Così i neo europeisti possono avere successo, ci dice Cohn-Bendit
Macron prenderà “il bastone del pellegrino” per evitare che l’Ue si accontenti del sollievo del mancato pericolo
Bruxelles. Con la vittoria di Emmanuel Macron in Francia, con la sconfitta dei populisti in Austria e Olanda, con le bandiere dell’Ue che sventolano nelle strade della Germania e di altri paesi, “può partire” un movimento “neoeuropeista” in grado di far uscire l’Europa dal “letargo”. A dirlo al Foglio è Daniel Cohn-Bendit, ex leader sessantottino diventato tribuno saggio dell’europeismo e ispiratore (assieme a Sylvie Goulard) della politica europea di Emmanuel Macron. I neoeuropeisti simili ai neocon americani? “Sì, sì: lo si vede con Pulse for Europe che manifesta ogni domenica in Germania”, spiega Cohn Bendit: “C’è una presa di coscienza dei proeuropei, che si sono rotti le palle di farsi paralizzare dai sovranisti nazionali e dall’impotenza europea. Questo movimento neoeuropeista può sbloccare la letargia europea”. Macron, con la bandiera europea nei suoi comizi elettorali e con l’Inno alla Gioia mentre sale sul palco del Louvre dopo l’elezione, è diventato il loro leader naturale. Una volta entrato all’Eliseo “prenderà il bastone del pellegrino per andare a dire a Angela Merkel e Wolfgang Schäuble, ma anche agli altri governi, che uno dei problemi da affrontare” per sconfiggere il populismo “è la sfiducia verso l’Europa”, dice Cohn-Bendit. Il messaggio? “Dopo i 10 milioni di voti ottenuti da Marine Le Pen non si può continuare con il business as usual”.
Il “business as usual” è il grande pericolo che corre l’Ue, dopo l’elezione di Macron. Scampata la minaccia Le Pen, tutti si dicono macroniani, senza però uscire dagli schemi tradizionali di un rassicurante status quo. Un esempio è la commissione Juncker, che oggi pubblicherà un altro “documento di riflessione” (questa volta sulla globalizzazione) nell’ambito di un Libro Bianco sul futuro dell'Ue privo di ambizione. Un altro esempio è Gianni Pittella, capogruppo dei Socialisti&Democratici, che ieri ha promesso di essere “più radicale nella difesa dell’Europa”, salvo cadere nella solita litania socialista sulla necessità di “porre fine alle politiche economiche guidate dall’austerità”. Secondo Cohn-Bendit, continuando così, la famiglia socialdemocratica europea va verso la “disfatta”. “La sinistra di governo è stata sconfitta in Francia e in Olanda”. Nel Regno Unito si prepara a un tracollo “drammatico” con Jeremy Corbyn. In Germania “la speranza Schulz non funziona”. La vecchia socialdemocrazia “è schiacciata”, spiega Cohn-Bendit. Da un lato c’è “la sinistra radicale con accenti populisti da America latina di Podemos e Mélenchon”. Dall’altro è emersa “la dinamica” social-liberale e neoeuropeista di Macron.
L’agenda di Macron sull’Europa è ambiziosa, a cominciare dalla proposta di riformare la zona euro con un ministro delle Finanze e un bilancio autonomo per finanziare investimenti e trasferimenti verso i paesi più in difficoltà. Occorre convincere Angela Merkel e il futuro presidente ha già annunciato che la cancelliera sarà il primo leader che incontrerà. Il pellegrinaggio a Berlino è una vecchia tradizione che si perpetua in nome della relazione franco-tedesca. Prima di Macron, anche Nicolas Sarkozy e François Hollande lo avevano fatto. Ma questa volta è diverso. L’uso dell'espressione “bastone del pellegrino” da parte di Cohn-Bendit non è casuale. Niente pugni sbattuti sul tavolo in stile Sarkozy, né finti scontri come Hollande che minacciò di non ratificare il Fiscal Compact per un effimero Compact per la Crescita. Macron rivendica apertamente l’alleanza con Merkel. Il che significa riformare la Francia per riconquistare la fiducia della Germania, ma anche accettare le condizioni poste da Berlino per approfondire la zona euro. Per Cohn-Bendit, la “novità è la determinazione” del futuro presidente francese sull’Europa. Macron “ha visto dall’interno quello che vuole dire rinchiudersi nell’Eliseo. Vuole restare in contatto con la realtà. Ha volontà e capacità di azione. Può avere successo”. Ma Cohn-Bendit non farà parte della sua squadra di governo: “Tengo troppo alla mia libertà”.