Il budget (sballato) di Trump colpisce il suo elettorato
Anche la cifra allocata per la costruzione del muro con il Messico è poco soddisfacente per gli elettori che puntavano tutto sulla lotta all’immigrazione e la protezione del lavoro americano
New York. Con la solita manovra irrituale, Donald Trump ha lasciato alle seconde linee il compito di illustrare la proposta di budget della Casa Bianca mentre lui tentava, con una missione estera fin qui senza clamorose sbavature, di scrollarsi di dosso i problemi domestici. In allegato al piano intitolato “una nuova fondazione per la grandezza americana” ha lasciato una nota: “Ora dipende dal Congresso agire. Io prometto la totale cooperazione nel mettere fine al malessere economico che per troppo tempo ha distrutto i sogni della nostra gente. Il tempo per lo ‘small thinking’ è finito”. È toccato al direttore dell’ufficio Budget, Mick Mulvaney, illustrare il “big thinking” del presidente, a partire da una fallacia contabile da duemila miliardi di dollari. Il bilancio dell’Amministrazione prevede di aumentare le entrate di duemila miliardi di dollari grazie a un aumento della crescita economica (obiettivo: 3 per cento) e intende usare il surplus per chiudere il deficit nei prossimi dieci anni. Il problema è che Trump ha detto che con quella cifra coprirà il “più grande taglio delle tasse della storia”, esattamente la misura che dovrebbe generare la crescita, e quindi il denaro è conteggiato due volte. Una volta serve a chiudere il bilancio, un’altra a coprire i tagli fiscali. Messo sotto pressione dai cronisti per spiegare la falla, Mulvaney è andato sulla difensiva, si è arrampicato sugli specchi e da lì ha abbozzato spiegazioni confuse. Larry Summers lo ha definito “il più clamoroso errore contabile in un budget presidenziale che abbia mai visto nei quasi quarant’anni in cui li ho studiati”.
L’errore è dunque logico prima che ideologico, aspetto che mette in luce il dramma della competenza della Casa Bianca, spesso messo in secondo piano dalla feroce polemica politica. Continua Summers: “L’amministrazione Trump non ha preso un provvedimento economico significativo che raggiunga standard minimi di competenza e onestà”. Poi vengono i contenuti. La proposta di bilancio da 4,1 mila miliardi di dollari prevede profondi al sistema di welfare, a partire dal Medicaid, la copertura sanitaria per i meno abbienti, che dovrebbe essere sforbiciata di 627 miliardi. Tagli anche alla previdenza sociale e ai “food stamps”, i sussidi alimentari, tutti programmi che sostengono la working class e la classe media impoverita che ha votato Trump in cerca di protezione. Edward Luce, columnist del Financial Times, lo ha definito “il peccato mortale del suicidio elettorale”, mitigato soltanto dal fatto che “sarà difficile farlo passare presso i suoi colleghi repubblicani al Congresso”. Oltre alle voci sull’assistenza, il piano di bilancio tocca anche i fondi per l’educazione universitaria, altro traino fondamentale per l’elettore trumpiano che vorrebbe salire di nuovo sull’ascensore sociale. Il piano, insomma, penalizza innanzitutto le famiglie e i giovani senza titoli di studio, le vittime dell’“education gap”.
Si è fatto un gran parlare della cifra allocata per la costruzione del muro al confine con il Messico, ma si tratta di una cifra assai poco soddisfacente per gli elettori che puntavano tutto sulla lotta all’immigrazione e la protezione del lavoro americano. Soltanto 1,6 miliardi del bilancio di circa settanta del dipartimento per la sicurezza nazionale sono per il muro, il cui costo è stimato attorno ai 22 milioni per miglio. Significa che l’amministrazione ha messo a bilancio circa 60 miglia di muro, per la precisione 32 miglia di costruzione n muratura nel settore del Rio Grande, 28 miglia di cancellata nella stessa area e 14 miglia in quella di San Diego, dove la barriera esistente verrà rimpiazzata con una struttura di mattoni. Non è esattamente quello che lo zoccolo duro trumpiano si aspettava dopo un anno e mezzo di attenta e pervicace costruzione della mitologia del muro.
Più popolari, presso l’elettorato di Trump, i tagli ai finanziamenti esteri, al dipartimento di stato, al National Institute of Heatlh e ai programmi di assistenza per i rifugiati. Benché lo speaker Paul Ryan si sia affrettato a dire che il budget “colpisce il bersaglio giusto”, diversi repubblicani al Congresso hanno detto esplicitamente che la proposta non andrà da nessuna parte.