore socialdemocratico uscente Torsten Albig, che fino a poco tempo fa era dato per vincente.
La vittoria nello Schleswig-Holstein interrompe ufficialmente il momentum di Martin Schulz, candidato dell’Spd alla cancelleria alle elezioni del 24 settembre, che in questo Land aveva conosciuto la moglie e che in campagna si era speso molto per la riconferma dell’Spd. Domenica ci sono le regionali più importanti, nonché le ultime prima delle politiche, nel Nord Reno-Westfalia, terra d’origine di Schulz e terra di ricordi agrodolci: nel 2005, l’allora cancelliere dell’Spd, Gerhard Schröder, perse le regionali qui, andò al voto anticipato e fu sconfitto dalla Merkel. Gli strateghi socialdemocratici dicevano prima di domenica che erano necessarie due vittorie di fila, ora si correggono e precisano che il Nord Reno-Westfalia è il piatto ricco, visto che è anche la regione più popolosa di Germania, ma la revisione al ribasso è tutta gioia per la Merkel, che a livello regionale non è mai andata bene, anzi malissimo, e che ora invece si ritrova con una vittoria interna e con un francese che non parla soltanto male dell’Europa.
Naturalmente bisognerà intendersi, perché la regola merkeliana è molto dura e molto difficile da sostenere: la Francia di François Hollande, presidente uscente, non ha mai avuto il coraggio di osare al di fuori di un’annunciata socialdemocrazia senza forma, e anzi ha fatto della resistenza alla Merkel una costante invero infelice, ma la piazza francese si è riempita di nuovo, fragorosa, per riforme, come quella del lavoro, che non erano rigidissime. Macron, nella sua veste di “riformatore e curatore” assieme, secondo la bella definizione di Pierre Briançon su Politico, deve conciliare la sua ispirazione europeista in formato Merkel e allo stesso tempo evitare che s’imponga tra i francesi l’idea del suo istinto da tecnico senza scrupoli: già ieri un “fronte sociale” manifestava contro il presidente “patron”. E l’incontro con la cancelliera tedesca, ha già sollevato le polemiche di chi dice, negli estremi di destra e sinistra, che il nuovo presidente di Francia è in realtà la Merkel.
Per ora però le preoccupazioni maggiori sono quelle di Londra. Ieri il consigliere economico di Macron, Jean Pisani-Ferry, che spopola sui media internazionali perché “è un francese che parla inglese”, ha detto che l’asse franco-tedesco sarà “duro” sulla Brexit. Non punitivo, ma nemmeno troppo accondiscendente. La May ha telefonato a Macron per congratularsi, ha detto che anche il suo paese ha bisogno di un mandato forte come quello appena concesso al presidente francese, e intanto cerca di calcolare quanto impatterà questo neoeuropeismo così sfrontato su di lei, che si gioca la carriera per spezzare la regola d’unità dell’Europa.