Cattive notizie dall'Atlantico più largo
Macron e la Merkel sono una speranza, ma in pochi mesi s'è visto il secolo americano risolversi in un mandato presidenziale che è un pasticcio senza capo né coda
In Italia ci si domanda se sia ammissibile che il governo si interessi delle banche periferiche in crisi, con le solite accuse di cuginanza a vanvera, dunque occupiamoci della crisi della classe dirigente americana. Il presidente mezzo eletto, l’impostore in chief, lavora poco. E’ un marchio commerciale, e anche già un marchio di infamia dopo il licenziamento del capo dell’Fbi per ragioni molto poco chiare e la brutta rissa che ne è seguita, le cui conseguenze fanno già parlare, magari con troppa fretta, di impeachment e di momento Watergate, nixoniano. I giudici hanno bloccato la pretesa trumpesca di farsi pubblicità con un blocco sciatto delle frontiere. Il Congresso subisce tardivamente e malvolentieri i suoi ricatti in certi casi, come la sanità, ma non sa come sostituire il fatto e il malfatto di Obama. Obama, a proposito, villeggia in giro per il mondo, fa bene a farsi pagare bene, ci mancherebbe, ma perfino il primo presidente nero della storia americana, unico vero suo titolo di nobiltà politica e antropologica, potrebbe in un domani non lontano scontare le conseguenze della ricca frivolezza che affligge gli ex presidenti. Clinton vende la sua firma per un romanzo di un autore di best seller. Invece di domandarsi perché non sia presidente, Hillary dice che sarebbe stata presidente se…
L’America è vitale, la stampa è libera e impegnata, la protesta è forte, estesa, ma ha tratti illiberali legati al politicamente corretto, che è una forma di censura. Il più grande favore fatto all’impostore è non rivedere, tra i democratici e le associazioni della società civile, la cultura che lo ha spinto a sfasciare tutto generando una spinta autenticamente reazionaria e popolaresca, comprensibile, con successo nel collegio elettorale in tre stati che si sono rivelati stati-chiave. L’America ingenua, superficiale, cattiva e stupida che ha dato la presidenza a Trump non si può e non si deve mettere a tacere, né a Berkeley né altrove, deve essere battuta con mezzi responsabili, Costituzione, leggi e politica alla mano, nel pieno rispetto del free speech. E deve essere battuta altrettanto dall’opposizione democratica quanto dalle riserve asfittiche del Grand Old Party e della cultura conservatrice che non si rassegna ad essere reggimoccolo di un’impostura grottesca.
In pochi mesi si è visto che il muro con il Messico è un bidone, la politica estera è un bidone, l’aggressiva presenza dei famigli del presidente è un bidone, i rapporti con la Russia di Putin sono un bidone, la pretesa di liquidare con argomenti da contabile la Nato e l’Europa e il libero commercio internazionale sono altrettanti bidoni. Restano lo spirito antifiscale dei repubblicani, benedetto, e qualche sintomo di salute in alcune branche dell’amministrazione. L’America se la caverà, prima di quanto non si pensi, e metterà un freno decisivo allo showman televisivo fattosi dittatore morale di una nazione libera con mezzi spregiudicati e aberranti, ma il meccanismo della decisione è inceppato, le garanzie sono in ballo, il prestigio della Casa Bianca non è mai stato così basso. L’Europa, compresa la fuggevole Gran Bretagna, per non parlare della Francia e della Germania, promette per fortuna di tornare ad essere una patria politica delle vere libertà e il vero centro propulsore di un mondo aperto della democrazia moderna. Macron e la Merkel sono una speranza, eppure non è per niente consolante l’Atlantico più largo. Non è una bella notizia che in poco più di tre mesi si sia visto come il secolo americano possa improvvisamente risolversi in un mandato presenziale che è un pasticcio senza capo né coda.