Il Wunderkind di Vienna
Chi è e che piani ha Sebastian Kurz, che a trent’anni appena ha fatto cadere il governo austriaco e ora vuole candidarsi ispirandosi a Macron e Rutte, contro i populisti
Bruxelles. L’Austria si avvia a elezioni anticipate, dopo che il suo ministro degli Esteri, Sebastian Kurz, ha scelto di mettere fine alla Grande coalizione con i socialdemocratici come primo atto dopo la sua elezione alla testa del Partito popolare austriaco. “Incontrerò il cancelliere, Christian Kern, e il presidente, Alexander Van der Bellen, e avanzerò un suggerimento. Dal mio punto di vista il primo passo deve essere arrivare a una decisione comune in favore di elezioni anticipate”, ha detto Kurz, non appena ricevuto il sostegno unanime dell’Övp per prendere la testa del partito dopo le dimissioni del vicecancelliere Reinhold Mitterlehner. Ad appena 30 anni, diventato il “Wunderkind” della politica austriaca, Kurz ha fretta. Fretta di rilanciare le sorti del suo partito conservatore, logorato da anni di grande coalizione con i socialdemocratici della Spö. Fretta di mettersi alle spalle la vecchia classe dirigente, accusata di non essere più al passo dei tempi e dell’opinione pubblica sempre più attratta dall’estrema destra populista della Fpö. Fretta di diventare cancelliere per entrare nel gotha della politica europea, dove la sua carriera è stata seguita con sentimenti contraddittori di entusiasmo e apprensione.
Per vincere le elezioni che dovrebbero tenersi in autunno, Kurz intende ispirarsi da altre due stelle del firmamento europeo: Emmanuel Macron e Mark Rutte. Il neo presidente francese è l’uomo del rinnovamento della politica e del superamento della frattura tradizionale destra-sinistra, che Kurz sta cercando di imporre alla sua Övp. Il primo ministro olandese è il leader del “populismo giusto” con cui si può battere il “populismo sbagliato” che rischia di prendere il potere a Vienna, giocando la carta della retorica e della politica dura su islam, identità e immigrazione. La scommessa di Kurz apre un nuovo periodo di incertezza e instabilità al cuore dell’Europa. Una sua affermazione netta potrebbe sbarrare la strada alla Fpö, infliggendo una nuova sconfitta ai populisti anti europei dopo le elezioni in Olanda, le presidenziali in Francia e le regionali in Germania. Ma l’esito potrebbe anche essere quello opposto, con gli eredi di Joerg Haider di nuovo al governo a Vienna.
E' appena stato eletto segretario del Partito popolare austriaco, e già i sondaggi lo danno in testa, con i populisti in calo
Nato e cresciuto nella capitale, Kurz ha avuto una carriera lampo dentro al molto conservatore Partito popolare austriaco. Eletto nel 2009 presidente dell’organizzazione giovanile dell’Övp, dopo aver abbandonato l’università per mancanza di tempo, nel 2011 era già segretario di stato all’Integrazione del governo di grande coalizione guidato dall’allora cancelliere Werner Faymann: un posto creato apposta per quel giovane ambizioso e scalpitante, che già allora beneficiava del sostegno entusiasta della stampa tabloid. Due anni e mezzo dopo, nel dicembre 2013, Kurz è stato scelto a sorpresa come nuovo ministro degli Esteri per svecchiare il governo e l’Övp e tentare di rispondere alla sfida posta dalla Fpö, in testa in tutti i sondaggi nonostante il brutto risultato alle elezioni di due mesi prima. Ed è da capo della diplomazia austriaca che Kurz si è fatto notare nelle altre cancellerie europee per il suo spirito intraprendente, il franco parlare, la priorità assoluta data agli interessi dell’Austria, le parole durissime sui temi sensibili per l’opinione pubblica.
Nel 2015, durante la crisi dei rifugiati, è stato in prima fila nel denunciare la politica delle porte aperte di Angela Merkel e nel proporre la reintroduzione dei controlli alle frontiere. Nel 2016 ha fatto della Turchia – con la denuncia della repressione di Recep Tayyip Erdogan dopo il fallito colpo di stato e la richiesta di porre fine ai negoziati di adesione durante la campagna sul referendum per la riforma costituzionale – il suo cavallo di battaglia nelle riunioni dei ministri degli Esteri europei e nella stampa popolare austriaca. Per i suoi estimatori, “Kurz rappresenta il futuro del Ppe”, come dice al Foglio una fonte della famiglia popolare europea. Per i suoi detrattori, “è una fotocopia ripulita del populismo xenofobo di estrema destra”, come spiega una fonte della famiglia dei socialisti.
