L'Europa lancia una charme offensive su Trump, con poche speranze
Domani il presidente americano sarà a Bruxelles per il primo incontro con le istituzioni. Normalizzazione e Russia
Bruxelles. Quattro mesi dopo il suo ingresso alla Casa Bianca, Donald Trump fa molta meno paura all’Europa. Il presidente americano domani sarà nella capitale europea per il primo incontro faccia a faccia con i leader delle istituzioni comunitarie e per un summit di alto livello dei capi di stato e di governo della Nato. L’Unione europea non è più destinata a sgretolarsi dopo la “fantastica” Brexit. L’Alleanza atlantica non è più un’organizzazione “obsoleta”. La guerra commerciale non si è materializzata. Il parziale divieto di ingresso dei musulmani è stato bloccato dai contropoteri americani. Bruxelles non è più un “buco infernale” e il Belgio non è più solo una “bella città”. L’accoglienza riservata a Trump non sarà diversa da quella dei suoi predecessori: tappa protocollare dal re dei belgi Philippe, discussioni con il presidente della Commissione e quello del Consiglio europeo, foto di famiglia di tutti i leader dell’Alleanza atlantica. Nel 2001 i capi di stato e di governo della Nato diedero il benvenuto a George W. Bush con un pranzo informale. Nel 2009 Barack Obama partecipò al primo summit dell’Alleanza a meno di tre mesi dal suo insediamento. Nel 2017 alcuni eventi sono stati cuciti su misura per Trump, come l’inaugurazione in pompa magna del nuovo quartier generale della Nato, con annesso monumento per ricordare le vittime del 11 settembre. Ma l’offensiva di charme nei confronti di un presidente americano che si spera in via di normalizzazione va oltre la forma. Gli europei dovrebbero presentarsi alla Nato con una road map su come intendono arrivare al 2 per cento di spesa per la difesa e il segretario generale, Jens Stoltenberg, potrebbe annunciare l’ingresso formale dell’Alleanza nella coalizione globale anti Stato islamico. “E’ tutto molto simbolico, ma l’obiettivo è di oliare un motore transatlantico che rischia di gripparsi”, spiega al Foglio un diplomatico. “Le discussioni con il vicepresidente Mike Pence hanno portato i loro frutti”, dice un funzionario comunitario. Ma, se la grande paura è passata, per i partner europei degli Stati Uniti rimane il più grave problema: l’imprevedibilità di Trump.
Gli europei dovrebbero presentarsi alla Nato con qualche offerta concreta sulla spesa militare e la lotta anti terrorismo, ma per ora la relazione tra Washington e Bruxelles si basa soprattutto sulle rassicurazioni degli alti funzionari americani. I paper accademici su come gestire il rapporto
Secondo Tomáš Valášek, direttore del Carnegie Europe, “gli alleati dell’America traggono conforto dal fatto che nel momento in cui l’Amministrazione si è installata al potere, l’attitudine a somma zero ha in parte lasciato il posto a una politica estera americana più tradizionale”. Il “merito” va al segretario alla Difesa, al consigliere per la Sicurezza nazionale e ad altri responsabili di alto livello che hanno “evitato una rottura nella politica degli Stati Uniti” canalizzando il disgusto di Trump per le alleanze in “una serie di richieste familiari e facilmente riconoscibili dagli alleati, come una spesa per la difesa più alta e una maggiore attenzione sul terrorismo”. Il problema di “affidarsi ad alti funzionari per mantenere la relazione di difesa transatlantica – ha spiegato Valášek in un paper in vista dell’incontro Nato – è che in tempi di crisi può essere bocciata dal presidente”. Poiché considera la Nato come un peso, non è detto che Trump sia pronto a ordinare alle truppe di muoversi in difesa di un membro dell’Alleanza. Ancora meno se l’aggressione dovesse venire dalla Russia di Vladimir Putin, con cui Trump non può realizzare il suo grand bargain a causa delle inchieste sulle interferenze di Mosca in campagna elettorale, ma rispetto al quale il presidente americano mantiene un atteggiamento sufficientemente ambiguo da preoccupare i paesi europei dell’est. Per Valášek gli europei devono evitare di dare a Trump un “pretesto” per rompere con la Nato. Di qui l’impegno ad aumentare la spesa di difesa per avvicinarla al 2 per cento entro il 2025. L’attentato di Manchester dovrebbe facilitare le cose sull’ingresso nella coalizione anti Isis. Il segretario generale, Jens Stoltenberg, ieri ha ricordato che “tutti gli alleati Nato rimangono uniti nella lotta contro il terrorismo e in difesa delle nostre società aperte”. Per superare le obiezioni di alcuni paesi europei, come Francia e Germania, lo stesso Stoltenberg negli scorsi giorni ha chiarito che la partecipazione dell’Alleanza in operazioni militari in Iraq e Siria è esclusa.
Le relazioni bilaterali tra gli Stati Uniti di Trump e l’Unione europea rischiano di essere più complicate di quelle interne alla Nato. Trump domani non incontrerà solo “il Donald europeo” (il polacco atlantista Donald Tusk, che presiede il Consiglio europeo), ma anche il presidente della Commissione Jean-Claude Juncker e l’Alto rappresentante Federica Mogherini, che incarnano una visione più antagonista e meno cooperativa. Dopo l’elezione di Trump, Juncker ha candidato l’Ue a diventare il nuovo motore della globalizzazione nonostante le sue forti tendenze protezioniste (già nell’èra Obama) in particolare nei confronti dei colossi americani della tecnologia. L’ex premier lussemburghese si è anche lanciato in una serie di battute sprezzanti sull’impreparazione del presidente alle realtà globali. Sfruttando il rischio di un allontanamento americano dalla Nato, Mogherini ha lavorato incessantemente (e con alcuni risultati) al rafforzamento della difesa europea, che alcuni sospettano potrebbe diventare un progetto alternativo alla Nato (anche se l’Alto rappresentante parla di complementarietà). Il viaggio di Trump in Arabia Saudita e Israele per gli europei è stato in parte destabilizzante. Ristabilendo le alleanze tradizionali dell’èra pre Obama e inserendo la Repubblica islamica in una sorta di nuovo asse del male, Trump rimette in discussione la politica di apertura perseguita dall’Ue. Gli europei si aspettano altri chiarimenti – dalla politica americana verso la Russia all’accordo di libero scambio Ttip, dal divieto di portare in aereo computer e tablet alla tassa alla frontiera – e le risposte rischiano di essere deludenti. “La normalizzazione non ha risolto tutti i problemi”, confida un’altra fonte comunitaria. Anche se nessuno lo confessa apertamente, in molti a Bruxelles sperano in un impeachment che ponga fine alla questione dell’imprevedibilità di Trump.
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