L'Ue si sente più forte anche di fronte alle poche gioie date da Trump
Il presidente americano ricorda agli europei i loro doveri e non cita l'articolo 5. Il fattore Russia
Bruxelles. I gesti simbolici degli europei, come l’ingresso formale della Nato nella coalizione globale che combatte l’organizzazione dello Stato islamico in Siria e Iraq e l’impegno ad aumentare la spesa per la difesa per arrivare nei prossimi anni al 2 per cento di pil non sono bastati al presidente americano, Donald Trump. Inaugurando nella nuova sede dell’Alleanza atlantica un monumento per commemorare gli attentati dell’11 settembre, che spinse gli europei della Nato a impegnarsi in Afghanistan al fianco degli Stati Uniti, Trump non ha detto una parola sull’articolo 5 del trattato, quello che dovrebbe garantire all’Europa che l’America è pronta a proteggerla da un’eventuale aggressione sulla Russia. Anzi, il presidente americano ha approfittato della presenza di tutti e 28 i leader della Nato per ricordare che “devono finalmente contribuire per la loro giusta parte” alla difesa collettiva. “Ventitre dei ventotto paesi membri non stanno ancora pagando ciò che dovrebbero pagare. Non è giusto nei confronti dei cittadini e dei contribuenti degli Stati Uniti”. Il 2 per cento di pil nella difesa a cui si sono impegnati è “insufficiente”, secondo Trump. “Dobbiamo recuperare i molti anni persi”. Di fronte alle “minacce molto reali di oggi” il 2 per cento “è la barra minima”, ha avvertito il presidente americano. Trump si è perfino messo a lodare il re saudita Salman determinato “a cambiare le cose rapidamente”, mentre si è lasciato andare a critiche non troppo velate nei confronti della cancelliera tedesca, Angela Merkel, della sua politica della porta aperta nei confronti dei rifugiati siriani.
“In molti casi non abbiamo idea di chi siano” i migranti che arrivano nei nostri paesi. “Dobbiamo essere duri, forti e vigili”. Trump ha detto almeno qualche parola rassicurante sulla “nuova Nato che deve concentrasi su terrorismo, immigrazione, le minacce dalla Russia e quelle che vengono da est e da sud”. Gli elementi di preoccupazione per gli europei sono molti. I presidenti del Consiglio europeo e della Commissione, Donald Tusk e Jean-Cladue Juncker, lo hanno potuto constatare in un incontro di 45 minuti con Trump ieri mattina. Il G7 di Taormina rischia di diventare un G6, con l’America che non firma gli impegni della dichiarazione finale su commercio e clima. L’Ue teme che Trump rimetta in discussione la centralità dell’Organizzazione mondiale del commercio e lanci una mini guerra commerciale transatlantica a colpi di decreti esecutivi contro i prodotti europei. L’abbandono dell’accordo di Parigi sul clima sarebbe una decisione “avventata”, ha detto il presidente francese, Emmanuel Macron. Sulla Russia la divergenza transatlantica appare ancor più profonda. “Non sono sicuro al 100 per cento che possiamo dire oggi di avere un’opinione comune sulla Russia”, ha spiegato Tusk. Almeno “quando si tratta del conflitto in Ucraina, sembra che siamo sulla stessa linea”, ha aggiunto il presidente del Consiglio europeo. L’Ue “si aspetta” che al G7 di Taormina venga “confermata la linea del G7 di Elmau del 2015 e di Ise-Shima del 2016”, spiega al Foglio una fonte comunitaria: fino a quando Mosca non rispetterà gli accordi di Minsk, America ed Europa dovrebbero mantenere le sanzioni. Ma i contenziosi tra gli occidentali e la Russia vanno ben oltre l’Ucraina e includono la propaganda russa, le cyber-minacce, il sostegno al regime di Bashar al Assad in Siria e la destabilizzazione in Libia. Il pericolo è che all’improvviso venga giù l’ordine mondiale fondato sulle regole, che è stato sostento dall’alleanza politico-militare tra America e Europa.
Lungi dall’andare nel panico, gli europei questa volta si sentono in grado di affrontare Trump. Il presidente americano è imprevedibile e inaffidabile. Ma “molto è cambiato nell’Ue” da quando Trump è entrato alla Casa Bianca, spiega un alto diplomatico europeo. “Dopo le elezioni in Olanda e in Francia, l’Ue è un posto completamente diverso”. Sconfitti i Geert Wilders e le Marine Le Pen “non dobbiamo più affrontare minacce esistenziali”, dice il diplomatico. L’immagine più efficace della nuova fiducia dell’Ue in sé stessa è quella di Macron, che si è posto come l’anti Trump. “Macron ha letteralmente stritolato la mano di Trump nella battaglia delle strette di mano della Nato”, ha commentato il giornalista di Bloomberg John Fraher: “There’s a new kid in town....”. E il nuovo ragazzo prodigio della politica globale ha una ricetta per affrontare Trump che fa Trump: “Pragmatismo”, ha detto Macron dopo un incontro con il presidente americano. “Ci sono questioni su cui non abbiamo la stessa lettura”. Ma gli Stati Uniti restano un partner essenziale su sicurezza collettiva e lotta al terrorismo”, ha spiegato Macron. La novità è che, dopo aver cincischiato per anni di mondo multipolare, gli europei si sentono pronti a fare i leader del mondo libero. Merkel, che prima di volare a Bruxelles ha incontrato Barack Obama, alla Nato ha ricordato che sono le “società aperte” a portare al successo e non “la costruzione di muri”. Tusk ha contestato l’America First che rischia di scardinare l’ordine mondiale basato sulle regole costruito dagli occidentali. “Il mio principale messaggio al presidente Trump – ha spiegato il Donald europeo – è stato che ciò che dà significato più profondo alla nostra cooperazione e amicizia sono i valori fondamentali occidentali come la libertà, i diritti umani e il rispetto per la dignità umana. Il compito più importante è consolidare tutto il mondo libero attorno ai valori occidentali, non gli interessi. Values and principles first: questo è ciò che noi, Europa e America, dovremmo dire”.