Sulla sostanza, tra Macron e Rutte, Kurz appare molto più vicino al premier olandese, che è riuscito a vincere le elezioni politiche del 15 marzo dicendo ai musulmani che non volevano accettare lo stile di vita dei Paesi Bassi che potevano “tornarsene a casa”. Durante la campagna elettorale olandese, Rutte aveva più volte sottolineato la differenza tra il “populismo sbagliato” dell’estrema destra di Geert Wilders e il “populismo giusto” che dà ascolto alle preoccupazioni del popolo. Allo stesso modo, nel momento in cui deve fronteggiare la sfida della Fpo, i temi preferiti di Kurz non sono l’Europa, le riforme e il libero commercio, ma l’identità, l’immigrazione e la Turchia. Nel 2015 ha proposto e sostenuto una nuova legge sull’islam per vietare i finanziamenti dall’estero di moschee e imam e adottare una versione concordata del Corano per i musulmani d’Austria (solo la prima misura è poi passata al vaglio del Parlamento). Nel 2016 ha difeso la linea dura sui migranti e il tetto massimo all’ingresso di richiedenti asilo in Austria in violazione delle regole europee e internazionali. Lo scorso febbraio, ha detto che Erdogan non era “benvenuto” nel paese per fare campagna sul referendum costituzionale. A marzo ha chiesto di modificare le norme europee su Schengen per superare le “regole burocratiche” e permettere di “rendere i controlli alle frontiere possibili” in caso di aumento dei migranti illegali. Secondo Kurz, “la gente ha ragione a essere arrabbiata se l’Ue è troppo debole nel proteggere le sue frontiere, ma costringe tutti i ristoranti a cambiare i menù per le linee guida sui prodotti allergenici”.
Dopo il grande ciclo elettorale del 2017, gran parte delle capitali europee si troverà con un nuovo mandato. La sfida delle riforme
Sulla forma, per contro, Kurz sta conducendo un’operazione tutta macroniana. Per farsi eleggere alla testa dell’Övp ha preteso una modifica dello statuto e del nome del partito. Il Nuovo partito popolare austriaco - Lista Kurz sarà un movimento aperto alla società civile e a eletti di altre formazioni politiche concorrenti. Tutte le decisioni passeranno dal capo. L’obiettivo è andare oltre la base rurale dell’Övp – 500 mila iscritti in un paese di meno di 9 milioni di abitanti – e sedurre gli elettori della sinistra, degli ambientalisti e soprattutto dell’estrema destra. La vecchia Övp, considerata il partito della Chiesa, non piace più, come dimostrano le elezioni presidenziali dello scorso anno, quando il candidato conservatore Anreas Khol è stato eliminato insieme al socialdemocratico Rudolf Hundstorfer dall’ecologista Alexander Van der Bellen e dal populista Norbert Hofer. Secondo Khol, Kurz è l’unico che può evitare che la barca Övp “affondi”. I sondaggi sembrano confermarlo.
Il Partito popolare austriaco ha compiuto un balzo in avanti nelle intenzioni di voto da quando Kurz ha annunciato al sua candidatura alla testa dell’Övp e la volontà di andare a elezioni anticipate. Secondo un’indagine Research Affairs/Österreich, i popolari sarebbero passati dal terzo al primo posto, con il 35 per cento contro il 21 per cento della Spö. Secondo un sondaggio Ifes, si attesterebbero al 28 per cento alla pari con i socialdemocratici. In entrambi i casi, i populisti della Fpö perderebbero terreno fermandosi attorno al 25 per cento. E’ l’altra analogia con Macron: idee fresche e faccia da ragazzino, Kurz dovrebbe dimostrare che un leader mainstream è in grado di battere gli anti establishment anche in Austria.
In molti si interrogano se la scelta di Kurz di forzare la mano sulle elezioni anticipate non sia un rischio. L’attuale cancelliere Christian Kern ha avvertito che il voto potrebbe aprire le porte alla Fpö. “Le conseguenze saranno sostanziali”, ha detto Kern. Sia i socialdemocratici sia i popolari hanno avuto esperienze di governo a livello regionale con la Fpö, dopo la coalizione tra Övp e Fpö dell’èra Haider che portò l’Ue a sanzionare l’Austria.
Nella sostanza Kurz è vicino al premier olandese: attaccare l'ultradestra con gli stessi temi. Nella forma, si ispira a Macron
Kurz ha chiarito che non intende diventare il “partner junior” degli anti europeisti e prende regolarmente di mira il leader della Fpö, Heinz-Christian Strache. Ma il sospetto è che, in caso di vittoria dell’Övp, sia pronto a allearsi con l’estrema destra pur rimandare i socialdemocratici all’opposizione (la condizione sarebbe la cacciata di Strache da parte della Fpö). Per altri versi, con Kern che ha portato la Spö molto più a destra sui temi dell’identità e dell’immigrazione, i due partiti della grande coalizione rischiano di farsi concorrenza tra loro, lasciando a altri (in particolare ai Verdi e ai liberali di Neos) la difesa dei valori liberali e dell’apertura al mondo. Inoltre, una parte della Spö sarebbe disponibile ad allearsi con la Fpö.
L’ingresso al governo a Vienna degli eredi di Haider è l’incognita che preoccupa di più Bruxelles e i partner europei dell’Austria. Tra un anno, dopo il grande ciclo elettorale del 2017, gran parte delle capitali Ue si ritroverà con un nuovo mandato elettorale. Al Consiglio europeo, avranno la possibilità di riaprire diversi cantieri comunitari (riforma della zona euro, possibile modifica del trattato, revisione del bilancio pluriennale) senza doversi preoccupare di nuove scadenze elettorali nazionali. Dopo i successi di Rutte e Macron, una volta confermata la cancelliera tedesca Angela Merkel per altri quattro anni, la speranza di molti è che l’agenda europeista positiva prenda il sopravvento sul populismo nazionalista di estrema sinistra e estrema destra che ha minacciato l’Ue negli ultimi anni, anche se in diverse forme. Per l’Austria, con Kurz e Kern che esprimono visioni sempre più sovraniste per combattere il populismo, il timore è che anziché guardare a Parigi e Berlino, Vienna si incammini verso Budapest e Varsavia, lasciandosi contagiare dal nazionalismo illiberale di Viktor Orbán e Lech Kaczynski.