L'attivismo diplomatico di Rohani segnala la sua preoccupazione per le elezioni
Il presidente iraniano, a caccia della riconferma, è stato costretto dal suo principale sfidante, il conservatore Ebrahim Raesi, a impostare le ultime cartucce della campagna sui temi economici e a chiudere il delicato dossier energetico
A pochi giorni dalla tornata elettorale per la nomina del nuovo presidente iraniano, Hassan Rohani, a caccia della riconferma, è stato costretto dal suo principale sfidante, l’esponente dei conservatori Ebrahim Raesi, ad impostare le ultime cartucce della campagna sui temi economici e commerciali. Per questo motivo, anche per non lasciare ad un eventuale guida conservatrice il delicato dossier energetico, in queste settimane Rohani sta cercando di portare a termine importanti partite di mercato. La prima riguarda i negoziati con le major petrolifere internazionali per implementare la capacità produttiva del regime degli ayatollah.
Come ha confermato il viceministro degli esteri iraniano, Morteza Sarmadi, la compagnia petrolifera nazionale, la Nioc, sta preparando varie gare d'appalto per una serie di progetti nel settore petrolchimico, del gas e dell'esplorazione e ha invitato le società straniere competenti a iscriversi negli elenchi di valutazione. Intanto la produzione energetica iraniana ha raggiunto i massimi livelli, segno che l’attuale establishment intende sfruttare sino all’ultimo le proprie leve. Le esportazioni iraniane di petrolio e gas hanno, infatti, registrato un record di 3,047 milioni di barili al giorno nel periodo febbraio-marzo. L’Asia continua ad essere il pivot principale del mercato iraniano: nel primo trimestre del 2017 la Repubblica islamica è diventata il secondo più importante esportatore e fornitore di petrolio in Corea del Sud, dopo l'Arabia Saudita. Rohani ha salutato molto positivamente la nomina alle presidenza di Macron anche per rilanciare i legami commerciali con l’Europa che il nuovo inquilino della Casa Bianca, Donald Trump, sta invece cercando di rallentare.
Segnali in questo senso sono arrivati dalle iniziative congiunte che Bruxelles ha intavolato con l’Iran in occasione del primo forum tra Iran e Unione europea sull’energia sostenibile a cui ha preso parte il Commissario Ue per l’azione sul clima e l’energia, Miguel Arias Canete. Un attivismo diplomatico che segnala la preoccupazione interna dell’inner circle di Rohani per lo scenario post-elettorale. Per questo l’attivissimo e potente ministro del petrolio dell’attuale presidente, Bijan Zanganeh, si è lanciato in queste ore in un difficile tentativo per raggiungere un accordo in seno all’Opec – il principale cartello dei paesi produttori di greggio – ma anche con la Russia per mettere veramente in pratica l’accordo globale sui tagli della produzione petrolifera firmato lo scorso 10 dicembre 2016 a Vienna, rimasto al momento solo sulla carta. Parlando alla stampa di Teheran, il ministro ha sottolineato che durante gli ultimi giorni l'Iran ha ricevuto segnali positivi da parte dei membri dell'Opec e dai produttori non-Opec per l'estensione dell'accordo alla seconda metà del 2017.
Per ottenere l’ok russo Zanganeh ha utilizzato come partita di scambio il gas, aprendo il mercato iraniano a Gazprom. Come ha detto lo stesso Ad del colosso energetico russo, Alexander Novak, Mosca sta valutando investimenti per 20 miliardi di dollari in progetti di produzione ed esplorazione di petrolio e gas naturale. Segnali positivi sul taglio della produzione di greggio sono arrivati anche dai tradizionali rivali della Repubblica come i paesi del Golfo. Mohammed Al Rumhy, ministro del petrolio dell'Oman, ha infatti confermato in un'intervista alla Bloomberg che i membri del Consiglio di cooperazione del Golfo si sono accordati per procedere al taglio dell’oputput petrolifero. Ecco perché la riunione del prossimo 25 maggio dell’Opec potrebbe riaprire i giochi, anche perché in quell’occasione si saprà delle eventuali evoluzioni politiche del regime degli ayatollah.