“Il populismo è normalizzato. Macron deve diventare come Merkel”, dice Edward Luce
“La crisi della democrazia liberale non è finita domenica”, spiega al Foglio il columnist del Financial Times
New York. Edward Luce domenica ha gridato un sonoro “Vive la France!”, ma con britannico senso della misura non ha tirato conclusioni sulla fine dell’ondata populista o su Macron come antidoto alle aberrazioni di Trump e della Brexit. E’ un passo verso lidi liberali, non un’altra fine della storia. Il columnist del Financial Times a Washington sa quanto è rischioso eleggere la democrazia liberale a destino, promuovere il progresso a Progresso. Nel libro “The Retreat of Western Liberalism” uscito in questi giorni in Inghilterra (in Italia arriverà in autunno pubblicato da Einaudi Stile Libero), Luce mette a fuoco i problemi strutturali del liberalismo, e questi “non sono svaniti domenica”. Al Foglio spiega che il bicchiere di champagne si può vedere anche mezzo vuoto: “Nel 2002 Jean-Marie Le Pen ha preso 5 milioni di voti, Marine ne ha presi 11, e allora Jacques Chirac non aveva fatto una campagna al secondo turno, si era limitato a guidare una marcia funebre”.
“Quello che allora era un evento anomalo – continua Luce – oggi è diventato normale. Pochi anni fa la prospettiva di una Le Pen al 34 per cento al secondo turno ci avrebbe allarmati, ora è un fatto, ed è un fatto corroborato da molti altri eventi di simile tendenza. La normalizzazione delle forze populiste e dei nazionalismi è uno dei dati fondamentali da tener presente per giudicare anche la vittoria di Macron, che pure a un primo sguardo appare numericamente enorme”. Questo per quanto riguarda il bicchiere di champagne mezzo vuoto. Luce lo vede mezzo pieno quando sottolinea che “Macron ha capito la gravità del momento, ha colto la dimensione storica di questa campagna elettorale, e ciò inevitabilmente getta una responsabilità enorme sulle sue spalle”. Saranno abbastanza larghe, le sue spalle, per diventare uno dei leader chiamati a contrastare la marea? “Non è semplice essere un leader senza partito e che non avrà una sua maggioranza parlamentare, ma il suo destino politico dipenderà dalla capacità di costruire una grande coalizione su una piattaforma liberale e di rifare un patto europeo serio con la Germania. Deve interpretare una linea di ‘principled pragmatism’, che sembra una contraddizione, ma a lungo i governi occidentali hanno seguito questa via ragionevole”.
Insomma, per avere successo Macron deve diventare Angela Merkel? “Esattamente”, dice Luce, e aggiunge: “Il modo migliore per dare potere a Le Pen o a chiunque dell’area del Front national si presenterà nel 2022 è governare per cinque anni come Hollande. Un altro leader del genere è un sogno per i nazionalisti”. La vittoria di Macron è l’occasione per un ritorno a quel senso di “vigilanza” per la democrazia liberale che si è persa dopo il crollo dell’Unione sovietica, quando sembrava che il liberalismo fosse un dato acquisito, senza più alcun bisogno di manutenzione. “E’ stato allora che la sinistra occidentale ha fatto il grave errore di pensare che tutti stessero diventando borghesi. Il passaggio del focus dalla working class alla aspirational class ha lasciato milioni di persone senza rappresentanza, e non è un caso che il leader simbolo della reazione liberale non abbia un partito”. Che il bicchiere di champagne sia mezzo pieno o mezzo vuoto, Luce suggerisce di berlo: “Ma non beviamo tutta la bottiglia!”.