L'Ue è più timida dei neoeuropeisti entusiasti organizzati e in marcia
L’elezione di Macron all’Eliseo vista da Bruxelles è la rimonta inattesa e insperata dei globalisti e degli internazionalisti
Bruxelles. In alcuni quartieri popolari di Bruxelles, a qualche chilometro dai palazzi delle istituzioni comunitarie, ieri mattina sulle facciate delle case sono comparse delle bandiere a dodici stelle per salutare la vittoria di Emmanuel Macron. Poche ore prima, appena annunciati i risultati delle presidenziali in Francia, Twitter era stato invaso da messaggi trionfalistici dell’élite comunitaria per appropriarsi di quella che il portavoce della Commissione, Margaritis Schinas, ha definito la “Remontada”. L’elezione di Macron all’Eliseo è la rimonta inattesa e insperata degli europeisti, dei globalisti e degli internazionalisti contro il populismo che sembrava dover travolgere l’Unione europea e l’ordine liberale occidentale dopo il voto per la Brexit e l’elezione di Donald Trump. Il 4 dicembre scorso l’Austria non è caduta in mano a un Norbert Hoefer grazie all’ambientalista Alexander Van der Bellen. Il 15 marzo l’Olanda non è stata conquistata da Geert Wilders grazie al bel risultato degli europeisti dei D66 e dei verdi. Il 7 maggio Macron ha sconfitto Marine Le Pen facendo sventolare la bandiera a dodici stelle e risuonare l’Inno alla Gioia. La lezione l’ha spiegata lo stesso Macron il 16 marzo, all’indomani delle elezioni politiche in Olanda, dopo un incontro con Angela Merkel a Berlino. “Se sei un europeista timido, sei già un europeista sconfitto”. Ma, a differenza della gente comune che ha messo la bandiera europea fuori di casa, l’élite comunitaria e molti leader nazionali faticano a iscriversi al movimento dei neoeuropeisti entusiasti.
Jean-Claude Juncker e gli altri dirigenti delle istituzioni comunitarie non si sono sporcati le mani con le campagne elettorali in Austria, Olanda e Francia. A parte qualche battuta a bassa voce contro i candidati antieuropeisti, hanno considerato che il rischio di una sconfitta fosse troppo alto per abbandonare il “voto di neutralità” fatto 12 anni fa, dopo la disfatta nel referendum sul trattato costituzionale in Francia del 2005. L’arrivo al potere di capi di governi nazionalisti come Viktor Orban in Ungheria e le sconfitte in altri referendum come la Brexit hanno accentuato la timidezza. Tra i “timidi” si iscrivono i politici europeisti che contestano l’Ue così com’è, per inseguire i loro avversari populisti nella moda del “dàgli a Bruxelles”. Pensando di riuscire a evitare di fare la fine del Pasok greco, i socialisti francesi, i socialdemocratici tedeschi o i laburisti britannici si sono messi a contestare l’Ue, la sua austerità e il suo liberalismo, ma la pasokizzazione non si è arrestata. Secondo diversi osservatori, anche lo slogan di Matteo Renzi “Europa sì, ma non così” alla fine contribuisce a alimentare l’antieuropeismo, senza riportare il Pd vicino al 40 per cento ottenuto alle europee del 2014 con un messaggio positivo sull’Europa.
Contrariamente agli europeisti timidi, i neoeuropeisti accettano, difendono e promuovono l’Ue malgrado tutti i suoi difetti e la necessità di riforme. Macron vuole negoziare con Merkel il completamento della zona euro, ma non ha esitato a fare campagna per l’Ue in un paese profondamente sovranista. In Germania, i neoeuropeisti non hanno atteso la Macronmania per organizzarsi alla fine del 2016 attorno a “Pulse for Europe”, che ogni domenica porta migliaia di persone nelle piazze delle principali città tedesche. Il movimento non è strutturato e coerente a livello europeo: ciascuno ha le sue specificità nazionali e ragioni particolari per esprimere il proprio attaccamento all’Europa. Nel Regno Unito i Lib-Dem stanno lentamente riprendendosi con Tim Farrow che usa la bandiera europea per contrastare la “hard Brexit” di Theresa May. In Polonia e Ungheria decine di migliaia di persone sono scese in strada con lo stendardo a dodici stelle per contestare le politiche illiberali dei governi ultranazionalisti. In Romania la bandiera dell’Ue è servita a migliaia di manifestanti per protestare contro la corruzione del governo socialista. In Italia Benedetto della Vedova e Emma Bonino, accompagnati da radicali e non, hanno lanciato Forza Europa che può sperare di capitalizzare elettoralmente i successi del neoeuropeismo grazie al proporzionale. “La vittoria di Macron non pone fine ai trend populisti o nazionalisti in Francia o nel resto d’Europa”, ha detto a ragione Judy Dempsey del think tank Carnegie Europe. Ma, dopo la Brexit, ogni volta che un’elezione nazionale ha visto lo scontro tra un neo-europeista e un nazionalista sul tema dell’Europa, il populista ha perso.